Lo scorso giugno è scomparso Alvin Toffler, futurologo e autore del bestsellers Lo choc del futuro , e Farhad Manjoo, esperto di tecnologia e giornalista del “New York Times”, nel ricordare Toffler, ha sottolineato in un articolo che ormai non investiamo più sulle previsioni del futuro.
Secondo Manjoo, la futurologia ha perso la sua spinta innovatrice a partire dagli anni Ottanta. La causa è che molti hanno cominciato a spacciarsi per futurologi, senza averne in realtà le carte in regola. Ciò ha avuto l'effetto di screditare la futurologia che, a dispetto dell'assonanza in italiano con la parola astrologia, è in realtà il tentativo di fare previsioni sul futuro adottando un approccio scientifico.
Il giornalista del New York Times ha ricordato anche come uno dei più importanti istituti americani sulla futurologia, l'Office of Technology Assessment, abbia chiuso i battenti nel 1995, ed era stato fondato nel 1972 dal governo statunitense.
Quali sono le cause di questo disinteresse per la futurologia? Sempre secondo Manjoo è perché la gente ha smesso di fare piani per il futuro, non è più capace di andare oltre il presente. Il qui e adesso è l'orizzonte più sensibile della vita di tutti, aggiungiamo noi. Non bisogna meravigliarsi, dunque, se non riusciamo più a immaginare dove stiamo andando se quello che accade è più scioccante del futuro.
Gli affanni della vita di tutti i giorni e le crisi nazionali ed internazionali, divenute molto più reali e vicine all'orizzonte di ognuno di noi, ci impediscono di programmare o anche solo immaginare la vita oltre il tempo presente. Le crisi a livello internazionale abbondano, da quella economica a quella terroristica, fino all'immigrazione, giusto per citare quelle più acute. Se ci pensate, fino a qualche anno fa la crisi di cui più si parlava era quella ambientale, ma oggi qualcuno ricorda ancora il buco dell'ozono?
Ormai siamo saturi anche di tecnologie e non ci sorprendono più di tanto. Eppure dovremmo riprendere seriamente a ripensare al futuro, a come sarà il mondo e la nostra vita fra dieci, trenta, cinquant'anni. Solo così potremmo studiare tutte le possibili variabili e tentare di correggere il tiro.
La fantascienza, che purtroppo viene letta sempre meno, ci aveva già dato una mano in tal senso. Romanzi che negli anni Cinquanta e Sessanta immaginavano il futuro ci hanno comunque preparato a guardarlo con occhi diversi, più attenti. Non dobbiamo però confondere le due cose. La futurologia utilizza strumenti scientifici, approcci che vanno dalla sociologia alla scienza applicata, rigorosamente utilizzati. La fantascienza, invece, specula sul futuro, ma con gli occhi dell'immaginazione, anche quando la scienza è al centro di una storia.
La differenza può sembrare sottile, ma è essenziale. Tant'è che la fantascienza non ha poi predetto chissà quali nuove tecnologie o scenari geo-politici. Tuttavia ci ha messo davanti agli occhi e nella mente scenari di ogni genere, da quelli positivi e progressisti a quelli apocalittici.
Ora che c'è un ritorno d'interesse per la Futurologia, la speranza è che si ricominci a parlare del futuro, dagli scienziati agli scrittori, fino all'uomo comune. E chissà che non se ne giovi anche la fantascienza. In fondo, il primo futurologo era anche uno scrittore di fantascienza. Il suo nome era Herbert George Wells e scrisse un libro il cui titolo era un manifesto della futurologia: Anticipazioni dell'impatto del progresso scientifico e tecnologico sulla vita e sul pensiero umani.
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