A dodici anni dalla chiusura di Star Trek: Enterprise e a 50 anni dalla nascita della saga creata da Gene Roddenberry, Star Trek: Discovery ha il non facile compito di incantare nuove leve di fan, senza scontentare chi nel corso degli anni ha amato Star Trek – La serie classica, The Next Generation, Deep Space Nine, Voyager ed Enterprise.
La serie venne annunciata due anni fa, alla fine del 2015, suscitando da subito l'interesse dei tanti appassionati di un franchise che è tra i più longevi del panorama televisivo mondiale. Sul ponte di comando era stato chiamato Bryan Fuller, classe 1969, che ha cominciato la propria carriera proprio alla corte della saga roddenberriana, prima lavorando come sceneggiatore di due episodi di Star Trek: Deep Space Nine e poi come story editor, co-produttore e sempre sceneggiatore di ben 81 episodi di Star Trek: Voyager. Ma molti lo ricordano anche, e forse soprattutto, per essere il creatore di Pushing Daisies e Hannibal, o per essere stato tra gli scrittori di Heores.
Resta il fatto che Fuller è un grande appassionato di Star Trek e questo aveva, in qualche modo, rassicurato anche i fan più severi.
Il creatore di Hannibal sembrava avere le idee chiare, proponendo da subito alcuni significativi cambiamenti. L'idea iniziale di Bryan Fuller era quella di mettere in piedi una serie che avrebbe presentato in ogni stagione una storia e dei personaggi sempre differenti, in modo che si fossero toccate epoche diverse del continuum spazio-temporale di Star Trek. Inoltre, Discovery avrebbe fatto parte del cosiddetto Universo Prime, ossia quello in cui fanno parte le serie televisive e i film fino all'avvento del reboot di J.J. Abrams.
Altro importante cambiamento era che il personaggio principale non sarebbe stato un capitano, ma in questo caso un secondo ufficiale. Poche cose, ma già in grado di suscitare un crescente interesse nei confronti del progetto televisivo.
Ad affiancare Fuller nella creazione e supervisione c'è Alex Kurtzman, anch'egli ex enfant prodige della televisione statunitense, di cui ricordiamo la serie Lost e la produzione dei film della saga di Star Trek, accanto a J.J. Abrams.
Sono arrivati subito dopo un veterano di Star Trek, ossia Nicholas Meyer, regista del secondo e del sesto film della saga originale con Kirk e Spock e Rod Reddenberry, figlio del padre della saga.
La serie viene annunciata per gennaio 2017, ma la serie non riesce a rispettare la data di messa in onda e viene rimandata, prima a maggio e infine a settembre. Il motivo? Fuller ha accettato di diventare showrunner anche della serie American Gods, tratta dal romanzo di Neil Gaiman, e a quanto pare non riesce più a stare dietro alla supervisione di Discovery: Si arriva così all'uscita clamorosa di colui che aveva creduto di più nel progetto e ci aveva messo lavoro, professionalità ed entusiasmo.
La serie, come è noto, è partita lo scorso 24 settembre, andata in onda negli USA sul canale CBS per poi approdare su CBS All Access, il servizio di streaming basato su abbonamenti. Nel resto del mondo, Italia compresa, la serie va in onda sempre su un servizio streaming, uno dei migliori, ossia Netflix.
Il personaggio principale è il primo ufficiale Michael Burnham, interpretato da Sonequa Martin-Green e, prima sorpresa, è un'umana cresciuta su Vulcano ed è la sorellastra di Spock, tanto che Sarek compare nella serie come uno dei co-protagonisti. Kurtzman ha dichiarato che la potenziale discrepanza di questa sorellastra, a cui non si è mai accennato nelle storie dell'universo Trek, verrà spiegata nel corso della prima stagione.
Il piatto forte del personaggio è che la sua natura umana e il suo stare in mezzo agli umani colliderà con la sua educazione vulcaniana, intrisa di logica, nella migliore tradizione di Star Trek. Nella serie originale le scene più amate dai fan sono proprie quelle che vedono la ferrea logica di Spock scontrarsi con il buon senso del dottor McCoy o con quello del capitano Kirk. Un vero e proprio segno distintivo della serie classica che potrebbe tornare sotto altra forma in Discovery, proprio nello sviluppo e nelle dinamiche della storia che riguardano il personaggio interpretato da Sonequa Martin-Green.
All'inizio ritroviamo la Burnham a bordo della USS Shenzhou, come primo ufficiale agli ordini del capitano Philippa Georgiou, interpretata da Michele Yeoh. Il filo conduttore della serie è la guerra con i klingon, che tenteranno di unire tutti i clan guerrieri per dare forza all'impero e la nostra protagonista si ritrova al centro di questa guerra tra l'Impero Klingon e la Federazione dei Pianeti Uniti. Non a caso, dopo una prima battaglia che vede impegnata proprio la USS Shenzhou, la Burnham viene portata a bordo della Discovery, al cui comando c'è il capitano Gabriel Lorca, interpretato da Jason Isaacs. Altri membri dell'equipaggio della Discovery sono il tenente Paul Stamets (Anthony Rapp) uno scienziato specializzato in funghi e primo personaggio gay di Star Trek; Il tenente Ash Tyler (Shazad Latif), un ex prigioniero di guerra che ancora riprende dal trauma mentre riprende il suo servizio; e il tenente Saru (Doug Jones), il primo Kelpien ad aderire alla Flotta Stellare.
Star Trek Discovery vedrà anche il ritorno di un personaggio già visto nella serie originale di Star Trek, ossia Harry Mudd, interpretato da Rainn Wilson, che ha fatto sudare ben settecamicie a Hirk e al suo equipaggio. Qui lo ritroviamo dieci anni più giovane, ma sempre con le stesse caratteristiche: buffone, mascalzone, criminale.
Un punto che ha suscitato aspre polemiche tra i fan è la nuova caratterizzazione fisica dei klingon, diversi da quelli della serie classica e da quelli rappresentati da The Next Generation in poi. Come forse molti ricorderanno, nella serie classica i klingon non erano molto diversi dagli umani, se non per il colorito della pelle più ambrato e i capelli folti. Nel primo film della saga, invece, i klingon cambiarono aspetto, a cominciare dai denti frastagliati e crinale cranico che li ha caratterizzati da quel momento in poi. Il cambiamento venne spiegato in Star Trek: Enterprise, laddove si diffuse un virus, creato dagli scienziati klingon dal DNA umano che ha alterato il DNA Klingon, facendoli assumere caratteristiche umane e rendendo liscia la creste della fronte. Per i klingon fu impossibile annullare gli effetti del virus, ma gli scienziati riuscirono a stabilizzare le vittime, impedendo loro di morire, e l'ulteriore diffusione del virus. Così solo un'ampia popolazione subì tali trasformazioni. In seguito, all'epoca di The Next Generation venne trovato un efficace vaccino, tanto da far tornale alla normalità le caratteristiche fisiche dei nemici della Federazione.
L'ultima parola sulla bontà di queste scelte tocca ovviamente ai fan, ma si parte da un buon punto di partenza i critici hanno elogiato i primi due episodi, che di fatto possono essere considerati il pilota della serie. Il viaggio della Discovery è iniziato e probabilmente non finirà con la prima stagione.
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