Da molte ore era notte. Lucio e Arturo se ne stavano in silenzio, nel grande parco deserto.
Lucio aveva finito la sua bottiglia di vino. La lanciò lontano, verso un cespuglio, che mancò.
– Fanculo – mormorò, ma non al cespuglio. Poi si stese sulla panchina, si coprì col giornale e chiuse gli occhi.
– Notte – mormorò ad Arturo.
– Fanculo – gli rispose Arturo. Lucio stava già dormendo.
Per qualche minuto Arturo rimase a guardare le stelle ascoltando i rumori del parco: un grillo lontano, le foglie mosse dal vento, il russare di Lucio. Poi, d'improvviso, un bagliore accecante illuminò le siepi. Lucio continuò a russare, Arturo alzò la testa.
Un'immensa astronave color oro scese dal cielo. Atterrò delicatamente di fronte alla panchina. Un grande sportello si aprì e ne uscì un alieno onnipotente.
Zip zip.
Dopo un paio di zip l'alieno era perfettamente in grado di parlare tutte le lingue del luogo.
– Siamo giunti qui per donarvi il nostro aiuto.
– Fanculo – disse Arturo dopo un attimo di esitazione.
– Siamo giunti qui per salvare la terra!
– Fanculo.
– Per portarvi la saggezza.
– Fanculo!
– Per portarvi la comprensione!
– Fanculo!
– Per aprirvi le porte dell'universo!
– Fanculo!
Zip zip.
Dopo un paio di lunghi zip l'alieno fece un passo indietro, verso la sua nave.
– Siete una specie orrenda, non meritate di essere salvati. Addio: verrete banditi dall'universo – tuonò l'alieno prima di chiudere lo sportello. – Crederete di essere soli, per sempre, mentre l'universo andrà avanti, brulicante di vita e di amore, ma senza di voi!
– Fanculo.
L'alieno risalì sulla nave e ripartì verso le stelle, mai così lontane.
Arturo sollevò la testa e guardò il bagliore allontanarsi piano piano.
Lucio si risvegliò.
– Con chi parlavi?
– Fanculo.
– Uno di questi giorni ti tiro tutte le penne – mormorò Lucio battendo la mano sulla gabbietta. Poi si girò dall'altro lato e si coprì col giornale. – Ti ficco uno spiedo nel didietro e ti mangio allo spiedo.
– Twitt – pigolò Arturo sbattendo le ali.
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