Stamattina, un’atmosfera surreale si è materializzata appena fuori dal nostro hotel. Dopo giorni di pioggia, il sole illumina una città più vuota del solito: polizia ai lati della strada, accessi chiusi, timori nell'aria. No, non siamo impazziti dopo l’ennesimo film distopico. In vista del 4 novembre, c’è chi ha deciso di sfilare qui a Trieste per ricordare “l’unica grande vittoria italiana”, in contrapposizione a chi invece vede in tutto ciò i primi passi per un ritorno al totalitarismo.
Fa strano quindi dover moderare proprio questa mattina l’incontro a Trieste Science+Fiction con Bruce Sterling, il più grande teorico del cyberpunk, che sulle distopie ha dissertato tutta la vita. L’occasione del confronto è l’uscita dell’antologia Nuove eterotopie, edita da Delos Digital (che Fantascienza.com conosce molto bene…). Presenti al Café Rossetti anche i giovani scrittori connettivisti Tonelli, Mastrapasqua e Furlani, oltre alla vulcanica moglie di Sterling Jasmine Tešanović, attivista e scrittrice a sua volta. Se dovessi creare un movimento letterario, dovrebbe essere scientificamente plausibile ma venire dal cuore
afferma Sterling. Ma la definizione di un movimento è segno che si è pronti a passare oltre
aggiunge relativamente al connettivismo, che lega le diversissime storie di questa raccolta. Arriviamo in fondo alla chiacchierata parlando di quanto il fact-checking scientifico sia importante in questo specifico filone di letteratura fantastica. Anche se lo chiamerei più word-checking
chiude acutamente Mastrapasqua. Usciamo con la testa piena di idee da proiettare sul grande schermo assieme ai film, anzi, nei film.
Il primo film al Rossetti ci ricorda subito che la Spagna è una patria di grandi pellicole, quando non cerca risata e lacrimuccia come in questo caso. The Year of the Plague ricicla L’invasione degli ultracorpi in chiave comica, ricordando per le gag da trittico amoroso Extraterrestre di Nacho Vigalongo – visto proprio al TS+FF del 2011 quando, imberbi, scrivevamo per la concorrenza. Magari le vibrazioni della giornata non erano proprio quelle favorevoli a una pellicola così leggera, ma la sala si concede giusto qualche risata sui dialoghi (indubbiamente divertenti) e giusto un timido applauso sul drammatico finale, forse non adatto al mood della storia.
Il presentatore, prima del secondo film in programma, ricorda la “zombie walk” in atto all’esterno del cinema in questa strana giornata, chiudendo con un ironico ma profondo “ora e sempre, fantascienza”.
E si ricomincia con un’opera dell’impronunciabile regista ungherese Az Úr Hangia, non presente al festival ma per un motivo più che valido: si trova al Tokio Film Festival, dove il suo His Master’s Voice è stato presentato in anteprima assoluta – lasciando comunque al TS+FF l’onore della prima europea. Pur trattandosi essenzialmente di un remake de La voce del padrone (non il disco di Battiato, ma il classico di Stanislaw Lem), parliamo di un film ultra-moderno abbastanza fuori dagli schemi. La storia di un figlio in cerca del padre si intreccia con messaggi alieni, cospirazioni, scandali mediatici e sogni ad occhi aperti. A livello visivo, il lavoro svolto è eccezionale: la CGI è minuziosa e le trovate si susseguono a un ritmo quasi frenetico. Ma è forse proprio nel “rumore” visivo e sonoro il principale difetto della pellicola: dopo mezz’ora, l’impressione è quella di essere bombardati da informazioni e suggestioni quasi oltre la soglia massima.
Tutto l’opposto di Jonathan, che strega il Rossetti con una storia che potrebbe stare in una stagione di Black Mirror. “Ieri ho visto Man Divided. Posso solo dirvi che il mio film per certi versi ha un’idea simile, ma completamente opposta” introduce con intelligenza il regista Bill Oliver. E in effetti la descrizione è perfetta: se il film di Max Kestner (vedi giorno quattro) metteva in scena un uomo diviso in due corpi, Jonathan parla di due uomini che si alternano in un corpo. Continuando il confronto, Jonathan si concentra meno sugli aspetti scientifici e va dritto al centro del rapporto dei due “fratelli”. Consigliato a gran voce da Fantascienza.com, nonostante ci sia costato assistere alla sonorizzazione dal vivo di A Trip to Mars a cura del valido musicista elettronico Godblesscomputers.
Con Await Further Instructions sprofondiamo in abissi familiari: Cronenberg fa capolino in questo thriller sci-fi claustrofobico e ben girato, in cui assistiamo ai parossistici “sbrocchi” di una famiglia sigillata dentro casa per cause sconosciute. Unico contatto con l’esterno: una tv che invia ordini man mano più controversi, fino a causare una carneficina. Divertente, truculento e spedito, immaginate una situazione alla The Divide ma più visionaria, con personaggi ben scritti e dinamiche relazionali sopra la media. Il finale è qualcosa che sprizza cyberpunk da tutti i pori e sembra scelto apposta per la giornata. Non vi diciamo altro se non di vederlo.
La proiezione di mezzanotte al Miela è serie B fatta bene e che va dritta al punto. Terrified non cerca coerenza narrativa né significati filosofici: prendi un quartiere di Buenos Aires, infestalo di presenze e trema, pubblico! Dialoghi divertenti (talvolta involontariamente: effetto della lingua argentina), almeno una decina di jumpscare e la tendenza a non prendersi sul serio ci fanno sperare che il regista Demiàn Rugna possa in futuro assestare un gran colpo.
Nel breve tragitto tra il Teatro Miela e l’hotel, la città è silenziosa. Riflettiamo sui totalitarismi, quelli veri, quelli possibili. Ci sentiamo un po’ frivoli ad aver trascorso una giornata così significativa per Trieste davanti ad uno schermo. Poi ci torna in mente una frase di Ingmar Bergman: Non c'è nessuna forma d'arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanze segrete dell'anima.
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