Agosto 2016: a Rio de Janeiro si svolgono i Giochi della XXXI Olimpiade, l'evento sportivo più atteso dell'anno.
C'entra con la fantascienza? Poco, in effetti. Però può essere l'opportunità per raccontare i rari casi in cui la trama fantascientifica ha intersecato i cinque cerchi.
Gli appassionati italiani di fantascienza (specie quelli di lungo corso) forse ricordano un'antologia apparsa nel nostro paese nel 1985. Urania n. 993, il titolo Le Olimpiadi della Follia. Il volume, curato dalla "premiata ditta" Asimov, Greenberg e Waugh, è la traduzione di The Science Fictional Olympics, pubblicato da Signet negli Stati Uniti e in Canada a giugno del 1984 (poche settimane prima dell'inizio delle Olimpiadi di Los Angeles), anche se va rilevato che l'edizione italiana (l'unica pubblicata oltre a quella nordamericana) contiene solo una parte (nove) dei racconti presenti nell'edizione originale (diciassette).
Nel saggio introduttivo Asimov pone l'accento su una differenza sostanziale tra le Olimpiadi dell'antichità e quelle moderne. Le prime avevano un valore simbolico talmente elevato da indurre, durante il loro svolgimento, la fine di tutte le guerre. Le seconde hanno un valore simbolico talmente elevato da divenire lo specchio dei conflitti e delle tensioni tra le nazioni: si pensi al boicottaggio ad opera degli Stati Uniti e di altre 64 nazioni delle Olimpiadi di Mosca del 1980 (la causa scatenante era stata l'invasione sovietica dell'Afghanistan pochi mesi prima dell'inizio dei Giochi) e il boicottaggio, quattro anni dopo, delle Olimpiadi di Los Angeles da parte dei paesi del blocco sovietico (ad eccezione della Romania).
Venendo ai nove racconti notiamo che questi sono incentrati sulla competizione più che sullo sport. Competizione che, in certi casi, prevede anche la morte come destino degli "atleti" coinvolti. Pertanto, anche se Asimov & co. si sono impegnati nel mettere assieme un'antologia di racconti che coniughino fantascienza e sport, il risultato può dirsi raggiunto solo in alcuni casi. Infatti, per quanto fervida possa essere la nostra immaginazione, è difficile pensare a gare olimpiche in cui si fronteggiano, fino a restare annientati, eserciti di creature simili a insetti (I guerrieri di Kokod di Jack Vance); oppure gare in cui si combatte contro la morte per aggiudicarsi un pezzo di terreno in un pianeta Terra sovraffollato e degenerato: è questa la trama di Corsa a ostacoli di un Robert Sheckley meno "in forma" (termine quanto mai indicato dato l'argomento) del solito.
Preferiamo quindi dare risalto ai racconti in cui il connubio tra fantascienza e sport può dirsi compiuto. Anzi, per restare in tema, appare doveroso comporre un podio di quelli che, a nostro poco autorevole e sindacabile giudizio, possono essere considerati i racconti migliori.
Sul gradino più alto del podio collochiamo il racconto di Arthur C. Clarke Vento dal Sole, in cui lo scrittore inglese conferma di essere tra i più abili nel coniugare scienza e fantascienza. In questo racconto del 1963 (il titolo con cui fu pubblicato era Sunjammer, poi rinominato, in un'antologia che porta lo stesso nome, The Wind from the Sun) si immagina che la radiazione solare venga raccolta da enormi "vele" montate su navicelle, facendo sì che la pressione esercitata su di esse ("vento solare") diventi il loro unico mezzo di propulsione nello spazio. Si svolge così una vera e propria "regata spaziale" che vede protagonisti sette equipaggi, ciascuno impegnato a ottimizzare l'incidenza del vento solare sulle proprie vele per raggiungere per primo il traguardo finale. Osserviamo che le vele solari oggi sono una realtà scientifica: la sonda giapponese IKAROS, lanciata nel 2010, è stata la prima ad averle utilizzate.
Al secondo posto posizioniamo Gli Olimpici (The Olympians) di Mike Resnick. In un futuro remoto la razza umana ha stabilito la propria supremazia nella Galassia. Specchio di questa supremazia sono gli Olimpici, atleti terrestri che hanno il compito di sfidare atleti di altri pianeti risultando sistematicamente vincitori. Il protagonista John Tinsmith ha il gravoso compito di confermare per l'ennesima volta, in una corsa che si svolge al cospetto di uno sterminato pubblico ostile, la superiorità degli atleti terrestri.
La "medaglia di bronzo" va al racconto che apre l'antologia: Psicogioco (Dream Fighter) di Bob Shaw. I combattimenti del futuro non sono basati solo sulle capacità fisiche ma anche (e soprattutto) su quelle telepatiche. I contendenti si sfidano generando con la mente mostri e guerrieri che si concretizzano e combattono davanti al pubblico in una sorta di ring.
Altri esempi di fantascienza olimpica? A fornircene uno è proprio il "Buon Dottore" Isaac Asimov. Il racconto La professione (The Profession, 1957) parla esplicitamente di Olimpiadi. Di seguito l'incipit.
George Platen non riuscì a nascondere, nella sua voce, un fremito di desiderio; era troppo forte, perché potesse reprimerlo.
- Domani è il primo maggio – disse. – Cominciano le Olimpiadi.
Si girò, distendendosi sullo stomaco, e sbirciò il suo compagno di stanza.
Possibile che quello non sentisse proprio niente? Che non gliene importasse niente?
Proseguendo nella lettura ci si accorge che queste Olimpiadi non si basano su gare sportive, ma su prove in cui occorre dimostrare l'abilità nella propria specializzazione lavorativa (una delle prove più "appassionanti" è quella di metallurgia). La posta in palio per il vincitore di ciascuna specialità è l'ambito trasferimento in un pianeta lontano dalla sovraffollata e malsana Terra.
Il fatto che gare del genere possano essere classificate come Olimpiadi è del tutto legittimo: lo stesso Asimov nel saggio introduttivo a Le Olimpiadi della Follia ci ricorda quanto segue.
Noi ci immaginiamo i Giochi Olimpici come gare soprattutto atletiche, ma gli antichi Greci non si limitavano affatto alle gare di muscoli. Essi ritenevano che l’intero corpo, testa e muscoli, fosse importante, e fra le competizioni c’erano anche rappresentazioni di tragedie e di commedie, e la lettura di opere letterarie.
Un altro caso, molto più recente. Antologia 12 inframondi (Urania 1608, anno 2014). Uno dei racconti si intitola Parole che cominciano per N (NWords), opera dello statunitense Ted Kosmatka. La manipolazione genetica consente di ricreare l'uomo di Neanderthal. I nuovi individui faticano a integrarsi (tema quanto mai d'attualità): per distinguerli dal resto della popolazione vengono chiamati "arcaici", "cloni" e infine "fantasmi".
Nel 2033, il primo fantasma venne ingaggiato dalla NFL. Parlava tre lingue. Nel 2035, la linea d'attacco di ogni squadra della lega ne aveva uno: doveva averlo, per essere competitiva. Alle Olimpiadi del 2036 i fantasmi conquistarono la medaglia d'oro nella lotta libera, nel powerlifting, in quasi ogni categoria in cui vennero iscritti. Alcuni individui vinsero l'oro in più sport, in più discipline.
Ci fu una protesta da parte degli atleti che non potevano sperare di competere. Vennero presentate petizioni per bandire i fantasmi dalla competizione. Si suggerì che tenessero una propria Olimpiade, distinta da quella originale.
Il riferimento alle Olimpiadi è solo un passaggio della storia, non è il tema centrale, tuttavia ci è parso opportuno riportarlo.
Altri casi di fantascienza legata alle Olimpiadi sono presenti nel mondo anglosassone, con opere non tradotte nel nostro paese.
Nel 1967 la scrittrice statunitense A.M. Lightner (nota anche come Alice Martha Hopf) pubblicò The Space Olympics. La trama lascia intuire che si tratti di un romanzo per ragazzi: il protagonista (uno dei più forti lanciatori di disco della galassia) scopre che alle Olimpiadi Spaziali, che si svolgono sul pianeta Arcadia, dovrà sconfiggere non solo i propri avversari ma anche pericoli mortali. Resta il fatto che in un'ipotetica classifica delle copertine più brutte della storia della narrativa di fantascienza questa finirebbe con ogni probabilità nelle prime posizioni.
Altro esempio, certamente più noto, è The Games, romanzo d'esordio (2012) del già citato Ted Kosmatka, finalista del Premio Locus 2013 come migliore opera prima. Le Olimpiadi dei Gladiatori sono uno degli eventi più seguiti nella Terra del futuro. I combattimenti hanno un'unica regola: i contendenti non devono possedere DNA umano. Il genetista Silas Williams, responsabile della progettazione della finora imbattuta squadra degli Stati Uniti e preoccupato per i miglioramenti ottenuti dalle squadre delle altre nazioni, ricorre a un nuovo super-computer per progettare il codice genetico di un gladiatore invincibile. Il risultato è una macchina fin troppo evoluta che seminerà panico e terrore.
Ancora fantascienza e Olimpiadi nel racconto della scrittrice sudafricana Lauren Beukes, Slipping, contenuto nell'edizione 2014 di Twelve Tomorrows, interessante antologia della MIT Technology Review curata da Bruce Sterling. Le Olimpiadi immaginate dalla Beukes sono riservate ad atleti resi più abili grazie alla bioingegneria: alla protagonista sono stati rimossi alcuni organi interni per ridurne il peso e sono state applicate due lame per aumentarne la velocità (viene subito da pensare a Oscar Pistorius, peraltro connazionale della Beukes).
Passando dalla carta stampata al piccolo e al grande schermo ci si rende conto che gli esempi di "fantascienza olimpionica" sono piuttosto scarsi. Con un po' di buona volontà potremmo considerare tale The Year of the Sex Olympics, film TV di fantascienza della BBC, considerato il precursore dei moderni reality show; la trama, infatti, vede un gruppo di persone che vive su un'isola remota e affronta diverse prove, seguita costantemente da una troupe televisiva. Siamo nel 1968, lo stesso anno in cui i Giochi di Città del Messico vengono definiti "un'Olimpiade da fantascienza".
Se allarghiamo la nostra indagine al di fuori del contesto olimpico e cerchiamo esempi in cui la fantascienza ha inventato dei veri e propri sport, ci accorgiamo che questi sono numerosi.
In letteratura ci piace ricordarne uno in particolare: la Pallamazza Tedesca, descritta nel celebre Le sirene di Titano (The Sirens of Titan, 1958), secondo romanzo di Kurt Vonnegut. Winston Niles Rumfoord è un miliardario eccentrico amante delle esplorazioni spaziali. Nel corso di uno dei suoi viaggi si imbatte a poca distanza da Marte in un "infundibulo cronosinclastico", luogo in cui le nozioni di tempo e spazio non hanno più senso e dove Winston verrà a conoscenza del senso della vita sulla Terra.
Ecco il passaggio in cui viene raccontato lo sport.
A scuola i bambini studiavano pochissimo, perché la società di Marte non sapeva che farsene di loro. Passavano così quasi tutto il tempo a giocare a pallamazza tedesca.
La pallamazza tedesca si gioca con una palla sgonfia grande come un grosso melone. La palla non è più elastica di un cappello da dieci galloni pieno di acqua piovana. Il gioco somiglia un po' al baseball, con un battitore che manda la palla nel campo dei giocatori avversari e fa di corsa il giro delle basi; e con gli esterni che cercano di prendere la palla e frustrare gli sforzi del corridore. Nella pallamazza tedesca, però, ci sono solo tre basi: la prima, la seconda e la casa base. E il battitore non ha nessuno che gli lanci la palla. Si piazza la palla su un pugno e la colpisce con l'altro. Se un esterno riesce a colpire il corridore con la mazza quando questi è tra le basi, il corridore viene eliminato e deve lasciare subito il campo.
Il responsabile della grande importanza che la pallamazza tedesca aveva assunto su Marte era, naturalmente, Winston Niles Rumfoord, che su Marte era responsabile di tutto.
Sul grande schermo gli sport inventati e posti al centro di film di fantascienza non mancano.
Rollerball, tanto per cominciare. È un film del 1975 diretto da Norman Jewison (di cui è stato fatto un remake nel 2002): in un futuro in cui non ci sono più guerre e crimini, l’aggressività è tenuta a bada con giochi e sport, il più seguito dei quali è il Rollerball. Le squadre sono schierate lungo una pista ad anello, gli atleti si muovono con pattini e motociclette; lo scopo del gioco è centrare con una palla di metallo una buca magnetica.
Il protagonista Jonathan E. (interpretato da James Caan) è impegnato da un lato a disputare con la propria squadra gli incontri del torneo che si concluderà nella drammatica finale di New York, dall'altro a comprendere e a combattere un'oscura cospirazione nei propri confronti.
Nel 1990 Rutger Hauer è il protagonista di Giochi di morte (Blood of Heroes), film in cui le squadre si fronteggiano in uno sport violento e sanguinario, con contatti fisici che rimandano all'hockey e al rugby.
Un altro caso, meno noto, è Futuresport, film TV prodotto dal canale americano ABC nel 1998 e apparso in Italia in DVD. Nel 2025 lo sport più in voga è il Futuresport: molto simile (anche per violenza) all'hockey, con la differenza che gli atleti si spostano sul campo di gioco concavo su hoverboard (gli skateboard a levitazione già apparsi in Ritorno al futuro) e rollerblade.
Alle vicende sportive del protagonista (il campione Tremaine Ramzey, interpretato da Dean Cain) si affianca una crisi internazionale causata dall'Organizzazione per la Liberazione delle Hawaii. A risolvere la crisi sarà proprio una partita di Futuresport.
Lasciamo da parte gli sport violenti e parliamo di un film che non è di fantascienza e che non parla nemmeno di sport. Ma in cui troviamo forse le sequenze più celebri di "sport fantascientifico". Parliamo del Quidditch, lo sport praticato nel mondo magico di Hogwarts e presentato in Harry Potter e la pietra filosofale, il primo film della serie (2001).
Una partita è disputata da due squadre di sette giocatori, che si muovono a bordo di scope volanti. Si usano tre tipi di palle: la "pluffa", che viene contesa dalle due squadre e deve essere lanciata nei tre cerchi posti sui pali alle estremità del campo; i "bolidi", sfere magiche di metallo che hanno il compito di disarcionare i giocatori; il "boccino d'oro", sferetta che deve essere catturata da due "cercatori". La cattura del boccino (che può durare anche più giorni) rappresenta la fine della partita.
Il Quidditch è probabilmente l'unico caso di sport nato in letteratura e divenuto reale. Con alcune ovvie varianti (la scopa non è volante ma è semplicemente tenute tra le gambe degli atleti), il Quidditch è oggi uno sport a tutti gli effetti, con campionati nazionali e internazionali promossi dalla International Quidditch Association.
Veniamo ai telefilm di fantascienza. In Battlestar Galactica le astronavi sono dotate di un'area per il gioco della Triade, un misto tra pallacanestro e rugby che si disputa su un campo con quattro lati. Lo scopo delle due squadre che si fronteggiano è lanciare una sfera d'argento in una delle buche poste su ciascun lato del muro. Nel remake del 2004 il gioco è ancora presente, ma con alcune varianti. Ha assunto il nome di Piramide e si gioca su un campo con tre lati; può essere giocato uno contro uno oppure a squadre. Si segnano punti lanciando la palla nella rete posta al vertice di uno dei tre lati.
Curioso notare che nella serie originale c'è un gioco di carte chiamato Piramide e nel remake un gioco di carte chiamato Triade…
Anche i creatori di Star Trek si sono divertiti a immaginare sport a bordo delle astronavi. L'Anbo-jyutsu, presentato in The Next Generation, è un'arte marziale. I combattimenti si svolgono in un'arena circolare, i contendenti utilizzano come arma di attacco e difesa una mazza che porta a una delle estremità un sensore di prossimità, indispensabile per rilevare la posizione dell'avversario poiché viene indossata una maschera che impedisce la vista.
Siamo giunti al termine di questa carrellata sulle Olimpiadi del futuro e sugli sport inventati dalla fantascienza. La fatica accumulata per provare a immedesimarsi nei protagonisti di questi sport è stata tanta.
È ora di mettersi comodi sul divano e godersi le Olimpiadi. Quelle vere.
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