La fantascienza ha molti poteri. Tra questi, quello di creare nella mente degli spettatori un’immagine, un possibile mondo sopra cui i nostri pensieri possono volare e – a volte – tornare indietro per cambiare la nostra realtà. In questo senso, il Trieste Science+Fiction ha davvero da insegnare. Perennemente in bilico tra scienza e fantasia, il veterano festival del nord-est ha una nutrita schiera di visitatori e spesso propone anteprime di una certa caratura.
Spediti a Trieste dal crudele mega-direttore di Fantascienza.com – insensibile alle nostre paure sui possibili nubifragi che purtroppo stanno caratterizzando questo periodo – arriviamo in stazione trovando tutto sommato un clima accettabile. Le principali location del TS+FF sono le stesse dell’anno scorso: l’impareggiabile, maestoso Rossetti e il piccolo, fascinoso Teatro Miela.
Alle 17.00, come riscaldamento per la cerimonia di apertura, parte Future World, un post-apocalittico di e con James Franco, affiancato da un’eccezionale Milla Jovovich e dalla storica Lucy Liu. C’è anche Jeffrey Wahlberg, nipote di Mark Wahlberg, segno che anche a Hollywood il nepotismo regna
scherza il presentatore, prendendo le distanze dalla pellicola. Che in effetti, pur essendo interessante sulla carta, ha poco da dire sulle tematiche trattate. Un futuro distopico in cui l’umanità è ripiombata in una specie di vecchio west? Wow, mai visto. L’intelligenza artificiale che scopre di avere dei sentimenti? Hey, questa sì che è un’idea geniale. Aggiungeteci riferimenti al cristianesimo un tanto al chilo, trama non troppo convincente e una strana tecnica di messa a fuoco. Ma l’entusiasmo è troppo grande in sala per farsi abbattere.
Tempo di bere una bicicletta (una specie di spritz triestino) e siamo dentro di nuovo per la cerimonia d’apertura. Gran sorpresa con sezione fiati e batteria montata in un attimo sul palco per una breve selezione di famosi temi – la marcia della Morte Nera su tutti – e si parte con l’astronauta Umberto Guidoni a introdurre First Man. Già vedere all’inizio i noti loghi Universal e Dreamworks fa capire a tutti che il TS+FF non è secondo a nessuno, dato che si parla di un’anteprima italiana. Questo è forse il primo film americano sullo spazio – con un certo budget si intende – a non cadere nell’apologetico e a presentare una genuina dimensione umana dell’esplorazione spaziale. Ryan Gosling, che aveva già collaborato col regista per il premiatissimo La La Land, riesce in pieno a comunicare l’incomunicabilità del primo uomo sulla luna, Neil Armstrong. Ma la parte della leonessa tocca a Claire Foy (vista nel bizzarro Unsane di Soderbergh), impressionante nel dare corpo a domande poco poste riguardo alle spedizioni sulla Luna: cosa hanno provato e cosa proveranno le famiglie di questi astronauti? E il tutto fortunatamente distante anni luce da The Astronaut’s Wife. Lo vedremo presto nei cinema.
Serata dalle tinte dark al Teatro Miela, dove gli OvO di Bruno Dorella sonorizzano il noto Frankenstein del 1931. Potenza ipnotica, aggressività controllata e oscurità caratterizzano la loro performance ai lati dello schermo. Estremi.
Da domani si inizia sul serio, con conferenze mattutine e corse per cercare di essere in più posti contemporaneamente. E visto il programma di quest’anno, torneremo indietro con qualche chilo in meno, quasi fossimo sulla Luna.
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