Nel 1979 le attività illegali della zona intorno a Fargo nel Nord Dakota sono fermamente controllate dalla famiglia Gerhardt, che però si trova a dover fronteggiare la rivalità di altri gruppi malavitosi di Kansas City, in cerca di espansione. Una fredda sera d’inverno il più giovane dei Gerhardt (Kieran Culkin), sulla via di fuga dopo aver ucciso varie persone all’interno di un cafè, viene distratto dall’apparizione in cielo di luci misteriose e finisce per essere investito da Peggy (Kirsten Dunst), che confusa e spaventata invece di chiamare subito soccorsi decide impulsivamente di caricare l’uomo sulla sua auto e di portarlo a casa propria, dove l’aspetta il marito macellaio Ed (Jesse Plemons). A investigare sul pluriomicidio del cafè sono lo sceriffo Larsson (Ted Danson) e il suo vice – nonché genero – Lou Solverson (Patrick Wilson), che ben presto si rendono conto di quanto ingarbugliata sia la matassa…
La prima stagione di Fargo (vincitrice di molti premi tra cui il Golden Globe come Migliore Miniserie) era ambientata nel 2006, e questa seconda ne costituisce un antefatto, con il personaggio di Molly Solverson, centrale nella prima stagione, qui ancora bambina. Ancora una volta una storia di persone innocenti che perdono la loro innocenza, coinvolti loro malgrado in eventi piu grandi di loro. La vicenda familiare dei Solverson si intreccia con criminalità organizzata e delitti efferati, senza mai però perdere il gusto del paradossale e del grottesco, sebbene in questa seconda stagione più sfumato rispetto alla prima.
Già l’idea di rimettere mano a un cult come Fargo (una lunga sfilza di premi tra cui l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale) era potenzialmente destinata al fallimento, invece il creatore Noah Hawley (Legion) ha veramente colto tutti di sorpresa riuscendo a convincere anche i più titubanti: i fratelli Coen sono saliti a bordo come coproduttori e poi sia critica che pubblico hanno potuto constatare la cristallina eccellenza di una serie che rimaneva assolutamente fedele allo spirito dell’originale al tempo stesso reinventandolo e spingendo i personaggi in direzioni del tutto sorprendenti e inaspettate.
Come già detto questa vicenda si svolge nella seconda metà degli anni ‘70, dunque volendo si può anche iniziare a vedere la serie da questa seconda stagione, e poi passare alla prima ambientata molti anni dopo. In quegli anni negli USA c’era una vera e propria paranoia ufologica, un’ondata di avvistamenti di oggetti volanti che riempirono giornali e riviste per anni. Era l’epoca dei libri sui dischi volanti di Josef Allen Hynek, delle dichiarazioni di persone che affermavano di essere stati rapiti dagli alieni, in tv c’era la serie Project U.F.O. e al cinema era campione d’incassi Incontri ravvicinati del terzo tipo. Questo contesto apparentemente ha poco a che fare con la vicenda malavitosa principale, tuttavia l’elemento inaspettato che sconvolge tutto e che è una caratteristica fondamentale di questa serie (“adoro l’imprevedibilità” dice Hawley) si rivela essere legato proprio a questo. Anche visivamente il periodo è rievocato alla perfezione, con la curatissima fotografia che omaggia in maniera evidente il lavoro fatto da Vilmos Zsigmond per il classico spielberghiano del ’77.
I film dei Coen sono incentrati su situazioni che sfuggono a ogni controllo, in un universo violento dominato dal caso ma sul quale loro hanno controllo totale. Qui l’elemento ‘caso’ si manifesta proprio come oggetti volanti non identificati nel cielo. Hawley e il suo team di sceneggiatori avrebbero potuto benissimo scegliere un qualunque altro evento inaspettato per mescolare le carte e far compiere alla vicenda svolte impreviste, magari qualcuno lo avrebbe trovato più accettabile e realistico ma dal punto di vista dello sviluppo narrativo le cose non sarebbero cambiate affatto. Per quanto ci riguarda questo costituisce invece un ulteriore elemento di apprezzamento. Del resto, spiega lo stesso Hawley, “ogni qualvolta che introduci uno di quegli elementi coinvolgi direttamente l’immaginazione degli spettatori”, [questo avviene] “quando non li imbocchi un cucchiaio alla volta con una storia lineare, quando lasci degli spazi aperti all’immaginazione, allora il pubblico stesso deve investire di più e penso che questa rapporto dinamico sia molto meglio che non il solo guardare.”
Per qualità di scrittura, cast strepitoso, cura nel dettaglio, regie impeccabili e ricercate, e livello di produzione nel suo complesso, Fargo si merita di stare nell’olimpo delle migliori serie televisive degli ultimi decenni, quelle assolutamente da non perdere.
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