Arturo si svegliò distrutto. Infilò le babbucce termiche con sincronizzatore onirico, entrò nel bagno con lo specchio multimediale, e ancor prima di pisciare sulla tavoletta tutto ciò che restava di pinte e di pasticche, riconobbe se stesso sulla sua pagina di Wikipedia:
Arturo Fumavacca, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Duro Smokecow (Roma, 19 aprile 1995) è un rapper italiano.
Biografia
Nel 2014, appena diciannovenne partecipa al contest di freestyle Strofedascrofe organizzato dalla discoteca romana Alibi, dove risulta vincitore.
Successivamente collabora con l’etichetta indipendente Romanz con la quale pubblica un mixtape, Anema e core con brani di ispirazione anglosassone e Fori da ‘sta città che ottiene riconoscimenti dalla scena hip hop nazionale. Nel 2018 firma un contratto con la Redflag Music e il 22 ottobre dello stesso anno esce Chi me vole?, album che ottiene fin da subito ottimi risultati nelle classifiche. Dopo alcune collaborazioni con Cortellaccio e Gengisghat, nel 2020 pubblica il suo secondo album in studio Occhio che ve sento, trainato dal singolo Mammatua che riceve, in meno di due settimane, 14,5 milioni di visite su Youtube (record per la musica italiana), 25 milioni in meno di un mese e 30 milioni in tre mesi. Il 14 giugno vince il TRL Awards come miglior artista rap emergente.
Duro si osservò a lungo, riflettè sul dato di fatto che il successo non gli aveva cambiato i connotati: il naso era sempre schiacciato e largo, gli occhi scuri resi inespressivi per la troppa rabbia accumulata, roba che avrebbe dovuto vincere almeno cinque dischi di platino per farli tornare a brillare almeno un po’; i capelli tagliati a cerino non gli piacevano, la moda di portarli così corti era finita da un pezzo ma la casa discografica lo obbligava ad avere il phisique du role del rapper cattivo. Scese in cucina per fare colazione con macine e cappuccino e indosso aveva una vestaglia di lana che sembrava un taser della polizia per quanta elettricità sprigionava a ogni suo passo.
– Fanculo! – sputò nella tazza che il fratello minore gli aveva portato da un viaggio a Londra – col prossimo album devo vincere quindici dischi di platino.
La macina che teneva col pollice e l’indice affogò nel Tamigi cacarelloso e così lui deglutì la voglia di mangiarla. Sebbene fossero appena le otto del mattino, telefonò a Cortellaccio che però non rispose. Provò quindi con Gengisghat che era diventato, anch’egli, il mito di centinaia di migliaia di adolescenti arrabbiati che andavano a scuola solo per fare sega e guidavano Chatenet modificate facendo rimbombare gli angusti abitacoli coi beat dei loro pezzi.
– Pronto?
– Sono Duro e ce l’ho pronta.
– Pronta cosa?
– La sfida, frà!
– Ascolta scemo, sto lavorando al mio prossimo album; che ti serve?
– Stavo pensando: ti va una scommessa? Anch’io voglio spaccare col mio prossimo album ma facciamo una scommessa per rendere tutto più divertente.
– Di che si tratta?
– Lanciamo il video dei nostri nuovi singoli su Youtube e il primo che raggiunge il milione di visualizzazioni vince.
– E cosa vince?
– Uhm…un cazzo! Il brutto è per chi perde: dovrà abbandonare la scena musicale e lasciare tutto il successo all’altro.
– Bella idea di merda, Duro! Io torno a lavorare. Ciao, ci si becca.
Duro non s’arrese, sebbene avesse raggiunto il successo c’era ancora qualche sfigato che lo odiava, che scriveva nei commenti che lui non era un vero rapper.
Si calò altre due pasticche e vide connesso Accappì; lo contattò, spronandolo ad accettare la sfida e avere anch’egli uno stimolo in più per superarsi e aumentare la popolarità.
– Ok bro, ci sto! – rispose quello che era sulla sua stessa lunghezza d’onda.
Pure lui, come tutti i rapper, era incazzato per contratto e drogato di consenso sociale.
– La sfida parte adesso. Ce l’hai il singolo? – chiese Duro.
– Sì, ce l’ho – rispose Accappì.
– Bene: ciascuno è libero di caricare il video che preferisce; puoi affidarti a un regista noto o puoi farlo amatoriale. Scegli tu.
– Ok Duro, in bocca al pupo!
– Ciuccioooooooo!
Duro studiò la strategia: affidarsi a un regista noto avrebbe richiesto tempo e denaro ma una volta che il video fosse stato in Rete avrebbe attirato migliaia di orde di adolescenti ed ecco lì il milione di visualizzazioni. Dall’altra parte realizzare un homevideo con la webcam del pc avrebbe bruciato tempi e prezzi; qualche fan incuriosito lo avrebbe visto subito ma poi, alla lunga, non se lo sarebbe filato più nessuno.
Rovistò nell’hard disk del suo notebook sempre connesso come se fosse una zingarella che con bastone e gancetto tira su stoffa e cianfrusaglie dai secchioni dell’immondizia. Lì dentro trovò una vecchia foto della prima E ragioneria e lo colse l’imbarazzo nel vedere lui e i suoi compagni con vestiti davvero demodè; una foto con la mamma al mare; lui e Giorgia a Vilnius, nell’estate del duemilasedici, a festeggiare il primo anniversario di fidanzamento; quattordici secondi di filmato in cui cerca di saltare una pecora lontana dal gregge ma la urta e frana a terra; una serie di scatti in una fraschetta di Ariccia con un salame a fare da sfondo, a forma di pene.
Quante volte aveva ricordato quella scena felice, avvenuta pochi mesi prima di diventare un rapper di successo? Quante volte aveva rivissuto quell’immagine nella sua mente? Centinaia, migliaia…forse addirittura centinaia di migliaia di volte. E così per tutto il resto, totalmente dipendente a quei ricordi tornava con la mente al suo passato per riviverlo una, due, trecento, quattordicimilasettecentosedici volte.
Smanettò per tutta la mattina con un programma di videografica scaricato illegalmente, mise come sottofondo il singolo del suo nuovo album e in poche ore vide scorrere un film fatto di vecchie memorie e pezzi di vita sbranati da una vita Rottweiler. Poi afferrò il notebook, lo pose sul tavolino e lo utilizzò per capire quando e come il suo rivale Accappì avrebbe caricato il suo video.
1.228 visualizzazioni a mezzogiorno e nessuna traccia di Accappì.
Ti seguo, ti vedo, ti sento,
lo ballo da solo ‘sto lento
ho una voce lesta, che mi urla forte in testa
è quella di Accappì, che ahi non si desta!
Quattro tramonti, due baci e una rissa dopo le statistiche mostravano 77.766 visualizzazioni e ancora nessun video di risposta del rivale.
Ohi ohi ohi oh, stavolta non prenderla a male
perché ooooh ‘sta sfida la vince chi vale
lavori sul tuo video pensando a dove metter la fica
occhio che Duro è lassù, già primo in classifica
Il video della sua ex vita felice girava alla grande, c’era solo una stronza che non la smetteva di commentare e prima diceva che la clip faceva schifo ma la canzone era bella, poi che il testo spaccava ma la canzone no, infine quella troia scrisse che Duro era finito se aveva avuto il coraggio di postare una tale quantità di merda su Youtube.
212.413 visualizzazioni ed eccolo apparire sul monitor, finalmente, il video di Accappì: mostrava il volto di un omino insignificante col naso a patata e gli occhi tristi che lo fissava dall’altra parte dello schermo e niente succedeva.
– Il bastardo pensa di vincere con un video alternativo!
Quella faccia dimessa dondolava un po’ a destra e un po’ a sinistra, a tratti s’avvicinava ma poi si ritraeva e andava avanti così per cinque interminabili minuti; poi il video finiva ma grazie alla funzione loop ricominciava dall’inizio proponendo ancora una volta quel volto da tossico brutto da far impallidire che dondolava un po’ a destra e un po’ a sinistra, a tratti s’avvicinava ma poi si ritraeva e andava avanti così per cinque interminabili minuti fino a quando il video non finiva e subito ricominciava.
Duro mise a confronto le statistiche: 474.331 visualizzazioni per il suo che girava da sempre, da quando era nato e già 131.006 per quello di Accappì che, soltanto grazie alla funzione di loop automatico, macinava numeri a ciclo continuo come neanche la fabbrica Mirafiori della Fiat a metà degli anni sessanta, in pieno boom economico.
Ma non fu solo quello; Duro s’accorse che la base sulla quale Accappì rappava era identica alla sua e la melodia pure.
– Pure il testo cazzo! Ma porcammerda, ‘sto stronzo m’ha plagiato il pezzo!
Il tipo sullo schermo intanto dondolava un po’ a destra e un po’ a sinistra, a tratti s’avvicinava ma poi si ritraeva e andava avanti così per cinque interminabili minuti fino a quando il video non finiva e subito ricominciava.
517.221 visualizzazioni il suo, 414.087 quello di Accappì.
Duro s’alzò dalla scrivania, iniziò a chiamare amici e parenti supplicandoli di andarsi a vedere le migliori scene della sua vita e incrementare così le statistiche.
– Dove lo trovo? – domandò il suo amico Manuel.
– Su Youtube!
– Ci sono ora ma il filmato di cui parli non c’è!
– Stronzo!
- Ehi, Arturo. Ti senti bene?
Quando neppure altri sei amici trovarono in Rete il suo video, Duro fu sicuro:
– Quello stronzo di Accappì s’è comprato i miei fan pur di vincere la battaglia. Ma io non m’arrendo.
521.043 contro 517.339.
In preda alla disperazione di vedersi raggiunto, spodestato dal trono di re del rap e infine umiliato dal mondo intero mandò al diavolo finti amici, veri parenti e maledetti followers e da solo tentò l’impresa impossibile: cliccare quattrocentosettantottomilanovecentocinquantasette volte il filmato della sua vita e farlo nel più breve tempo possibile e, tutto questo, pure con l’handicap di quella testa di cazzo che sul monitor del suo computer dondolava un po’ a destra e un po’ a sinistra, a tratti s’avvicinava ma poi si ritraeva e andava avanti così per cinque interminabili minuti fino a quando il video non finiva e subito ricominciava.
522.891 contro 586.455: il sorpasso era avvenuto.
Duro continuò a ticchettare con le unghie lunghe per tagliuzzare meglio la striscia rossa continua che aveva sotto il naso, si sentiva spiato da quel surrogato di essere umano che lo guardava oltre il monitor.
522.903 contro 711.222: la sconfitta ormai certa.
Nonostante il divario crescente continuò a digitare rabbia e frustrazione, si fece tutta la barra in vista del rush finale mentre il sudore grondava sulla qwerty e rendeva scivolosa l’impresa impossibile di ribaltare la statistica di essere centinaia di migliaia di visualizzazioni indietro.
A pochi clic dalla sconfitta però vide la testa del protagonista del video di Accappì rallentare i movimenti; barcollò molto più a destra che a sinistra, tentò di riportarsi verso il centro ma le forze erano ormai poche per contrastare l’effetto pendolo di una mente troppo piena di pensieri e, con un tonfo che avrebbe meritato di chiudere uno dei migliori pezzi nella storia del rap, scomparve dallo schermo.
La webcam del suo Personal computer riprese così gli ultimi istanti di vita di Arturo Fumavacca, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Duro Smokecow (Roma, 19 aprile 1995 – Roma, 11 ottobre 2025), primo rapper italiano vittima di overdose da clic.
Così c’è scritto sulla pagina di Wikipedia che appare, aggiornata in tempo reale, sugli specchi multimediali di tutto il mondo.
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