Sulla rivista New Statesman, nel 2015, Neil Gaiman in una conversazione con Kazuo Ishiguro, scrittore britannico di origine giapponese, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 2017, racconta un episodio molto interessante. Gaiman spiega che nel 2007 era stato invitato, come altri scrittori occidentali, alla prima grande convention di fantascienza in Cina, sponsorizzata sia dal governo sia dal Partito Comunista cinese, il che vuol dire praticamente dalle due massime istituzioni del paese, che a guardare bene coincidono anche. Chiacchierando con alcuni degli scrittori cinesi, soprattutto quelli della vecchia guardia, Gaiman viene a sapere che la science fiction è sempre stata disprezzata, addirittura osteggiata dalle istituzioni, ai massimi livelli, perché ritenuta controrivoluzionaria, in quanto si poteva narrare di alieni o di altri mondi, ma riferirsi metaforicamente alla condizione socio-economica della Cina e questo il Partito e lo Stato non potevano permetterlo.
Che cosa era cambiato nel 2007 rispetto al passato? Perché ora la fantascienza era sponsorizzata e ritenuta degna del massimo rispetto, così come i suoi autori?
Lo scrittore britannico vuole vederci chiaro e prende da parte un alto funzionario del Partito Comunista cinese e gli chiede perché ora l'atteggiamento nei confronti della fantascienza sia cambiato radicalmente. Il funzionario racconta che il Partito era seriamente preoccupato perché la Cina stava facendo cose straordinarie in campo tecnologico, ma non stava inventando nulla. I cinesi erano in grado di riprodurre, replicare qualsiasi tecnologia ed erano dannatamente bravi in questo, ma se si trattava di inventare qualcosa da zero allora non erano semplicemente in grado di farlo. Così, il Partito inviò alcuni funzionari nelle grandi aziende tecnologiche americane, tra cui Google, Microsoft e IBM, e scoprirono che la stragrande maggioranza dei lavoratori aveva letto da giovane molta fantascienza. Da qui, il diverso comportamento del Partito e del governo nei confronti della science fiction.
In pratica, si riteneva questo genere letterario un motore propulsivo per l'immaginazione dei dei tecnici degli scienziati, ossia di tutti i lavoratori impegnati nell'innovazione tecnologica.
Il tema della convention cinese, d'altro canto, non lasciava dubbio in proposito: “Scienza, immaginazione e futuro”.
A dieci anni da quell'episodio capitato a Gaiman, la fantascienza cinese è esplosa in tutto il mondo, con le opere degli scrittori cinesi che sono state pubblicate anche in Italia.
Liu Cixin ha vinto il premio Hugo come miglior romanzo nel 2015, con Il problema dei tre corpi (Mondadori), e l'anno dopo la scrittrice cinese Hao Jingfangha vinto lo stesso premio nella categoria miglior racconto con l'opera intitolata Folding Beijing.
Due segnali della definitiva consacrazione della Cina nel mondo della fantascienza.
E sul fronte dell'innovazione tecnologica? Anche qui, ci limitiamo a segnalare due fatti. Il primo è che la Cina ha lanciato in orbita il primo satellite per le comunicazioni quantistiche. Per capirci: oggi una telefonata avviene grazie all'invio di miliardi di fotoni. Intercettarla, significa sottrarre alcuni fotoni e questo non altera la comunicazione. Una telefonata attraverso il satellite quantistico, invece, avviene grazie ad un solo fotone ed intercettarla significa interrompere la comunicazione, quindi chi sta telefonando capisce che è intercettato. Ma questa è solo una delle possibilità offerte dal satellite cinese.
Un secondo fatto: una sonda cinese è atterrata sul lato oscuro della Luna, riportando per la prima volta immagini da quello che fino a ieri era un luogo praticamente sconosciuto del nostro satellite.
Più in generale, la Cina sta facendo passi da gigante nel mondo delle nuove tecnologie, di cui il resto del mondo si è accorto già da qualche tempo (vedi la guerra del presidente Donald Trump alla Cina attraverso i dazi economici).
Con questo non vogliamo dire che c'è una correlazione tra lettura della fantascienza e innovazione tecnologica, o meglio non si può generalizzare, ma una certa relazione c'è senza dubbio, per il semplice fatto che chi immagina il futuro – come gli scrittori e, perché no, anche come i lettori di fantascienza – è sicuramente più propenso ad essere empatico nei confronti delle tecnologie, leggendo o scrivendo di robot, intelligenze artificiali, macchine futuristiche o astronavi supertecnologiche. È questo che i cinesi hanno capito nel loro viaggio americano, nelle aziende della Silicon Valley. Una lezione che anche l'Italia dovrebbe cogliere…
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