Delos 21: La fisica di Star Trek di Lawrence M. Krauss
DI STAR TREK
Dai ponti ologrammi alla velocità curvatura, dal teletrasporto ai paradossi temporali: Lawrence M. Krauss, fisico e astronomo, nel libro La fisica di Star Trek prende in esame tutte le idee di Star Trek dal punto di vista dello scienziato. Dopo il grande successo nei paesi anglosassoni il volume è uscito in novembre anche in Italia edito da Longanesi nella collana "La lente di Galileo". Delos vi propone un capitolo d'assaggio.
Perché la fisica di Star Trek? La creazione di Gene Roddenberry, dopo tutto, è fantascienza, non scienza. Molte fra le meraviglie tecniche che compaiono nella serie televisiva poggiano inevitabilmente su nozioni che possono essere mal definite o in contrasto con la nostra comprensione attuale dell'universo. Io non volevo scrivere un libro che finisse semplicemente col segnalare gli errori degli autori di Star Trek.Eppure non riuscivo a togliermi dalla testa l'idea di scrivere questo libro. Confesso che la cosa che mi attirava di più era il teletrasporto. Riflettendo sulle difficoltà che si dovrebbero fronteggiare per progettare una tale fantastica tecnologia si è costretti a meditare su argomenti che spaziano dai computer e dalla superstrada dell'informazione alla fisica delle particelle, alla meccanica quantistica, all'energia nucleare, alla costruzione di telescopi, alla complessità biologica e persino alla possibile esistenza dell'anima umana! Se si combina tutto questo con idee come quelle dei viaggi straordinari permessi della curvatura dello spazio e del tempo, l'attrazione dell'argomento diventa irresistibile.
Ben presto mi resi conto che quel che rendeva il progetto così affascinante per me era qualcosa di simile a ciò che, a quasi trent'anni di distanza dall'inizio della prima serie, continua ad attrarre sempre nuovi appassionati verso Star Trek. Questo è, come si espresse l'onnipotente istrione di Star Trek Q, il fatto di poter accertare le possibilità di esistenza ignote. E, come Q avrebbe sicuramente convenuto, immaginarle è ancora più divertente.
Come dice Stephen Hawking nella Premessa, la fantascienza come Star Trek aiuta a espandere l'immaginazione umana. Nelle continue meraviglie di Star Trek ha in effetti un posto centrale l'esplorazione delle infinite possibilità del futuro, compreso un mondo in cui l'umanità avrà superato le sue miopi tensioni internazionali e razziali e si sarà avventurata a esplorare in pace lo spazio. E, poiché io vedo queste esplorazioni come strettamente connesse alle continue meraviglie della fisica moderna, ho deciso di concentrarmi qui proprio su queste possibilità.
Da un sondaggio informale che ho fatto l'altro giorno mentre camminavo nel campus della mia università, il numero degli americani che non riconoscono la frase Beam me up, Scotty (Signor Scott, mi faccia risalire) sarebbe paragonabile a quello delle persone che non hanno mai sentito menzionare il ketchup. Se consideriamo che la mostra sull'astronave Enterprise, tenuta nello Air and Space Museum della Smithsonian Institution, è stata quella che ha avuto il maggior numero di spettatori -- superando di gran lunga il successo delle esposizioni dei veicoli spaziali veri --, penso sia chiaro che Star Trek è un veicolo naturale per la curiosità di molte persone sull'universo. Quale contesto migliore si potrebbe quindi desiderare per presentare al pubblico alcune fra le idee più notevoli della fisica di oggi e qualche anticipazione della fisica di domani? Spero che i lettori trovino questo viaggio così divertente come l'ho trovato io.
Lunga vita e prosperità.
Dal capitolo 9: Lo zoo delle possibilità (The menagerie of possibilities)
Questa è l'esplorazione che ti attende! Non cartografare stelle e studiare nebulose, ma scandagliare le possibilità ignote dell'esistenza".
Q a Picard, in Ieri, oggi e domani, II
Nel corso dei più di tredici anni-TV delle varie serie di Star Trek, gli autori hanno avuto la possibilità di toccare alcune fra le idee più interessanti appartenenti a tutti i campi della fisica. A volte le usano correttamente; altre volte le dilatano. A volte si limitano a usare le parole dei fisici, e altre volte raccolgono anche le idee ad esse associate. Gli argomenti di cui si sono occupati formano una vera e propria rassegna della fisica moderna: relatività ristretta, relatività generale, cosmologia, fisica delle particelle, viaggi nel tempo, curvatura dello spazio e fluttuazioni quantiche, per citarne solo alcuni.
Ho pensato che in questo penultimo capitolo potrebbe essere utile fare una breve presentazione di alcune fra le idee più interessanti della fisica moderna usate dagli autori di Star Trek, occupandomi particolarmente di concetti su cui non mi sono concentrato altrove nel libro. A causa della loro eterogeneità, le darò qui in una sorta di glossario, ma senza una particolare forma di ordinamento, alfabetica o tematica. Nell'ultimo capitolo adotterò un modo di procedere analogo: in tal caso però per additare gli errori di fisica più grossolani della serie, quali sono stati scelti da me, da alcuni miei colleghi fisici e da vari trekker. In entrambi i capitoli ho limitato il mio elenco di esempi ai top ten; in realtà se ne potrebbero citare molti altri.
La scala della Galassia e dell'universo
La nostra galassia è la scena su cui si rappresenta il dramma di Star Trek. In tutta la serie televisiva scale di distanze galattiche di vario genere svolgono un ruolo cruciale nell'azione. Si passa dalle UA (Unità Astronomiche: 1 UA = 149 597 000 km, la distanza media dalla Terra al Sole), che furono usate per descrivere la grandezza della nube di V'ger, nel primo film di Star Trek, agli anni-luce. Inoltre vengono presentati vari elementi della nostra galassia, compresa una "Grande Barriera" al suo centro (Star Trek V: L'ultima frontiera), e, nella serie originale, una "barriera galattica" al suo bordo (cfr. gli episodi Oltre la Galassia, Con qualsiasi nome e Bellezza è verità?). Sembra perciò appropriato, per descrivere la scena su cui ha luogo l'azione di Star Trek, offrire il quadro attuale della Galassia e dei sistemi stellari vicini, e delle scale di distanze nell'universo.
Raramente le distanze astronomiche vengono espresse in unità convenzionali come i chilometri, a causa del gran numero di cifre che si richiederebbero. Gli astronomi hanno creato invece varie unità di riferimento che sembrano più appropriate. Una di esse è la già citata UA, la distanza fra la Terra e il Sole. Questa è l'unità di distanza usata normalmente nel sistema solare, dove Plutone, l'ultima Thule, si trova a circa 40 UA dal Sole. In Star Trek, il primo film della serie cinematografica, si dice che la nube di V'ger ha un diametro di 82 UA, che è considerevolmente grande: in effetti è più grande di quello del nostro sistema solare!
Per confronto con le distanze interstellari, è utile esprimere la distanza Terra-Sole in funzione del tempo che impiega la luce (o che impiegherebbe l'Enterprise viaggiando a curvatura 1) per percorrere la distanza che separa il Sole dalla Terra: circa 8 minuti. (Questo dovrebbe essere anche il tempo impiegato dalla luce ad arrivare alla maggior parte dei pianeti della Classe M dal loro Sole.) Possiamo dire dunque che un'UA è pari a 8 minuti-luce. Per confronto, la distanza della stella più vicina a noi, Alpha Centauri -- un sistema stellare binario in cui viveva a quanto pare l'inventore del motore di curvatura, Zefrem Cochrane -- è di circa 4 anni-luce! Questa è una distanza normale fra stelle nella nostra regione della Galassia. I razzi, alle velocità raggiungibili oggi, impiegherebbero più di 10 000 anni per coprire la distanza fra noi e Alpha Centauri. A curvatura 9, che è circa 1500 volte superiore alla velocità della luce, occorrerebbero quasi 6 ore per percorrere un anno-luce.
La distanza dal Sole al centro della Galassia è di circa 25 000 anni-luce. A curvatura 9 occorrerebbero almeno 15 anni per percorrere questa distanza; è quindi improbabile che Sybok, essendosi impadronito con la forza dell'Enterprise, fosse in grado di portarla al centro della Galassia, come fece in Star Trek V: L'ultima frontiera, a meno che l'Enterprise non ci fosse già.
Il nostro sistema della Via Lattea è una galassia spirale, con un grande disco centrale di stelle. Esso ha un diametro di circa 100 000 anni-luce e uno spessore di alcune migliaia di anni-luce. Il Voyager, allontanatosi 70 000 anni-luce dalla Terra nel primo episodio della serie cinematografica, doveva trovarsi quindi dall'altro lato della Galassia. A curvatura 9, l'astronave avrebbe dovuto impiegare una cinquantina d'anni a tornare da quella distanza alla regione del Sole.
Al centro della Galassia c'è un grande rigonfiamento -- un denso agglomerato di stelle -- del diametro di varie migliaia di anni-luce. Si pensa che al suo centro ci sia un buco nero di un migliaio di masse solari. Buchi neri di massa compresa fra 100 000 e più di un miliardo di masse solari si trovano probabilmente al centro di molte altre galassie.
La Galassia è circondata da un alone grosso modo sferico di stelle molto vecchie. Le aggregazioni di migliaia di stelle, dette ammassi globulari, che vi si trovano, sono considerate fra gli oggetti più vecchi della nostra galassia, avendo forse anche 18 miliardi di anni secondo i nostri metodi di datazione attuali: essi sarebbero quindi più vecchi persino dell'"ammasso nero" nell'episodio Un eroe da imitare, che si diceva avesse 9 miliardi di anni. Si pensa che la Galassia sia immersa in un alone sferico ancora più grande, formato da "materia oscura" (della quale parleremo più avanti). Questo alone è invisibile a qualsiasi tipo di telescopio; se ne inferisce l'esistenza dai moti delle stelle e dei gas nella Galassia; esso potrebbe contenere una quantità di massa 10 volte maggiore di quella contenuta nella galassia osservabile.
Il sistema della Via Lattea è una galassia spirale di dimensioni medie e contiene alcune centinaia di miliardi di stelle. Nell'universo osservabile ci sono approssimativamente 100 miliardi di galassie, ognuna delle quali contenente più o meno quel numero di stelle! Delle galassie che vediamo, il 70 per cento circa sono spirali; le altre sono in qualche misura sferiche e sono note come galassie ellittiche. Quelle di dimensioni maggiori sono le galassie ellittiche giganti, che hanno una massa più di 10 volte maggiore di quella della nostra galassia.
La maggior parte delle galassie sono riunite in gruppi. Nel cosiddetto "Gruppo locale", le galassie più vicine alla nostra sono due piccoli sistemi satelliti orbitanti attorno alla nostra galassia della Via Lattea. Tali oggetti, che sono osservabili nell'emisfero australe, sono noti come la Grande e la Piccola Nube di Magellano, e si trovano a meno di 200 000 anni-luce da noi. Circa 2 milioni di anni-luce ci separano dalla grande galassia più vicina a noi, la Galassia di Andromeda, patria dei Kelvani, che tentarono di impadronirsi dell'Enterprise e di tornare alla loro galassia nell'episodio della serie originale Con qualsiasi nome. Alla curvatura 9, tale viaggio richiederebbe un migliaio di anni!
A causa del tempo impiegato dalla luce nella sua propagazione, quanto più lontano osserviamo nello spazio tanto più lontano spingiamo il nostro sguardo anche nel tempo. La distanza maggiore a cui possiamo osservare oggi l'universo con sensori elettromagnetici corrisponde a un tempo in cui l'universo aveva un'età di circa 300 000 anni. Prima di allora la materia esisteva nella forma di gas ionizzato caldissimo, opaco alla radiazione elettromagnetica. Guardando in tutte le direzioni, vediamo la radiazione emessa quando materia e radiazione finalmente si "disaccoppiarono". Essa è nota come radiazione cosmica di fondo a microonde. Attraverso l'osservazione recentissima di questa radiazione con gli strumenti del COBE, il satellite Cosmic Background Explorer messo in orbita dalla NASA nel 1989, abbiamo ottenuto un'immagine dell'universo quando aveva solo 300 000 anni.
Infine, l'universo si sta espandendo in modo uniforme. Di conseguenza vediamo le galassie lontane recedere da noi, e tanto più velocemente quanto più sono lontane, con una velocità che è direttamente proporzionale alla loro distanza da noi. Questa velocità di espansione, caratterizzata da una quantità nota come costante di Hubble, è tale che le galassie che si trovano a 10 milioni di anni-luce da noi stanno allontanandosi da noi a una velocità media di 150-300 km al secondo. Calcolando a ritroso, troviamo che tutte le galassie osservate dell'universo dovevano trovarsi riunite insieme fra 10 e 20 miliardi di anni fa, al tempo del big bang.
La materia oscura
Come ho detto sopra, la nostra galassia è immersa a quanto pare in un vasto mare di materia invisibile. Studiando il moto delle stelle, delle nubi di idrogeno e persino della Grande e Piccola Nube di Magellano, e usando le leggi di Newton, che mettono in relazione la velocità di oggetti nel loro moto orbitale e la massa che li attrae, si è stabilito che esiste un alone grosso modo sferico di materia oscura che si estende fino a distanze dal centro della Galassia forse dieci volte maggiori della nostra. Questa materia costituisce almeno per il 90 per cento la massa della galassia della Via Lattea. Inoltre, osservando il moto di altre galassie, comprese quelle ellittiche, nonché quello di gruppi di galassie, troviamo che a questi sistemi è associata più materia di quella che possiamo spiegare sulla base del materiale osservabile. L'intero universo osservabile sembra essere perciò dominato dalla materia oscura. Attualmente si ritiene che dal 90 al 99 per cento della massa dell'universo sia composta da questa materia.
La nozione di materia oscura si è insinuata sia nella serie The Next Generation sia nella serie Voyager, e in un modo divertente. Per esempio, nell'episodio Cathexis, della serie Voyager, l'astronave entra in una "nebulosa di materia oscura", la quale, come si può facilmente immaginare, assomiglia a una nube buia, cosicché al suo interno non si riesce a vedere niente. La proprietà più notevole della materia oscura, però, non è il fatto di schermare la luce, ma di non risplendere -- ossia di non emettere radiazione -- e di non assorbirne neppure quantità significative. Se facesse l'una o l'altra cosa potrebbe essere rivelata da telescopi. Se ci trovassimo all'interno di una nube di materia oscura, come forse ci troviamo effettivamente, non la vedremmo neppure.
Il problema della natura, dell'origine e della distribuzione della materia oscura è probabilmente uno dei problemi non risolti più interessanti della cosmologia attuale. Poiché questo materiale ignoto domina la densità di massa dell'universo, la sua distribuzione deve avere determinato come e quando la materia osservabile subì il collasso gravitazionale formando gli ammassi galattici, le galassie, le stelle e i pianeti che rendono l'universo così interessante per noi. La nostra stessa esistenza dipende da questo materiale. Inoltre la quantità di materia oscura esistente nell'universo determinerà la sorte finale dell'universo stesso. Se esso sia destinato a concludere la sua esistenza in un evento violento (il big crunch) o in un sospiro senza fine (continuando a espandersi per sempre anche quando le stelle avranno esaurito il loro combustibile) dipenderà da quanta materia -- di qualunque tipo -- esso contiene, dal momento che ciò che rallenta l'espansione è l'attrazione gravitazionale.
Ancora più interessanti sono i forti argomenti a sostegno della tesi che la materia oscura potrebbe essere composta da particelle completamente diverse dai protoni e dai neutroni che compongono la normale materia. Limiti indipendenti alla quantità di materia normale nell'universo, fondati su calcoli della rapidità delle reazioni nucleari nell'universo primordiale e della successiva formazione di elementi leggeri, ci inducono a pensare che potrebbero non esistere abbastanza protoni e neutroni per spiegare la materia oscura esistente attorno alle galassie e agli ammassi. Pare inoltre che, per rendere possibile il collasso delle piccole fluttuazioni presenti nella distribuzione iniziale della materia, dalle quali derivò il plasma caldissimo dell'universo primordiale che diede poi origine alle galassie e agli ammassi che osserviamo oggi, si richiedesse un qualche tipo nuovo di particelle, non interagenti con la radiazione elettromagnetica. Se la materia oscura è composta effettivamente da qualche nuovo tipo di particelle elementari, allora:
(a) la materia oscura non è solo "là fuori" nell'universo, ma è in questa stanza mentre stai leggendo questo libro, e attraversa il tuo corpo senza poter essere percepita. Queste particelle elementari esotiche non si aggregarono in oggetti astronomici; esse formarono un "gas" diffuso che scorre nell'intera Galassia. Poiché, nella migliore delle ipotesi, interagiscono solo molto debolmente con la materia, potrebbero attraversare senza ostacolo oggetti grandi come la Terra. In effetti esempi di tali particelle già esistono in natura; fra di esse si ricordano particolarmente i neutrini (particelle che dovrebbero essere familiari ai trekker, e di cui ci occuperemo più avanti).
(b) La materia oscura potrebbe essere rivelata direttamente qui sulla Terra, usando tecniche avanzate di osservazione di particelle elementari. Sono attualmente in costruzione vari rivelatori progettati con una sensibilità a vari candidati a componenti della materia oscura.
(c) La rivelazione di tali particelle potrebbe rivoluzionare la fisica delle particelle elementari. E' molto probabile che questi oggetti siano i residui di processi di produzione della primissima fase dell'inizio dell'universo, molto tempo prima che esso raggiungesse l'età di un secondo, e che siano quindi connessi alla fisica a scale di energia comparabili o addirittura superiori a quelle che noi possiamo scandagliare direttamente usando i moderni acceleratori.
Per quanto possa essere interessante questa possibilità, non abbiamo ancora la certezza che la materia oscura non possa essere fatta di materia meno esotica. Ci sono molti modi per combinare protoni e neutroni così che non risplendano. Per esempio, se riempissimo la Galassia di palle di neve o di macigni, sarebbe difficile scoprirli. Forse la cosa più probabile è che nella Galassia ci siano molti oggetti quasi abbastanza grandi per essere stelle ma troppo piccoli perché la loro massa riesca a innescare l'inizio di reazioni nucleari nella loro regione più interna. Questi oggetti sono noti come nane brune, e Data e i suoi colleghi a bordo dell'Enterprise ne hanno discusso (per esempio nell'episodio Caccia all'uomo). In effetti, proprio di questi tempi sono in corso esperimenti per accertare se le nane brune -- note in questo contesto come MACHO (per Massive Astrophysical Compact Halo Objects) -- formino o no una componente significativa dell'alone di materia oscura attorno alla galassia della Via Lattea. Benché questi oggetti non siano osservabili direttamente, se uno di loro passasse davanti a una stella, la luce di questa risentirebbe della gravità del MACHO, e la stella stessa sembrerebbe più luminosa. Questo fenomeno di "lente gravitazionale" fu predetto per la prima volta da Einstein già negli anni trenta, e noi oggi possediamo la tecnologia adatta per scoprirlo. Nel corso di vari esperimenti, ogni notte nella nostra galassia si stanno osservando letteralmente milioni di stelle, per accertare se il fenomeno si verifichi effettivamente. La sensibilità finora conseguita è sufficiente a scoprire un alone di materia oscura composto da MACHO, se questi formano effettivamente la maggior parte della materia oscura che circonda la nostra galassia. I dati preliminari fin qui ottenuti hanno fissato limiti superiori, i quali tendono a suggerire che l'alone di materia oscura non sia composto da MACHO, ma il problema è ancora aperto.
Stelle di neutroni
Questi oggetti sono, come ricorderete, tutto ciò che rimane dei nuclei collassati di stelle di grande massa esplosi come supernovae. Pur contenendo di norma una massa un po' superiore a quella del Sole, le stelle di neutroni sono così compresse da avere press'a poco le dimensioni di Manhattan! Ancora una volta, gli autori di Star Trek si sono superati nel campo della nomenclatura. L'Enterprise si è imbattuta varie volte in materiale espulso da una stella di neutroni, materiale che gli autori hanno chiamato "neutronio". Poiché una stella di neutroni è composta quasi per intero da neutroni così compattati che essa finisce per essere fondamentalmente un immenso nucleo atomico, il nome è scelto bene. La macchina del giudizio universale, nell'episodio omonimo, era fatta a quanto pare di puro neutronio, e proprio perciò era inattaccabile dalle armi della Federazione. Tale materiale, però, per essere stabile, dovrebbe essere mantenuto sotto la pressione incredibilmente alta creata dall'attrazione gravitazionale di una massa stellare di materiale concentrato in un oggetto di soli 15 km di raggio. Nel mondo reale, tale materiale esiste solo in una stella di neutroni.
L'Enterprise ha avuto vari incontri ravvicinati con stelle di neutroni. Nell'episodio Evoluzione, quando i Naniti cominciarono a mangiare i computer della nave, l'equipaggio stava studiando una stella di netroni in una fase di aggregazione di nuovo materiale che sembrava in procinto di eruttare. Nell'episodio Una società perfetta l'Enterprise dovette deflettere un frammento di un nucleo stellare che si muoveva velocemente verso Moab IV.
Nella Galassia ci sono senza dubbio milioni di stelle di neutroni. Queste hanno per lo più al loro interno, fin dalla loro origine, campi magnetici incredibilmente grandi. Se ruotano rapidamente formano meravigliosi radiofari. La radiazione viene emessa da ciascuno dei loro due poli, e se il campo magnetico è inclinato rispetto all'asse di rotazione si crea un faro rotante. Sulla Terra noi osserviamo questi impulsi periodici di onde radio e ne chiamiamo pulsar le sorgenti. Rotando nello spazio, le pulsar sono i migliori orologi che si conoscano nell'universo. I segnali delle pulsar possono segnare il tempo con un margine d'errore inferiore a un microsecondo all'anno. Alcune pulsar, inoltre, producono più di 1000 impulsi al secondo. Ciò significa che un oggetto che è essenzialmente un gigantesco nucleo atomico con la massa del Sole e un diametro di 10-20 km compie più di 1000 rotazioni al secondo. Pensateci un po'. La velocità di rotazione lineare alla superficie di una stella di netroni è perciò di quasi metà della velocità della luce! Le pulsar sono una dimostrazione del fatto che la natura produce oggetti più notevoli di qualsiasi cosa possano inventare gli autori di Star Trek.
Altre dimensioni
Mentre James T. Kirk scivola lentamente dentro e fuori di quest'universo nella Ragnatela tholiana, noi troviamo che la causa di tale fenomeno è un'"interfase spaziale", la quale connette per breve tempo piani dimensionali diversi che formerebbero altrimenti degli "universi paralleli". Altre due volte nella serie Kirk si era imbattuto in universi paralleli: uno fatto di antimateria, in L'alternativa, e l'altro a cui aveva avuto accesso attraverso il teletrasporto, in Specchio, specchio. In The Next Generation abbiamo il Q-continuo, il tempo non lineare, "finestra aperta su altre dimensioni", del dottor Paul Mannheim, e ovviamente il subspazio stesso, contenente un numero infinito di dimensioni, in cui possono nascondersi alieni, come quelli che rapirono il comandante Riker in Sonni pericolosi.
La nozione che in qualche modo le quattro dimensioni dello spazio e del tempo in cui viviamo non esauriscano la realtà è radicata tenacemente nella coscienza popolare. Recentemente uno psichiatra di Harvard (creandosi a quanto pare difficoltà con la Medical School), ha scritto un libro di successo nel quale ha riferito i risultati delle sue analisi di una varietà di pazienti che sostenevano tutti di essere stati rapiti da alieni. In un'intervista, alla domanda da dove venivano gli alieni, egli avrebbe risposto: "Da un'altra dimensione".
Quest'attrazione per un mondo a più di quattro dimensioni ha evidentemente origine nella teoria della relatività ristretta. Una volta che lo spazio tridimensionale fu connesso al tempo da Hermann Minkowski a formare lo spazio-tempo quadridimensionale, era naturale supporre che il processo potesse continuare. Inoltre, una volta che la relatività generale ebbe dimostrato che quella che percepiamo come forza di gravità potrebbe essere associata alla curvatura dello spazio-tempo, non era irragionevole congetturare che altre forze potessero essere associate alla curvatura in altre dimensioni ancora.
Fra i primi a speculare su quest'idea ci furono il fisico polacco Theodor Kaluza nel 1919 e, indipendentemente da lui, il fisico svedese Oskar Klein nel 1926. Essi suggerirono che l'elettromagnetismo potrebbe essere unificato con la gravità in un universo a cinque dimensioni. Può darsi che la forza elettromagnetica sia connessa a una qualche "curvatura" in una quinta dimensione, come la forza gravitazionale è dovuta alla curvatura nello spazio-tempo quadridimensionale.
Questa è un'idea molto bella, ma presenta dei problemi. In effetti, in ogni scenario in cui si considerano dimensioni extra nell'universo, si deve spiegare perché non percepiamo queste dimensioni mentre sperimentiamo lo spazio e il tempo. La risposta che si dà a questa domanda è molto importante, perché si ripresenta ripetutamente quando i fisici considerano la possibilità di dimensioni superiori nell'universo.
Consideriamo un cilindro e un insetto intelligente. Purché la circonferenza del cilindro sia grande rispetto alle dimensioni dell'insetto, questo può muoversi in entrambe le dimensioni rendendosi conto che si sposta su una superficie bidimensionale.
Se però la circonferenza del cilindro diventa molto piccola, l'insetto finisce col muoversi su un oggetto unidimensionale -- ossia una linea o uno spago -- e può spostarsi solo verso l'alto o verso il basso.Pensiamo ora in che modo un tale insetto potrebbe accorgersi che esiste un'altra dimensione, corrispondente alla circonferenza del cilindro. Con un microscopio, egli potrebbe essere in grado di rendersi conto dello spessore dello spago. La lunghezza d'onda della radiazione necessaria per risolvere dimensioni così piccole dovrebbe essere però dell'ordine del diametro del cilindro o meno, poiché, come ho notato nel capitolo 5, le onde si diffondono solo su quegli oggetti di dimensioni almeno paragonabili alla loro lunghezza d'onda. Poiché l'energia di radiazione aumenta al diminuire della lunghezza d'onda, per risolvere questa "dimensione extra" si richiederebbe una certa energia minima di radiazione.Se una quinta dimensione fosse in qualche modo "arrotolata" in un piccolo cerchio, non potremmo far passare delle onde attraverso di essa per sondarne l'esistenza se non focalizzando una grande quantità di energia in un piccolo punto, senza di che il mondo continuerebbe ad apparirci quadridimensionale a ogni effetto. Dopo tutto, noi sappiamo che lo spazio è tridimensionale perché possiamo sondarlo con onde che si propagano nelle tre dimensioni. Se le uniche onde che possono essere inviate nella quinta dimensione devono avere un'energia molto maggiore di quella che possiamo produrre anche in acceleratori molto potenti, non abbiamo alcuna possibilità di sperimentare questa dimensione extra.
Nonostante il suo interesse intrinseco, la teoria di Kaluza-Klein non può essere una teoria completa. Innanzitutto non spiega perché mai la quinta dimensione dovrebbe essere arrotolata in un piccolo cerchio. In secondo luogo, noi oggi conosciamo altre due forze fondamentali in natura oltre all'elettromagnetismo e alla gravità: la forza nucleare forte e la forza nucleare debole. Perché fermarsi alla quinta dimensione? Perché non includere abbastanza dimensioni extra da poter spiegare tutte le forze fondamentali?
La moderna fisica delle particelle ha prospettato in effetti proprio una tale possibilità. Lo sforzo moderno, fondato sulla cosiddetta teoria delle superstringhe, si concentrò inizialmente su un tentativo di estendere la teoria generale della relatività in modo da poter costruire una teoria consistente della gravità quantistica. Infine è però riemerso l'obiettivo di una teoria unificata di tutte le interazioni.
Ho già notato quali difficoltà si frappongano allo sviluppo di una teoria nella quale la relatività generale si concili con la gravità quantistica. La difficoltà principale in questo sforzo è quella di tentare di capire come si possano manipolare le fluttuazioni quantiche nello spazio-tempo. Nella teoria delle particelle elementari, le eccitazioni quantiche nei campi -- per esempio il campo elettrico -- si manifestano come particelle elementari, o quanti. Nel tentativo di capire le eccitazioni quantiche nel campo gravitazionale -- che nella relatività generale corrispondono a eccitazioni quantiche dello spazio-tempo -- la matematica conduce invece a predizioni prive di senso.
Il progresso della teoria delle stringhe consistette nel supporre che a livelli microscopici -- tipici delle scale molto piccole (ossia di 10-33 cm) a cui potrebbero essere importanti effetti gravitazionali quantistici -- quelle che noi consideriamo particelle elementari puntiformi potrebbe essere risolte come stringhe vibranti. La massa di ogni particella corrisponderebbe in qualche senso all'energia di vibrazione di tali stringhe.
La ragione per fare questa proposta, sotto altri aspetti piuttosto bizzarra, è che, già negli anni settanta si scoprì che tale teoria richiede l'esistenza di particelle aventi le proprietà che dovrebbero avere le eccitazioni quantiche nello spazio-tempo, note come gravitoni. La relatività generale è quindi in un certo senso inclusa nella teoria, in un modo che potrebbe essere in accordo con la meccanica quantistica.
Una teoria quantistica delle stringhe non può tuttavia essere resa matematicamente consistente nelle quattro dimensioni, e neppure in cinque o in sei. Risulta che teorie del genere possono esistere in modo consistente solo in dieci dimensioni, o forse solo in 26! In effetti il tenente Reginald Barclay, mentre possedeva temporaneamente un quoziente di intelligenza di 1200 dopo essere stato folgorato da una sonda citeriana, ebbe una discussione con Einstein sul ponte ologrammi circa quale di queste due possibilità fosse preferibile per includere la meccanica quantistica nella relatività generale.
Questo gran numero di dimensioni può sembrare un impaccio, ma si riconobbe prontamente che, come molte difficoltà apparenti, offriva anche un'opportunità. Forse tutte le forze fondamentali in natura potrebbero essere incorporate in una teoria di 10 o più dimensioni, nella quale tutte le dimensioni tranne le quattro che conosciamo si arrotolano -- come sospettò il tenente Barclay -- fino ad avere diametri dell'ordine della scala di Planck (10-33 cm), e non sono oggi quindi misurabili.
Purtroppo questa grande speranza non ha finora permesso di fare molti passi avanti. Oggi non possiamo ancora dire se le proposte provvisorie della teoria delle stringhe potranno produrre una teoria unificata di tutto. Inoltre, come nel caso della teoria di Kaluza-Klein, nessuno ha una nozione chiara del perché le altre dimensioni, se esistono, si arrotolino, lasciando su grandi scale solo lo spazio-tempo quadridimensionale.
La morale di tutto questo è quindi che, sì, nell'universo possono esserci dimensioni extra, e oggi c'è qualche ragione per attenderci che ci siano. Queste dimensioni extra non sono però tali da poter celare alieni in grado di rapire pazienti psichiatrici (e neppure il comandante Riker). Esse non sono "universi paralleli". Né possono essere mescolate con le quattro dimensioni dello spazio-tempo in un modo che permetta a oggetti di spostarsi da un luogo dello spazio a un altro passando per un'altra dimensione, come sembra permettere il "subspazio" nell'universo di Star Trek.
Non possiamo tuttavia escludere con sicurezza che possano esistere "ponti" microscopici o anche macroscopici con universi altrimenti non connessi (o paralleli). Nella relatività generale, in effetti, regioni di curvatura molto elevata -- all'interno di un buco nero, o in un tunnel spaziotemporale -- possono essere concepite come in grado di collegare regioni dello spazio-tempo altrimenti non collegate e potenzialmente molto grandi. Sulla base della nostra immagine attuale dell'universo, non conosco nessuna ragione per attendermi tali fenomeni fuori dei buchi neri e dei tunnel (o cunicoli) spazio-temporali, ma poiché non possiamo escluderli, penso che le astronavi della Federazione siano libere di continuare a trovarli.
Anyoni
Nell'episodio Un'altra dimensione, della serie The Next Generation, l'esplosione del nucleo di un motore di una nave romulana determina il cattivo funzionamento di un dispositivo romulano di occultamento, che opera normalmente mettendo della materia "fuori fase" con altra materia; l'abbondanza di particelle di kroniton così create, combinandosi con l'azione del teletrasporto dell'Enterprise, fa sparire Geordi La Forge e Ro Laren. Essi sono considerati morti, e rimangono invisibili e immateriali fino a quando Data, facendo intensificare l'emissione di anyoni usati per disinfestare la nave dal kroniton, li fa tornare miracolosamente in fase.
Se gli autori di Star Trek non avevano mai sentito parlare di anyoni (e io scommetterei che sia così), la loro tendenza inventare nomi appropriati appare veramente molto strana. Gli anyoni (anyons -- sono costrutti teorici proposti e così chiamati dal mio amico Frank Wilczek, fisico all'Institute for Advanced Study a Princeton, e dai suoi collaboratori. Per inciso, Wilczek inventò anche un'altra particella, un candidato a particella della materia oscura, da lui chiamato assione (axion), dal nome di un detersivo. Anche "chip assionici" compaiono in Star Trek, come parte della rete neurale di una macchina avanzata. Ma sto divagando.
Nello spazio tridimensionale in cui viviamo, le particelle elementari sono designate come fermioni e bosoni, a seconda del loro spin. Noi associamo a ogni tipo di particella elementare un numero quantico, che dà il valore del suo spin. Questo numero può essere intero (0, 1, 2, ...) o semintero (1/2, 3/2, 5/2, ...). Le particelle con spin intero sono dette bosoni, quelle con spin semintero fermioni. Fermioni e bosoni hanno un diverso comportamento quantomeccanico: quando due fermioni identici vengono interscambiati, la funzione d'onda quantomeccanica che descrive le loro proprietà è moltiplicata per -1, mentre in un'interscambio di bosoni la funzione d'onda rimane immutata. Perciò due fermioni non possono mai trovarsi nello stesso posto perché, se così fosse, il loro interscambio lascerebbe la configurazione identica mentre la funzione d'onda dovrebbe essere moltiplicata per -1, e l'unica cosa che possa essere moltiplicata per -1 e rimanere identica è 0. La funzione d'onda, quindi, deve svanire. E' questa l'origine del famoso principio di esclusione di Pauli -- applicato in origine agli elettroni --, secondo il quale due fermioni identici non possono occupare lo stesso stato quantomeccanico.
In ogni caso risulta che, se si permette a delle particelle di muoversi solo in due dimensioni -- come sono costretti a fare gli esseri bidimensionali incontrati dall'Enterprise (vedi la sezione seguente), o, fatto più pertinente, come accade nel mondo reale quando configurazioni atomiche in un cristallo sono disposte in modo tale che gli elettroni, per esempio, si muovono solo su un piano bidimensionale --, le regole quantomeccaniche classiche che si applicano nello spazio tridimensionale vengono modificate. Lo spin non è più quantizzato, e le particelle possono avere qualsiasi valore per questa quantità. Perciò, invece di fermi-oni o di bos-oni, si possono avere any-oni (any-ons, letteralmente "qualunquoni"). E' questa l'origine del nome, e dell'idea che è stata esplorata da Wilczek e da altri.
Torniamo agli autori di Star Trek: trovo divertente che il numero per il quale viene moltiplicata la funzione d'onda di particelle quando queste vengono intercambiate si chiami una "fase". Le funzioni d'onda dei fermioni sono moltiplicate per una fase di -1, mentre i bosoni sono moltiplicati per una fase di 1 e quindi rimangono uguali. Gli anyoni sono moltiplicati per una combinazione di 1 e di un numero immaginario (i numeri immaginari sono le radici quadrate di numeri negativi), e quindi sono "fuori fase" in un senso reale con particelle normali. Pare quindi più che opportuno che un'"emittente di anyoni" cambi la fase di qualcosa, no?
Stringhe cosmiche
Nell'episodio La perdita, della serie The Next Generation, l'equipaggio dell'Enterprise si imbatte in esseri bidimensionali che si sono smarriti. Questi esseri vivono su un "frammento di stringhe cosmiche". Nell'episodio, questo viene descritto come un filamento di sottigliezza infinitesima nello spazio, che esercita un'attrazione gravitazionale molto intensa e che vibra con un insieme caratteristico di frequenze del "subspazio".
Le stringhe cosmiche sono oggetti che sarebbero stati creati durante una transizione di fase nell'universo primordiale. Uno degli esperti mondiali su questi oggetti teorici è entrato recentemente a far parte del corpo docente della Case Western Reserve University, cosicché negli ultimi tempi ne ho sentito parlare molto. Le loro proprietà sarebbero simili sotto qualche aspetto a quelle dell'oggetto incontrato dall'Enterprise.
Durante una transizione di fase -- come quando l'acqua bolle o si trasforma in ghiaccio -- si ha un cambiamento nella configurazione delle particelle che compongono un materiale. Quando l'acqua gela si forma una struttura cristallina. Cristalli allineati in molte direzioni, crescendo, possono incontrarsi formando linee casuali, le quali creano le figure, così gradevoli alla vista, sui vetri di una finestra d'inverno. Durante una transizione di fase nell'universo primordiale cambia la configurazione della materia, della radiazione e anche dello spazio vuoto (che vi ricordo può essere portatore di energia). A volte, durante queste transizioni, regioni diverse dell'universo si rilassano in configurazioni differenti. Anche queste configurazioni, crescendo, possono infine incontrarsi, a volte in un punto e a volte lungo una linea, segnando un confine fra le regioni. L'energia viene intrappolata in questa linea di confine, e forma quella che chiamiamo una stringa cosmica.
Non abbiamo idea se le stringhe cosmiche siano state create effettivamente agli inizi dell'universo, ma se è stato così e si sono conservate fino a oggi potrebbero produrre qualche effetto affascinante. Esse sarebbero infinitesimamente sottili -- più sottili di un protone -- e tuttavia sarebbero portatrici di una massa di densità enorme, fino a un bilione di tonnellate per centimetro. Potrebbero formare per esempio i semi attorno ai quali la materia collassa a formare galassie. Inoltre "vibrerebbero", producendo non armoniche subspaziali ma onde gravitazionali. Noi potremmo benissimo scoprire la firma di una stringa cosmica sotto forma di un'onda gravitazionale prima di avere mai osservato la stringa stessa.
Tanto basti sulle somiglianze con la stringa di Star Trek. Passiamo ora alle differenze. A causa del modo in cui si formano, le stringhe cosmiche non possono esistere in frammenti. Essi devono esistere o in anelli chiusi o nella forma di una singola lunga stringa che si snoda nell'universo. Inoltre, nonostante la loro grande densità di massa, le stringhe cosmiche non esercitano alcuna forza gravitazionale su oggetti lontani. Solo se una stringa cosmica passa vicino a un oggetto, questo sente un'improvvisa forza gravitazionale. Questi, però, sono aspetti sottili; si può dire che, nell'insieme, gli autori di Star Trek se la sono cavata benissimo con le corde cosmiche.
Misurazioni quantistiche
Nell'ultima stagione di The Next Generation c'è un episodio molto bello, intitolato Paralleli, in cui Worf comincia a saltare fra diverse "realtà quantiche". L'episodio tocca, anche se in modo scorretto, uno degli aspetti più affascinanti della meccanica quantistica: la teoria della misurazione quantistica.
Poiché la scala a cui viviamo non ci permette di osservare direttamente fenomeni quantomeccanici, la nostra immagine fisica intuitiva dell'universo ha un carattere classico. Quando parliamo di meccanica quantistica usiamo in generale un linguaggio classico, in modo da cercare di spiegare il mondo quantomeccanico in termini a noi comprensibili. Questo approccio, che viene chiamato di solito "l'interpretazione della meccanica quantistica" e che affascina alcuni filosofi della scienza, è arretrato; quel che dovremmo in realtà discutere è "l'interpretazione della meccanica classica", ossia come si possa intendere il mondo classico che noi vediamo -- che è solo un'approssimazione alla realtà sottostante, di natura quantomeccanica -- nei termini delle variabili proprie della meccanica quantistica.
Se insistiamo nel voler interpretare fenomeni quantomeccanici nei termini di concetti classici, ci imbatteremo inevitabilmente in fenomeni che sembrano paradossali o impossibili. Ed è giusto che sia così. La meccanica classica non può spiegare in modo appropriato fenomeni quantomeccanici, cosicché non c'è alcuna ragione per cui le descrizioni classiche debbano avere un senso.
Dopo questo avvertimento, descriverò tuttavia i problemi pertinenti nei termini della meccanica classica, perché questi sono gli unici strumenti linguistici di cui dispongo. Pur avendo i termini matematici appropriati per descrivere la meccanica quantistica, farò ricorso come tutti gli altri fisici solo a un'immagine mentale classica, poiché tutta la mia esperienza diretta è classica.
Come ho accennato nel capitolo 5, uno fra i caratteri più notevoli della meccanica quantistica è che, parlando di oggetti che presentano all'osservazione una determinata proprietà, non si può dire che possedessero tale proprietà l'istante prima dell'osservazione. Il processo di osservazione può modificare il carattere del sistema fisico considerato. La funzione d'onda quantomeccanica di un sistema descrive in modo completo la sua configurazione in un tempo qualsiasi, e questa funzione d'onda si evolve secondo leggi fisiche deterministiche. Quel che però fa sembrare le cose così folli è il fatto che questa funzione d'onda può abbracciare al tempo stesso due o più configurazioni reciprocamente esclusive.
Per esempio, se una particella ruota in senso orario, noi possiamo dire che ha spin "su". Se ruota in senso antiorario, diciamo che il suo spin è "giù". Ora, la funzione d'onda quantomeccanica di questa particella può includere una somma con uguali probabilità di spin su e spin giù. Se si misura la direzione dello spin, si misurerà o spin su o spin giù. Una volta compiuta la misurazione, la funzione d'onda della particella includerà da allora solo la componente che la particella è risultata avere alla misurazione; se si misura spin su, si continuerà a misurare per questa particella questo stesso valore.
Questo quadro presenta però dei problemi. Ci si potrebbe domandare: come fa la particella ad avere sia spin su sia spin giù prima della misurazione? La risposta corretta è che non aveva né l'uno né l'altro. Prima della misurazione la configurazione del suo spin era indeterminata.
Il fatto che le funzioni d'onda della meccanica quantistica che descrivono gli oggetti non corrispondano a valori unici per le osservabili disturba particolarmente quando si comincia a pensare a oggetti viventi. C'è un famoso paradosso detto del "gatto di Schrödinger". (Erwin Schrödinger fu uno dei "giovani turchi" degli anni venti di questo secolo che contribuirono a scoprire le leggi della meccanica quantistica. L'equazione che descrive l'evoluzione temporale della funzione d'onda quantomeccanica è nota come equazione di Schrödinger.) Immaginiamo una scatola, nella quale è rinchiuso un gatto. Dentro la scatola c'è una pistola carica puntata verso il gatto e collegata con una sostanza radioattiva. La sostanza ha una certa probabilità quantomeccanica di decadere in qualsiasi tempo dato. Quando decade, la pistola spara e uccide il gatto. La funzione d'onda che descrive il gatto, prima che io apra la scatola, è una sovrapposizione lineare di un gatto vivo e di un gatto morto? Questo modo di presentare le cose sembra assurdo.
Similmente la nostra coscienza è sempre unica, e non è mai indeterminata. L'atto di coscienza è una misurazione? In questo caso si potrebbe dire che in ogni istante c'è una probabilità quantomeccanica diversa da zero che si verifichino vari esiti diversi, e il nostro atto di coscienza determina quale esito sperimentiamo. La realtà ha quindi un numero infinito di rami. In ogni istante la nostra coscienza determina in quale ramo ci troviamo, ma a priori esiste un numero infinito di altre possibilità.
Questa interpretazione "a molti mondi" della meccanica quantistica -- la quale dice che in qualche altro ramo della funzione d'onda quantomeccanica Stephen Hawking sta scrivendo questo libro e io sto scrivendo la premessa -- è a quanto pare alla base della triste sorte del povero Worf. Questo è, in effetti, ciò che dice Data in quell'episodio. Quando la nave di Worf attraversa una "fessura quantistica nello spazio-tempo", emettendo simultaneamente un "impulso subspaziale", le barriere fra realtà quantiche "crollano", e Worf comincia a saltare da un ramo della funzione d'onda a un altro in tempi casuali, sperimentando numerose realtà quantistiche relative. Una cosa del genere non potrebbe ovviamente mai accadere, perché, una volta eseguita una misurazione, il sistema, compreso l'apparecchiatura di misurazione (in questo caso Worf), è cambiato. Una volta che Worf ha un'esperienza, non c'è modo di tornare indietro... o forse dovrei dire di saltare di lato. L'esperienza stessa è sufficiente a fissare la realtà. E' la natura stessa della meccanica quantistica a richiederlo.
In quest'episodio si tocca un altro elemento della meccanica quantistica. L'equipaggio dell'Enterprise è a un certo punto in grado di verificare che Worf proviene da un'altra "realtà quantistica" sostenendo che la sua "firma quantica al livello atomico" differisce da qualsiasi altra cosa in questo mondo. Secondo Data questa firma è unica e non può cambiare in conseguenza di alcun processo fisico. Queste sono chiaramente tecnobubbole, ma hanno tuttavia un rapporto con qualcosa di interessante nella meccanica quantistica. L'intero insieme di tutti gli stati possibili di un sistema si chiama spazio di Hilbert, dal famoso matematico tedesco David Hilbert che, fra le altre cose, fu molto vicino a sviluppare la relatività generale prima di Einstein. A volte sembra che lo spazio di Hilbert si scomponga in settori separati, detti "settori di superselezione". In questo caso nessun processo fisico può far muovere un sistema da un settore a un altro. Ogni settore è etichettato con una certa quantità: per esempio la carica elettrica totale del sistema. Volendo essere poetici, si potrebbe dire che questa quantità fornisce una "firma quantica" unica per questo settore, dato che tutte le operazioni quantiche locali preservano lo stesso settore, e il comportamento delle operazioni e delle osservabili a cui esse sono associate è determinato da questa quantità.
I diversi rami della funzione d'onda quantomeccanica di un sistema devono trovarsi però in un singolo settore di superselezione, perché ognuno di essi è in linea di principio fisicamente accessibile. Così, purtroppo per Worf, quand'anche egli violasse i dogmi fondamentali della meccanica quantistica saltando da un ramo a un altro, non potrebbe probabilmente esistere alcuna osservabile esterna a convalidare la sua storia.
Il punto essenziale dell'interpretazione dei molti mondi della meccanica quantistica (come pure di qualsiasi altra sua interpretazione) è che non si può mai sperimentare più di un mondo per volta. E per fortuna ci sono altre leggi della fisica che impedirebbero l'apparizione di milioni di Enterprise da realtà diverse, come accade alla fine dell'episodio. Basta, a impedirlo, la semplice conservazione dell'energia, un concetto puramente classico.
Solitoni
Nell'episodio L'onda Soliton, della serie The Next Generation, l'Enterprise assiste a un esperimento sviluppato dal dottor Ja'Dor, del pianeta Bilana III. Qui un'"onda di solitoni", un fronte d'onda non disperdente di distorsione subspaziale, viene usata per la propulsione di una nave sperimentale a velocità curvatura senza bisogno del motore di curvatura. Il sistema richiede che al termine del viaggio ci sia un pianeta che fornisca un campo di diffusione per dissipare l'onda. L'esperimento termina quasi in un disastro, che viene scongiurato all'ultimo istante.
I solitoni non sono un'invenzione degli autori di Star Trek. Il termine è un'abbreviazione per "onde solitarie" e si riferisce a un fenomeno osservato in origine in onde nell'acqua da un ingegnere scozzese, John Scott Russell, nel 1834. Mentre stava eseguendo uno studio non retribuito del disegno delle chiatte per canali per la Union Canal Society di Edimburgo, notò qualcosa di peculiare. Per usare le sue stesse parole:
Stavo osservando il moto di un grande battello che veniva trainato rapidamente lungo uno stretto canale da un paio di cavalli, quando il battello improvvisamente si fermò: non altrettanto fece la massa d'acqua del canale che esso aveva messo in moto; essa si accumulò attorno alla prua del battello in uno stato di violenta agitazione, dopo di che mosse in avanti con grande velocità, assumendo la forma di una grande elevazione solitaria, un cumulo d'acqua arrotondato e ben definito che continuò il suo corso lungo il canale, apparentemente senza mutamento di forma o diminuzione di velocità. La seguii a cavallo e la superai mentre stava ancora procedendo a una velocità di otto o nove miglia all'ora [13-15 km/h], ancora conservando la sua figura originaria di circa trenta piedi di lunghezza [9 m] e un piede e mezzo (50 cm] in altezza. La sua altezza diminuì gradualmente e dopo un inseguimento di un miglio o due la persi nei meandri del canale. Questo, nel mese dell'agosto 1834, fu il mio primo casuale incontro con quel fenomeno bello e singolare che ho chiamato "l'onda di traslazione".
Scott Russell coniò in seguito per descrivere questa meraviglia l'espressione "onda solitaria", che è persistita anche quando i solitoni sono apparsi in molti sottocampi diversi della fisica. Più in generale, i solitoni sono oggetti non dissipativi, classicamente estesi ma di grandezza finita, che possono propagarsi da un punto a un altro. Perciò il disastro che è al centro della storia dell'Onda Soliton non avrebbe potuto accadere. Innanzitutto, il solitone non "emetterebbe una grande quantità di interferenza radio". In tal caso dissiperebbe la sua energia. Per la stessa ragione non continuerebbe a guadagnare energia o a cambiare frequenza.
Le onde normali sono oggetti estesi che tendono a dissipare energia nel corso della loro propagazione. Le forze classiche, però -- risultando da una forma di interazione attraverso lo spazio chiamata "campo" -- conservano in generale intatti i solitoni, così che essi possono propagarsi senza cedere energia all'ambiente. Essendo soluzioni energetiche autocontenute delle equazioni che descrivono il moto, si comportano, in linea di principio, proprio come oggetti fondamentali, come le particelle elementari. In certi modelli matematici dell'interazione forte che tiene assieme i quark, il protone potrebbe essere considerato in effetti come un solitone, nel qual caso noi tutti saremmo fatti di solitoni! Nella fisica delle particelle elementari sono stati proposti nuovi campi che potrebbero fondersi assieme in "stelle di solitoni": oggetti grandi come una stella ma implicanti un singolo campo coerente. Oggetti del genere non sono mai stati osservati, ma potrebbero tuttavia esistere.
Quasar
Nell'episodio The Pegasus -- in cui veniamo a conoscenza del Trattato di Algon, che impediva alla Federazione di usare dispositivi di occultamento -- troviamo l'Enterprise di Picard che esplora il Quasar di Mecoria. In precedenza, nell'episodio La Galileo, della serie originale, avevamo appreso che l'Enterprise originaria aveva ordini permanenti di investigare questi oggetti ogni volta che le fosse capitato di imbattersi in uno di essi. Nessuna delle due navi si sarebbe però mai imbattuta in un quasar nelle sue peregrinazioni alla periferia della Galassia. Questo perché si ritiene che i quasar, gli oggetti di maggiore energia che si conoscano nell'universo (essi irraggiano energie paragonabili a quelle di intere galassie, e sono tuttavia così piccoli da non essere risolvibili dai telescopi), siano immensi buchi neri al centro di alcune galassie, e che -- alla stregua di insaziabili parassiti -- inghiottano letteralmente la massa centrale dei loro ospiti. Questo è l'unico meccanismo finora proposto che sia in grado di spiegare le energie osservate e le scale di grandezza dei quasar. La materia che cade in un buco nero irraggia una grande quantità di energia (mentre perde la sua energia potenziale gravitazionale). Se al centro di qualche galassia esistono buchi neri di un milione o un miliardo di masse solari, possono inghiottire interi sistemi stellari, che a loro volta irraggeranno l'energia necessaria per formare il segnale dei quasar. Perciò i quasar fanno spesso parte dei cosiddetti "nuclei galattici attivi". Per questa stessa ragione, non vorremmo incontrare uno di questi oggetti troppo da vicino. L'incontro ci sarebbe fatale.
Neutrini
I neutrini sono le particelle che preferisco in natura, ed è per questo motivo che me li sono lasciati per ultimi. Ho dedicato gran parte della mia ricerca a queste creature perché sappiamo molto poco di loro e tuttavia essi promettono di insegnarci molto sulla struttura fondamentale della materia e sulla natura dell'universo.
Molte volte, in vari episodi di Star Trek, su astronavi si usano o misurano neutrini. Per esempio, letture elevate di neutrini sono intese di solito come segni del fatto che ci sono oggetti che percorrono il tunnel spaziale bajoriano. Nell'episodio Il nemico apprendiamo anche che il visore di Geordi La Forge può scoprire neutrini, quando un fascio di neutrini viene inviato a localizzarlo per poterlo salvare da un pianeta inospitale. Ci imbattiamo in un "campo di neutrini" nell'episodio Gioco di potere; il campo interferisce temporaneamente col tentativo di teletrasportare a bordo dell'Enterprise qualche forma di vita criminale non corporea.
L'esistenza dei neutrini fu predetta per la prima volta in connessione con un rompicapo connesso al decadimento dei neutroni. Mentre i neutroni sono stabili all'interno dei nuclei atomici, risulta dall'osservazione che i neutroni liberi decadono in protoni ed elettroni in un tempo medio di dieci minuti circa. La carica elettrica non crea alcun problema perché un neutrone è elettricamente neutro, mentre un protone ha una carica positiva e un elettrone ha una carica negativa uguale e opposta. La somma delle masse di un protone e di un elettrone è quasi pari alla massa di un neutrone, cosicché, in ogni caso, non rimane molta energia libera per produrre nel decadimento altre particelle dotate di massa.
A volte, però, durante il decadimento si osserva che il protone e l'elettrone si muovono nella stessa direzione. Questo fenomeno dovrebbe essere impossibile, poiché ogni particella emessa trasporta quantità di moto. Se il neutrone originario era in quiete aveva quantità di moto zero, cosicché nel decadimento dovrebbe essere emessa anche qualche particella con quantità di moto nella direzione opposta.
Una tale particella ipotetica fu proposta da Wolfgang Pauli negli anni trenta, e fu chiamata "neutrino" da Enrico Fermi. Egli scelse questo nome perché la particella doveva essere elettricamente neutra, per non violare la conservazione della carica nel decadimento, e doveva avere almeno una massa molto piccola per poter essere prodotta con l'energia ancora disponibile dopo l'emissione di protone ed elettrone.
Poiché i neutrini sono elettricamente neutri, e non sono sensibili alla forza forte (che lega i quark e contribuisce alla coesione del nucleo), interagiscono solo molto debolmente con la materia normale. Ma poiché vengono prodotti nelle reazioni nucleari, come quelle che forniscono al Sole la sua energia, sono presenti dappertutto. Seicento miliardi di neutrini provenienti dal Sole attraversano ogni centimetro quadrato del nostro corpo ogni secondo di ogni giornata: un attacco incessante che ha ispirato addirittura una poesia di John Updike. Noi non sentiamo questo assedio dei neutrini perché essi passano attraverso il nostro corpo senza lasciare traccia. In media, questi neutrini solari potrebbero attraversare 10 000 anni-luce di materiale prima di interagire con qualche sua particella.
Se è così, potrebbe domandare qualcuno, come possiamo essere certi che i neutrini esistano altro che in teoria? Beh, la cosa più bella della meccanica quantistica è che essa fornisce probabilità. Ecco perché nel paragrafo precedente ho scritto "in media". Benché la maggior parte dei neutrini possano percorrere 10 000 anni-luce di materia senza interagire con alcuna particella, se si hanno abbastanza neutrini e un bersaglio abbastanza grande, si può essere fortunati da scoprire qualche interazione.
Questo principio fu usato per la prima volta nel 1956 da Frederick Reines e da Clyde Cowan, che misero un bersaglio di varie tonnellate accanto a un reattore nucleare e in effetti osservarono alcuni eventi. Questa scoperta empirica del neutrino (in realtà dell'antineutrino) ebbe luogo più di 20 anni dopo la formulazione dell'ipotesi della sua esistenza, e molto tempo dopo che la maggior parte dei fisici ne aveva accettato l'esistenza.
Oggi usiamo rivelatori molto maggiori. La prima osservazione dei neutrini solari fu compiuta negli anni sessanta da Ray Davis e collaboratori, usando quasi 400 000 litri di detersivo liquido in un serbatoio sotterraneo nella miniera d'oro di Homestake nel South Dakota. Ogni giorno, in media, un neutrino proveniente dal Sole interagiva con un atomo di cloro, trasformandolo in un atomo di argo. Questi sperimentatori hanno avuto il grande merito di rivelare un'alchimia nucleare a un ritmo così basso. In realtà il tasso di interazioni misurato dal loro rivelatore e da tutti i successivi rivelatori di neutrini è diverso dal tasso predetto dalla teoria. Questo "rompicapo dei neutrini solari", come viene chiamato, potrebbe segnalare il bisogno di una nuova fisica fondamentale associata ai neutrini.
Il massimo rivelatore di neutrini nel mondo è in costruzione nella miniera di Kamiokande nel Giappone. Questo rivelatore, che contiene più di 30 000 tonnellate d'acqua, succederà al rivelatore di 5000 tonnellate che fu uno dei due rivelatori di neutrini a vedere un pugno di neutrini provenienti dalla supernova del 1987 nella Grande Nube di Magellano, a più di 150 000 anni-luce di distanza!
Torniamo così là da dove abbiamo cominciato. I neutrini sono uno dei nuovi strumenti che i fisici stanno usando per aprire finestre sull'universo. Sfruttando ogni tipo possibile di rivelazione di particelle elementari, unitamente ai nostri rivelatori elettromagnetici convenzionali, potremmo scoprire i segreti della Galassia molto tempo prima di essere in grado di esplorarla direttamente. Ovviamente, se fosse possibile inventare un rivelatore di neutrini delle dimensioni del visore di Geordi, sarebbe una cosa molto utile!
Per gentile concessione dell'editore Longanesi. Traduzione dall'inglese di Libero Sosio
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