Delos 21: Pensiero Stocastico Pensiero Stocastico

di Roberto Quaglia

LA VECCHIA FANTASCIENZA VECCHIA

E LA NUOVA FANTASCIENZA VECCHIA

Roberto Quaglia, ovvero il rappresentante della fantascienza del nostro Paese più famoso all'estero e più sconosciuto in Italia, continua a fare tante domande e a rifiutare tutte le risposte. Ugo Malaguti ha detto di lui: "è un genio".

C'era una volta la nuova fantascienza nuova, e fra le fantascienze, era l'unica che c'era, un po' come Adamo prima che Dio, in vena di malizie, gli rifilasse Eva pronta a farsi sedurre dal serpente. In principio, allora, la fantascienza poteva essere soltanto nuova, o giù di lì. Come sappiamo, la fantascienza si distingue (se proprio vogliamo distinguerla) dalle altre vene della letteratura, in virtù della evidente presa di coscienza, di cui sono intessuti trama e avvenimenti della narrazione, che il mutare delle contingenze renderà il futuro della specie umana assai diverso dal presente che conosciamo. In parole povere, nella fantascienza il momento dell'azione è solitamente spostato nel futuro, dove vigono realtà evolute rispetto a quelle del presente, in modo tale che lo scenario sia tuttavia sempre coerente, plausibile e verosimile. Appena prodotta, una buona fantascienza non contiene assurdità. Ogni elemento frutto di estrapolazione deve mostrare di tenere in debito conto le nozioni a riguardo maturate dall'umanità sino al momento in cui l'autore sta scrivendo il suo pezzo. Fino agli anni quaranta circa, per fare un esempio, era convinzione prevalente negli ambiti scientifici che Marte ospitasse la vita extraterrestre, o che l'avesse ospitata in passato. Tale nozione era frutto di un'erronea interpretazione circa i ben visibili "canali" di Marte, tuttavia si trattava della Verità Scientifica, la stessa Verità che oggi ci spiega il buco dell'ozono (qualcuno l'ha mai visto con i propri occhi? eppure nessuno dubita che esso ci sia) e ci garantisce che la Luna non è abitata dai lunatici. Non c'è da indignarsi, quindi, e neppure da stupirsi, se moltissima fantascienza prodotta in quegli anni desse per scontata l'esistenza dei marziani su Marte. All'epoca, questa era fantascienza nuova e plausibile, perfettamente credibile da chiunque avesse la migliore erudizione scientifica. Quando successivamente la Verità Scientifica negò l'idea dei marziani su Marte, e qualche sonda mandata laggiù confermò sostanzialmente la nuova tesi, improvvisamente tutta la fantascienza scritta negli anni precedenti, nella quale si faceva menzione dei marziani, diveniva - per buona pace degli autori - del tutto inverosimile. Essa quindi d'un tratto non narrava più di un futuro possibile e verosimile, bensì di un futuro impossibile ed inverosimile. Noi sappiamo che la differenza fra la fantascienza buona e quella cattiva sta proprio nel fatto che la prima tratta generalmente di situazioni possibili e verosimili, ancorché aliene rispetto alle contingenze presenti, mentre la seconda non riesce ad evitare di incorrere in situazioni impossibili ed inverosimili, incidenti dai quali emerge, prepotentemente, l'ignoranza dell'autore rispetto alle conoscenze del lettore. E' allora tutta la fantascienza in cui si parla di marziani "cattiva fantascienza"? La risposta è no. Si tratta invece di fantascienza vecchia. Quando essa fu scritta era perfettamente sensato supporre l'esistenza dei marziani, quindi leggittimo darla per scontata senza troppe spiegazioni. Cosa diversa sarebbe sviluppare un tale soggetto al giorno d'oggi. La totale ignoranza dell'autore sarebbe la prima evidenza che si offrirebbe a qualsiasi lettore non del tutto sprovveduto.

Giungiamo quindi alla constatazione che l'unica cosa che distingue la fantascienza vecchia da quella cattiva è il momento storico nel quale essa fu scritta. C'è qualcosa che in questo ragionamento non quadra. Facciamo un esempio: se io oggi mi metto a scrivere un ottimo romanzo, nel quale tuttavia ignoro l'esistenza dei microprocessori per i computer, e parlo invece di immensi calcolatori a valvole (lo fece Asimov nel suo capolavoro L'ultima domanda), ad alcuni astronauti faccio fare un viaggio su un razzo, consentendo loro di sfrecciare per lo spazio a miliardi di chilometri al secondo (se non erro, P.J. Farmer fece proprio qualcosa di analogo nell'ottimo Venere sulla conchiglia), poi subdolamente estrometto di colpo uno dei protagonisti dalla navicella, dove nel vuoto cosmico, indossando soltanto un maglioncino di cashmere, per un pelo non muore di assideramento e si salva trattenendo il respiro fino a quando gli amici non lo pescano riportandolo in extremis dentro la navicella (sotto forma di gag una porcheria del genere fu escogitata da Douglas Adams nel suo best seller Guida galattica per autostoppisti) e magari, da qualche parte, lo scoppio di una bomba atomica innesca una catena a reazione che trasforma il pianeta in una stella (per molti anni Einstein davvero temette che la prima bomba atomica avrebbe fatto fare questa fine alla nostra Terra), il mio libro sarà un libro di fantascienza "buona" o "cattiva"? E' difficile rispondere bene a questa domanda. Personalmente, propendo per la tesi che in tale caso si sarebbe scritto un ottimo (se il romanzo in sé fosse bello) libro di pessima fantascienza.

La fantascienza, quindi, è giudicabile solo sapendo quando fu scritta. La peggior fantascienza di oggi, scritta ai tempi di Verne, sarebbe probabilmente un capolavoro impensabile, così come I promessi sposi, scritto al giorno d'oggi, mai troverebbe editore, né sarebbe neppure utilizzabile per trarne telenovela alcuna.

Il bello e il brutto, tanto per fare dispetto a quelli che sono ossessionati dal bisogno di ordinare tutto secondo questi due antichi e popolari criteri, si rivelano una volta di più categorie del tutto relative.

L'aspetto sul quale vale la pena di soffermarsi di più, però, è quello della buona fantascienza vecchia. I futuri che essa tratteggia, con antica e non più valida competenza, ebbero un giorno piena verosimiglianza. Essi furono in un certo senso futuri "vivi", poiché nulla, allo stato delle conoscenze quando essi furono pensati, era in grado di dimostrare che non avrebbero potuto verificarsi. (parlo, ovviamente, per approssimazioni; in realtà, ogni teoria scientifica può venire contestata in qualsiasi momento, con maggiore o minore pertinenza, dunque qualsiasi idea di estrapolazione fantascientifica è a maggior ragione smontabile da un buon dotto pignolo) Potremmo definire un Futuro Vivo come un futuro carico del proprio potenziale di verificazione. Tali Futuri Vivi, con il trascorrere dei decenni e l'emergere di un'incredibile quantità di nuove nozioni, sono progressivamente invecchiati e deceduti, in parte o completamente. Leggendo con piena cognizione di causa la maggior parte della fantascienza di qualità di mezzo secolo fa (e la totalità di quella mediocre), ci rendiamo fatalmente conto che i futuri allora tratteggiati, in parte piccola, media o totale, non valgono più. Non sono più credibili. Ci è impossibile sospendere la nostra credulità rispetto all'idea che essi possano un giorno verificarsi. La fantascienza vecchia esaurisce così il proprio potenziale di verificazione, o quello del futuro che essa racconta, il che in effetti è la stessa cosa. Se ci si pensa, è una faccenda abbastanza terribile. L'autentico spirito della fantascienza si annida proprio nella capacità di allucinare futuri credibili e plausibili, tolta la quale... cosa rimane? Ciò che è bello rimane bello... o invece no?

Qui ci avviamo ad infognarci in un disdicevole ginepraio di definizioni. Nulla di più sciocco e umano c'è che non la ricerca di un nome da assegnare a qualcosa al fine di comprendere cosa sia. Ma noi essendo - ahinoi - umani, proseguiamo pure con futile baldanza per tale incresciosa via. Quando il potenziale di verificazione del futuro tratteggiato da una fantascienza muore, essa non diventa, dopotutto, cattiva fantascienza, bensì Fantasy Involontaria. Ciò è ovviamente opinabile, e io stesso lo opino fra me e me mentre dico così. Fatto sta che la fantasy - così mi dicono - non pretende di tratteggiare un futuro plausibile, bensì uno scenario coerente rispetto a certe regole arbitrarie fissate con maggiore o minore estro a piacimento dell'autore. Quando il romanzo di fantascienza invecchia, le leggi scientifiche accettate come postulati dall'autore perdono di validità scientifica, trasformandosi spontaneamente in regole inventate di sana pianta (poco importa che all'invenzione abbia contribuito anche il resto dell'umanità, fornendo all'autore quelle regole di fantasia inizialmente ritenute leggi oppure valide teorie scientifiche).

In effetti, a pensare così si nota come qualsiasi storia di fantascienza, prima o poi, ineluttabilmente, fatalmente, è destinata a trasmutarsi in Fantasy Involontaria. Si tratta comunque spesso di una fantasy di notevole qualità, dato che per la concertazione delle regole di fantasia in base alle quali tutto succede si sono adoperati orde di diligenti scienziati contemporanei all'autore, pur essi convinti di stare invece forgiando autentiche verità scientifiche o allucinazioni di similare sorta. Tale Fantasy Involontaria, tuttavia, mostra di essere ben poca cosa nel paragone con la futura Fantasy Involontaria, ovvero con la Nuova Fantascienza buona. Cosa vuol dire tutto ciò? Ben poco, ve lo assicuro. Quando ci si accanisce a voler definire le cose, giustamente si viene puniti con la riduzione dei significati.

La cosa buffa - per non volerla considerare tragicomica - è che un buon romanzo di fantascienza, con il morire del Futuro che esso tratteggia, generalmente incrementa il proprio successo di pubblico. Prendiamo Asimov, un esempio comodo in quanto esemplare e inoltre conosciuto da tutti. I più bei libri di fantascienza di Asimov, scritti negli anni 40 e 50, oggi vendono milioni di copie ed incassano miliardi. All'epoca in cui Asimov li scrisse, nonostante essi fossero apprezzati da parecchi lettori, non producevano che in minima parte il denaro di cui Asimov necessitava per sopravvivere. Ci vollero 17 anni, dopo i suoi esordi letterari, prima che i suoi libri iniziassero a dargli di che mangiare, tanto è vero che negli anni sessanta e settanta, a parte qualche eccezione, Asimov smise per vent'anni di scrivere fantascienza, riprendendo soltanto nei primi anni ottanta, su pressione degli editori, poiché i suoi precedenti romanzi, invecchiati di vent'anni, avevano preso ad incassare un sacco di soldi, ora che i futuri che essi tratteggiavano avevano perso gran parte della loro plausibilità. Ancora oggi, ovunque, troverete la sua celeberrima (ed effettivamente ottima) trilogia della Fondazione, (i tre volumi originali; poi ci sono anche tutti i seguiti) nella quale tuttavia spicca l'incredibile assenza di forme di vita extraterrestri dalla nostra intera galassia (lo stesso Asimov, tempo fa, calcolò in migliaia e migliaia i corpi celesti nella nostra galassia sui quali la vita deve essersi sviluppata), la curiosa inesistenza di computer, la sconcertante unità linguistica in una galassia di milioni di pianeti abitati separati gli uni dagli altri da millenni, eccetera eccetera. Tutto ciò, nulla toglie ad Asimov. Il suo valore fu di scrivere ciò che scrisse quando lo scrisse. Il valore dei Grandi risiede proprio in questo. L'umanità arranca in ritardo, sbuffando ingrata i propri miasmi sui geni che stanno aprendo nuove strade per essa, riconoscendo per vivo qualcosa solo dopo che è morto. Per quanto attiene alla fantascienza, quando un geniale Futuro Vivo è davvero vivo in qualche romanzo, l'umanità è incapace di avere relazione con esso. Quando tale fantascienza invecchia ed il suo futuro muore, l'umanità lentamente e con disgustosa nonché ignobile presunzione inizia a decantarne come se ci fossero quelle virtù che hanno appena smesso di esserci. Questa doverosissima polemica verso l'umanità potrebbe forse sembrare fuori luogo, in questo contesto, soprattutto a qualcuno che - per deficienza personale - fosse ben poco in grado di distinguere tra sé ed il resto dell'umanità. Garantisco però che non è fuori luogo per nulla. E' l'umanità che per propria natura stabilmente si attarda fuori luogo, nonostante questa frase non voglia propriamente dir nulla. Alcuni individui umani sono straordinari nella loro umanità. Ma l'umanità in sé è solo un animale, e chi non ci crede faccia caso a come si comporta.

Ma stavamo parlando di fantascienza.

Un aspetto curioso delle ciance che stiamo andando avanti io a scrivere e voi a leggere, è che con il crescere della produzione mondiale di fantascienza aumenta la quantità dei Futuri Morti e Morituri immaginati. Quindi non solo il Tempo, nel suo implacabile incedere, inghiotte in quel misterioso limbo chiamato Passato gli innumerevoli istanti che si sono succeduti nella realtà, ovvero quelli che furono tutti i Presenti dell'umanità, in altre parole i passati Presenti, ma anche tutti i passati Futuri, opzioni di realtà immaginate alle quali il Tempo ha soffiato via tutta quella potenzialità di verificazione che faceva di esse dei veri Futuri, e non solo un mero fantasticare a tema. Scusate se ogni tanto faccio le frasi così lunghe e astruse, ma altrimenti non mi diverto.

Ciò che sta accadendo nei tempi recenti, o forse no (a me sembra di sì), è che il fenomenale incremento esponenziale delle nozioni che sta accompagnando l'umanità, impone agli attuali scrittori scriventi di fantascienza lacune inevitabilmente crescenti nella loro istruzione. Tutte le scienze progrediscono contemporaneamente ad una velocità insostenibile per l'individuo che ambisca a rimanere aggiornato. Ciò comporta, per tutti gli scrittori di fantascienza, una montante incompetenza in virtù della quale, volenti o nolenti, essi non possono generalmente far altro che scrivere una fantascienza già vecchia in partenza, dato che qualcosa, nella loro estrapolazione, è inevitabilmente già superata o negata dai fatti. Se inoltre ci si aggiunge il fatto che l'umanità (nella veste di pubblico dei lettori), come abbiamo detto poc'anzi, premia con l'acquisto fantascienza nella quale il futuro non sia più troppo vivo, in altre parole mercanzia trita e ritrita, si comprende come la tentazione di scrivere nuova fantascienza vecchia, unita all'incapacità di fare diversamente, di norma oggi si trasformi in realtà. Grottescamente, allora, la vecchia fantascienza vecchia, molto più vecchia della nuova fantascienza vecchia, è tuttavia preferibile a quest'ultima. Generalmente migliore, benché più intrisa di Futuri Morti, resa paradossalmente più viva anche da quegli stessi errori in base ai quali diciamo che è vecchia e morta. Attualmente la tendenza è questa. Chissà cosa succederà a riguardo nei prossimi trecento anni.

Ovviamente, non credo ad una sola parola di quanto detto sinora. Perché l'ho scritto, allora? Beh... e se io avessi ragione? Dopotutto, perché mai avrei scritto qualcosa nella quale neppure credo, se ciò sotto sotto non fosse davvero la verità? E se quanto ho sinora scritto fosse davvero falso, davvero in conclusione rivelerei che è falso, come sto infatti facendo? Ma poi: siamo sicuri che io sarei in grado di ammassare così tanta parole, una dopo l'altra, in un disegno così coerente eppur falso? Il rischio che quanto io ho scritto sia vero è dato dalla difficoltà di mentire in modo così articolato. Più facile è dire la verità. Eppure, non sono convinto, e continuo a non credere ad una parola di quello che ho detto. Voi fate un po' come vi pare. Lo avreste fatto comunque.

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