Fine di un'era è il terzo romanzo di Robert J. Sawyer pubblicato da Solaria, dopo Avanti nel tempo e Processo alieno. Questa volta il soggetto della narrazione è il viaggio nel tempo: un argomento "pulp", che Sawyer riesce a maneggiare agevolmente da vero professionista del linguaggio, ma senza grossi slanci.
Toronto. Il paleontologo Brandon Thackeray, insieme a Miles "Klicks" Jordan, vengono fatti retrocedere nel periodo Cretaceo con una fantastica macchina del tempo ideata dalla dottoressa Ching-Mei Huang. Il loro scopo è tentare di capire le cause che hanno portato alla scomparsa dei dinosauri. Viaggiare nel tempo, un'avventura straordinaria. L'inizio del romanzo è buono, nonostante Sawyer lo appesantisca con spiegazioni scientifiche sulla fisica del Viaggio nel Tempo. E' un mondo fantastico quello che trovano i due, un mondo da sempre solo immaginato: ma neanche la mente più fervida avrebbe potuto pensare che nella Terra delle origini ci sia una gravità molto ridotta e dinosauri che parlano! (inglese, ovviamente). Thackeray è estasiato: possibile che negli ultimi giorni del Cretaceo i troödon, dinosauri carnivori alti un paio di metri, fossero più avanzati di quanto si era mai pensato? Possibile che parlassero? Che fossero sulla strada della civilizzazione? Thackeray vorrebbe crederci, ma non è così: i dinosauri sono infatti posseduti dagli Het, blob gelatinosi provenienti dal pianeta Marte. Sono loro hanno ridotto la gravità terrestre per facilitare ai grossi rettili i movimenti.
Detta così la storia sembrerebbe quasi una libro per ragazzi, quei "quindicenni" che in passato hanno fatto la fortuna di scrittori come Asimov e oggi reso ricco Spielberg. Il romanzo invece è leggibile, scorre via bene anche se non è certo un capolavoro e induca a chissà a quali grandi riflessioni: da questo punto di vista meglio era stato di Sawyer Killer on-line. La riflessione invece è d'obbligo sulla lettera introduttiva di Sergio Fanucci che annuncia un ridimensionamento della collana Solaria. Il mercato della fantascienza è infatti in regressione (trasformazione?) e con questa contrazione della domanda gli editori debbono fare i conti. La fantascienza non tira più, probabilmente perché non sembra più in grado di "immaginare" scenari alternativi - la realtà che viviamo tutti i giorni è molto più immaginifica dell'immaginazione stessa - o forse perché la sua capacità rappresentativa ha fatto il suo tempo. Se fosse così il romanzo scelto, La fine di un'era, per uno strano scherzo del destino avrebbe un vago sapore di anticipazione. Bene: allora? What's Next?
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