Star Trek, la serie che oggi chiamiamo classica e che è stata creata da Gene Roddenberry ha cambiato il rapporto tra la fantascienza e la televisione, che fino ad allora si era limitato alla produzione di show per un pubblico prevalentemente adolescente, con titoli come Captain Video (1949-1950) e Space Cadet (1950), con la sola eccezione di Ai Confini della Realtà (1959-64).
Eppure, quando il telefilm venne trasmesso alla tv americana per la prima volta, non riscosse un immediato successo. Anzi, dopo solo tre stagioni televisive e 78 episodi, venne cancellato senza appello dai palinsesti del network. Fu solo grazie alle numerose repliche che sempre più spettatori rimasero affascinati dai viaggi e dalle avventure dell'astronave Enterprise. Tanto che anche chi non ha mai visto il telefilm conosce le famigerate orecchie a punta del signor Spock, adottate anche in numerosi spot e sketch di varietà nazional-popolari.
Il resto è storia: a partire dal 1979 sono stati realizzati tredici film e altri quattro tv-show con nuovi personaggi, rendendo Star Trek non solo un cult mass-mediatico, ma un “mito” di fine millennio.
Quest’ultima affermazione potrà sembrare “esagerata”, ma è in realtà riduttiva se si pensa che questa serie ha conquistato le menti e l’immaginazione di milioni di persone in tutto il mondo. I trekkies, gli appassionati del telefilm, si sono moltiplicati a dismisura ed hanno infatti fondato club in ogni angolo del pianeta.
Individuare ed analizzare i motivi di fondo di un successo di così vasta portata è sicuramente impresa
ardua, ma non impossibile.
Nelle intenzioni del suo creatore, Star Trek doveva essere un prodotto più maturo rispetto agli standard raggiunti dalla produzione televisiva dell’epoca. Roddenberry faticò non poco a trovare i finanziamenti, ricevendo più di un rifiuto da parte dei cosiddetti studios a cui sottopose il progetto.
Nato a El Paso (Texas) nel 1921, Roddenberry ha vissuto all’insegna dell’avventura. Alle scuole elementari, come molti giovani contemporanei, viene “rapito” dalla copertina e dal contenuto di una strana rivista di fantascienza, “Astounding”. Le astronavi disegnate sul pulp-magazine impressioneranno non poco il giovane Gene ne probabilmente incoraggiando in lui la passione per il volo. Dopo il diploma si trasferisce a Los Angeles per frequentare la locale università e studiare Ingegneria Aeronautica e conseguendo al tempo stesso la licenza di pilota. Come molti giovani americani, prende parte alla Seconda Guerra Mondiale, riuscendo a portare a casa non solo la pelle ma anche alcune decorazioni come pilota militare. Nello stesso periodo comincia a scrivere per una rivista specializzata. Finita la guerra viene ingaggiato da alcune compagnie di linea dove dimostra ancora il suo coraggio, salvando i passeggeri del suo aereo precipitato nel deserto della Siria. Entra poi nella polizia di Los Angeles e allo stesso tempo comincia a scrivere testi per alcuni show televisivi, come la serie poliziesca Dragnet. Un modo per conciliare una passione (scrivere) con il lavoro (nella polizia di Los Angeles). In questo periodo, scrive molto e per molte serie e comincia a pensare ad una serie di fantascienza per la Tv. L’idea che elabora è quella di un gruppo di astronauti su di un “carro” delle stelle, intento ad esplorare la Nuova Frontiera dello Spazio. A Roddenberry viene data la possibilità di realizzare un “pilota”: è il claudicante inizio dei viaggi dell’astronave Enterprise e dell’interminabile trek-saga. A bordo dell’astronave l’equipaggio è assai variopinto: tra questi spiccano il Capitano Christopher Pike (interpretato dal Jeffrey Hunter di Sentieri Selvaggi di John Ford), un primo ufficiale donna (chiamata Numero Uno) un anziano dottore ed un ufficiale chiaramente alieno, visto le sue orecchie appuntite. L’episodio pilota, intitolato The Cage, era molto bello, ma fu giudicato dai dirigenti della NBC e da quelli dei Desilu Studios, troppo cerebrale. Fatto inusuale per l’epoca, e non solo, a Rodenberry venne commissionato un secondo “pilota”, divenuto poi l’episodio Where no man has gone before (Oltre la Galassia). Il capitano Pike venne sostituito con il capitano James T. Kirk, interpretato dal giovane William Shatner, mentre al primo ufficiale donna venne preferito l’alieno dalle orecchie a punta Spock (Leonard Nimoy). Questa volta l’episodio – molto più stile “western”, il genere più gradito all’epoca, con epiche scazzottate tra Kirk e l’antagonista – piacque e venne dato il via libera alla serie.
Una volta approvato, lo show si avvalse del fior fiore della fantascienza americana di quel periodo. Diversi episodi furono firmati da autori del calibro di Robert Bloch, Normand Spinrad, David Gerrold, Richard Matheson, Theodore Sturgeon, Harlan Ellison e Frederic Brown. La loro presenza garantì una varietà di esotiche ambientazioni ma anche un profondo studio psicologico di tutti i membri dello straordinario equipaggio: dall’atletico e suadente capitano Kirk all’enigmatico signor Spock, dall’irascibile dottor McCoy (DeForest Kelley) al gioviale ingegnere capo Scott (James Doohan), dalla sensuale Uhura (Nichelle Nichols) ai solerti Sulu (George Takei) e Cechov (wWalter Koenig).
Il continuo alternarsi di scenari (dall’epopea western alle atmosfere peplum, fino al gangster movie e all’horror) fu l’indice di una commistione di generi fino ad allora poco praticata sul piccolo schermo. Scelta dovuta anche alla necessità di riciclare vecchi set di altre produzioni.
L’intera gamma di episodi di Star Trek è lo specchio dei contrasti e delle conquiste della società americana dell’epoca (il conflitto interrazziale, la guerra in Vietnam, il movimento hippie e i fermenti studenteschi, il sogno tradito della Nuova America di Kennedy) ma è anche il desiderio di un futuro fatto di pace, armonia e sviluppo, dove anche i “cattivi” dispongono di un loro codice morale.
L’equipaggio multirazziale e l’esistenza di una Federazione dei Pianeti Uniti, che impone ai suoi affiliati la regola della Prima Direttiva (“mai interferire con le culture inferiori”), si rivelano abili espedienti per tratteggiare un Utopia irraggiungibile e l’esigenza di fornire risposte certe alla continua ricerca di una precisa identità da parte del popolo americano. Tale dilemma emerge in modo drammatico in alcuni episodi (Al di qua del Paradiso; Le Parole Sacre; Il Paradiso Perduto). In particolare, ne Il Paradiso Perduto, il capitano Kirk si imbatte in un popolo simile alle tribù indiane d’America che lo considera un semidio offrendogli in sposa la figlia del capo. Un chiaro riferimento alla leggenda di Pocahontas, dove l’incontro-scontro fra la cultura dei bianchi e quella dei nativi indiani diventa metafora antropologica della fondazione stessa degli Stati Uniti d’America.
Questa filosofia di fondo verrà in parte ripresa In Star Trek: The Next Generation, filtrata però dalle moderne inquietudini del cosiddetto Villaggio Globale. La divertita noncuranza con cui venivano scritti gli episodi della serie classica lascia, però, il posto ad un eccessivo rispetto della verosimiglianza scientifico-tecnologica e ad un esagerato ossequio della Prima Direttiva che ha il sapore del contemporaneo politically correct.
Roddenberry muore il 24 ottobre 1991. Riesce a produrre The Next Generation, ma non le successive serie tratte sempre dall’Universo che aveva creato trent’anni addietro: Star Trek: Deep Space Nine, Star Trek: Voyager e Star Trek: Enterprise.
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