Nel possibile futuro del genere umano, la droga potrebbe occupare un posto di tutto rispetto, soprattutto se i coloni che vivono su Marte hanno disperato bisogno di sentirsi a casa.
Ma quando Palmer Eldritch torna da un lungo viaggio con la sua nuova droga, le cose si complicano di molto. Poiché questa nuova sostanza non si limita a fornire il substrato per sogni di normalità, ma ridefinisce la realtà stessa. E con essa il ruolo del suo creatore. Il demiurgo Palmer Eldritch somiglia sinistramente ad un dio malvagio ed indifferente e gli abitatori della realtà creata da lui non avranno mai più la possibilità di sfuggirgli...
In questo allucinato romanzo, affine per molti versi al geniale Ubik, Dick ci porta per mano incontro ad uno dei suoi più grossi interrogativi: cosa è reale? Come in Ubik la risposta non sarà rassicurante, e lo slittamento temporale sarà solo una delle molteplici chiavi di lettura del tutto.
Lontano anni luce dalla fantascienza del suo tempo, Dick ci offre con questo romanzo, uno sguardo sulle infinite possibilità di un genere letterario che gli è sempre stato stretto. Non c'è nessun autore che, come lui, abbia mai avuto, anche solo lontanamente, la possibilità di travalicare un genere per dire cose che non si saprebbero raccontare, se non attraverso un opera d'arte.
Tutti i personaggi, Palmer in testa, non sono che parti dell'autore, parti in senso junghiani, personaggi che rappresentano elementi di un tutto ed a cui viene affidato solo un frammento del complesso mosaico che compone la multiforme personalità di Dick.
Uno dei più riusciti tentativi da parte di Dick di coniugare le sue angosce metafisiche col bisogno di trovare risposte oltre la realtà apparente, questo romanzo potrebbe essere l'inizio del cammino che porterà il suo autore a generare capolavori come la trilogia di Valis.
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