Il senso di una ricerca postumana è, primariamente, comprendere cos’è l’umano. È un passo necessario, doloroso perché obbliga a volgere lo sguardo al passato e anche al presente, innumerevoli millenni sono trascorsi ma l’umanità è sempre uguale a se stessa, come se fosse appena uscita dalle caverne: come si fa, però, a comprendere il futuro se la Storia è una materia sconosciuta, su cui non si è riflettuto a sufficienza? La Storia è risolta dal presente e analizzarlo bene, in funzione dell’accaduto, permette un buon grado di lucidità. E di sano cinismo.
L’accordo tacito che avevo con Delos era scrivere ancora di tecnica, di postumani, di orizzonti di là da venire che, però, fossero già in nuce, visibili in questi tempi di avanguardie tecnologiche in cui l’umanità si appresta a spiccare il grande balzo, in cui la promessa di semi immortalità diviene un’inesplicabile scappatoia verso un’eterna festa, dove la morte appare un pallido simulacro in evanescenza; il mondo perfetto sembra avvicinarsi con i plastici sorrisi di un’età dell’oro che non tramonterà mai più, con le speranze divenute certezze. Sembrano permettere, queste promesse, una spensieratezza che si concretizzerà in una corsa allo Spazio irrefrenabile, perché la vita diventerà lunga come ere e le angosce della morte diverranno diradate, come la nebbia coll’avanzare del giorno. Solo la popolazione aumenterà, a dismisura. La Storia non ha mai affrontato questa vertigine da singolarità e quindi, perché non gioirne?
Queste erano quindi le premesse per riprendere il mio posto in quest’angolo di Delos e tracciare il futuro, così come lo avevo lasciato qualche anno fa. Durante questo periodo di assenza da Pillole del basso futuro avevo maturato, però, alcune condizioni interiori tali da rendermi stanco, disamorato di quel mondo di
estrazione cyberpunk – nel senso che sembrava uscito pari pari da un universo ipertecnologico e caotico, in cui la vertigine del futuro corrispondeva con gli scenari tracciati da William Gibson e compagni. Col passare degli anni avevo avuto, però, la sensazione che le promesse fossero rimaste tali, ferme alle premesse, non ci si muoveva più dallo scenario di longevità e prosperità proposto all’epoca perché semplicemente esso non diveniva reale realtà: così, il Transumanesimo rimaneva sulla carta, il Postumanismo restava una vagheggiata condizione fantascientifica, mentre la supposta libertà in Rete assumeva via via le connotazioni di un incubo distopico, con il controllo strettissimo dei nostri movimenti, atti, parole, immagini e pensieri reso sempre più possibile da una tecnologia usata malissimo, una situazione davvero rivoltante.
Dopo qualche anno, quindi, ci troviamo con la distopia della nostra società peggiorata e le promesse postumane, come dicevamo invece, sono rimaste al palo. La Storia ha ripreso il suo corso naturale e così noi ci troviamo di nuovo immersi nei soliti scenari che si ripetono ciclicamente, pur con variabili diverse. Perciò, riprendere il mio posto qui e incensare il postumanismo, la tecnologia e tutto ciò che è collegato significherebbe fare un’ode implicita alle corporazioni del software, alle agenzie di controllo statali, contribuire nel costruire un mondo di perfezione distopica dove Huxley collocherebbe i nostri peggiori incubi striscianti. E allora dichiaro, brevemente: la tecnologia non ha più fascino ai miei occhi, è plastica cerebrale; così com’è, è infida e dannosa, e l’unico aspetto fantascientifico che possiede è quello di configurare altri modelli strettamente invasivi alla nostra libertà personale. Ci vorrebbe una diffusa coscienza anarchica per debellare questo stato di cose, comprendere quanto il mondo falsamente luccicante possieda inquietanti profondità Fantastiche, prossime a quelle del pantheon lovecraftiano – ovvero un universo governato da entità potenti, antiche e subdole, annidate in sacche quantiche di realtà prossime a noi – in cui sarebbe auspicabile possedere una volontà ferrea per non farsi controllare e combattere quest’oppressione luccicante, farlo con un’intensità elevata che purtroppo ritroviamo solo in pochissimi individui.
L’open source nell’ambito del software è stata l’ultima arma tagliente che abbiamo avuto contro il controllo totale, ma è stata stemperata dalle mode, dall’Iperliberismo, dall’annebbiamento mentale prodotto da deliranti decenni di competizione capitalistica dove erano proposti solo modelli definiti di successo, in cui guadagnare a scapito anche delle persone più care significava – e significa – conquistare il benessere fisico, non certo psichico o mentale. Sono esasperazioni, queste, di modelli sociali in voga da sempre – e qui torna l’importanza di conoscere la Storia – ma non sono mai stati così esacerbati, così affilati e pregni di quel senso di autofagocitamento tale da farmi pensare che presto, questo modello sociale-politico-economico, mangerà anche se stesso dopo aver divorato ogni risorsa disponibile. La soluzione per tale paradigma economico può essere la corsa verso lo Spazio, quindi? La Storia sembrerebbe dire di sì – per lo stesso motivo che ha generato le guerre di conquista dell’antichità, per esempio.
Esplorando tale scenario, la speculazione mentale più banale che mi viene in mente è quella di tipica estrazione cyberpunk: corpi umani potenziati tramite tecnologie prostetiche oppure con espansioni neurali, cerebrali e genetiche, che proiettano l’umanità verso l’incorporeo. Ma essere banali può risultare noioso, per cui proviamo a esplorare un tipo di potenziamento diverso, più in linea con la frontiera che possiamo respirare ora, in questo momento storico: l’uomo quantico.
Un tipo di espansione sensoriale, strutturale, psichica, permessa da una
tecnologia che non dovrebbe differire troppo dalla nascitura computazione quantistica; ovvero, un’esorbitante moltiplicazione di qualità, potenzialità e possibilità di esplorazione di mondi afferenti al nostro, vibranti a una diversa frequenza da far collassare a comando; oppure, ancora, un’umanità posseduta da una capacità di calcolo postumano sterminata, macchine computazionali siderali e biologiche capaci di filtrare dentro di sé l’immensità inestimabile del cosmo a noi riservato, interpolandoci le proiezioni di diversi sistemi dimensionali a noi proibiti.
All’interno della Storia – o della Preistoria – che si ripete, ma in un alveo quantico diverso, vedo sterminati sciamani postumani in grado di interrogare le dimensioni confinanti e lontane; si possono intravedere, così, integrazioni strutturali con la realtà assumendo potenti elementi lisergici, interagendovi anche con le nozioni trascendentali della matematica quantistica: una neoperfezione ingestibile, almeno per adesso, dalle Corporazioni e dai Governi attualmente strutturati, dei Fantastici territori di fuga e di speculazione cerebrale che configurano un paradiso psichico per gli individualisti e spiriti liberi affamati di fame di sé, pregni di libertà e libero arbitrio, di totale assenza di condizionamenti dettati dal marketing o da necessità ultraliberiste. Ecco che allora non è tanto la fuga nello Spazio profondo che può liberare l’umanità dal giogo capitalistico, o dal suo ego crudele e utilitaristico – colonizzare un nuovo mondo con le stesse metodologie usate nel vecchio significa perpetuarne il sistema di controllo – bensì l’operare, l’usufruire di uno shiftamento dimensionale prodotto dalle differenze quantiche, così da percepire illimitati mondi nuovi e incontaminati e adatti alla propria istantanea psiche surreale, un paradiso di traslucenti pareti da cui sbirciare il caos apocalittico che stiamo respirando qui, sulla Terra, in questo scorcio inoltrato di XXI secolo, a soli cento anni dalla Grande Guerra, un abisso di episodi che forse non è mai stato tale negli stessi lassi temporali del passato perché, mai come ora, abbiamo la possibilità di superare la Storia come l’abbiamo sempre conosciuta: andiamo verso le realtà quantiche, non abbiamone paura, è la nostra sola àncora di salvezza perché il Liberismo è sempre stato insito nell’uomo e ora, finalmente, è nella sua fase finale di introiezione del tutto.
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