Nella fine giugno del 1943 si affaccia sulla stampa inglese un fusto alto quasi due metri, di bell’aspetto e di forza sovrumana. È bianco e nero, ma ha una vita coloratissima destinata a durare per oltre un cinquantennio, schizzando nel tempo molto prima della DeLorean di Emmett “Doc” Brown. Parliamo di Garth, la striscia del quotidiano Daily Mirror, creata da Steve Dowling e dall’autore per ragazzi Gordon Boshell come risposta britannica agli eroi del fumetto fantascientifico americano.

Biondo e apollineo, culturista ma senza steroidi, Garth appare nel mondo dei comics con un debito speciale verso Superman, di cui ricalca l’altruismo e la potenza fisica. Al Kryptoniano l’accomuna anche l’adozione da parte di due anziani fattori (questa volta delle Shetlands) e le origini extraterrestri, rivelate da una storia degli anni Settanta in cui si evince che il bisnonno Wolfen guidasse le forze di esplorazioni spaziali del pianeta Saturno.

Un fritto misto fra Flash Gordon e un supereroe, dunque.

In effetti, l’identità del protagonista evolve con incertezze e aggiustamenti di tiro, dovuti alla defezione di Boshell per impegni con la BBC, per cui la striscia trova una propria dimensione racconto dopo racconto, in episodi autoconclusivi.

Subentrato nei testi, Steve Dowling si fa affiancare ai disegni dal quindicenne John Allard e con l’aggiungersi dello sceneggiatore Don Freeman lancia l’eroe in scenari che vanno dalla nebbiosa Londra ottocentesca allo spazio profondo.

Personaggi ricorrenti delle storie diventeranno Baal, l’arcinemica Madame Voss, scienziata pazza e geniale, oltre alla divinità Venus (o Astra) amante di Garth e il mentore Professor Lumiere, ideato da Freeman per arricchire le storylines. Le avventure iniziano con gli esordi al comando di una nave della Marina inglese, sconfinando presto nella sf (grazie anche al contributo dello scrittore Harry Harrison) in un universo popolato da robot, alieni parassiti o folli, telepati e mostri affamati di belle fanciulle che indossano il bikini pure in gennaio.

Quel che rende interessante il personaggio, è la peculiarità di aver introdotto nelle strip un singolare rapporto col tempo, anticipatore delle tematiche di fiction come Journeyman di Kevin Falls o romanzi tipo La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger.

Garth è più cronosballato di un orologio rotto e questa instabilità è l’espediente che permette ai suoi sceneggiatori (tra cui Jim Edgar, Peter O’ Donnell e altri ancora) di fargli vivere incontri impossibili.

Grazie alle sedute ipnotiche dell’amico professore il nostro eroe slitta in altre epoche, fino a trovarsi prigioniero di un meccanismo fuori controllo che lo trasferisce in automatico a risolvere eventi già avvenuti, o ancora da venire.

È curiosa quindi la sua rilettura (da protagonista) della vicenda di Jack lo Squartatore, resa con un tratto chiaroscurato che ricorda i disegni di From hell di Alan Moore e Eddie Campbell. Notevole anche l’episodio Sundance, ambientato tra i Sioux, che echeggia le atmosfere del film di Elliot Silverstein Un uomo chiamato cavallo. Una storia che in corso di edizione segna anche il passaggio di consegne alle chine tra Allan e Frank Bellamy, già apprezzato sulle pagine di Dan Dare e infine a Martin Asbury che lo sostituirà fino alla chiusura del 1997.

Pure se lontane dal rigore della space-opera Jeff Hawke di Sidney Jordan, le scazzottate di Garth hanno un loro fascino che nell’estrema varietà dei temi, resiste al logorio dell’età.

Dopo circa 126 episodi, il biondo ragazzone salterà fuori ancora una volta dalle spirali del tempo nell’estate 2008, sempre sulle pagine del Daily Mirror (in versione elettronica, stavolta).

Con una linea più occhieggiante ai Manga che a Canniff, il disegnatore Huw-J Davies ripesca il vecchio Garth rituffandolo dentro l’avventura con “The gold of Ragnorock”.

Dalla carta al web. Per uno che è in attività dagli anni ’40, non è niente male.