Xan Txtar dilatò la finestra, gettò uno sguardo fuori e rabbrividì.

La nomina a direttore dell’Agenzia per l’Igiene Galattico era stata un grande onore, un punto di arrivo della carriera. Ufficio prestigioso, segretaria sensuale e un appartamento in un quartiere lussuoso di Coral Sesto. Iscrizione al Club dei Funzionari e molti altri benefit.

L’unico problema era il cielo.

Vivere in un pianeta con due soli, quattro satelliti e una micro cometa in orbita fissa gli causava continue emicranie.

Per non parlare della Stazione Arares. Grande come una piccola luna, era stata messa in orbita il secolo scorso. Inaugurata in pompa magna, finanziata con le tasse di tre sistemi solari, non era mai entrata in servizio. L’accusa dell’epoca parlò di gravi errori di progettazione. Dopo un processo durato sessanta cicli nessuno degli imputati poté assistere alla lettura della sentenza. Tutti morti di vecchiaia, tranne l’architetto Direttore dei Lavori. Era un Toriano e quelli della sua razza diventano vegetali, negli ultimi anni di vita. Impossibile chiedere i danni a una pianta grassa.

Vista la mancanza di fondi per la demolizione la stazione era rimasta in orbita. Girava a vuoto, enorme e arrugginita, provocando fastidiose micro eclissi e disturbi di comunicazione.

Txtar rimosse quelle tristi riflessioni. Si grattò con un tentacolo le estremità delle corna, provando un brivido di piacere, poi si sedette, soddisfatto, pronto a una giornata di intenso lavoro.

Nemmeno il tempo di visionare la prima pratica e la porta si aprì di scatto. Luv Byn, il suo assistente, gli venne incontro, rosso e sudato. Biascicò qualcosa di incomprensibile, poi il traduttore universale iniziò a funzionare.

— …rovati ancora, in un ttore riferico.

Txtar si accigliò. — Che diamine stai dicendo?

— Trovati ancora — ripeté con un risucchio sgradevole. — In un settore periferico.

— Trovati, chi?

— Umani! — concluse Luv tutto d’un fiato, roteando i bulbi oculari verso l’alto.

Txtar si alzò in piedi, sbattendo i tentacoli sulla scrivania. Sentì la temperatura interna salirgli rapida.

— Ancora! — esclamò. — Ancora gli umani. Per la Dea, quante volte dobbiamo disinfestare la Galassia per levarceli dalle scatole una volta per tutte? — Aprì un cassetto pieno di ologrammi fluttuanti e ne tirò fuori uno, dilatandolo. Lo osservò e commentò irritato — Non sono passati nemmeno cinque cicli dall’ultimo intervento. Il Governatore di Alderaan Secondo! Si lamentava di una colonia umana scoperta sulla faccia nascosta della sua Luna. Ci è costato sette rotazioni standard di lavoro, e un sacco di crediti.

Luv annuì, agitando le guancie flosce e pelose. — Ricordo. Abbiamo spruzzato veleno nell’atmosfera sino a renderla satura. Su Alderaan, di riflesso, hanno vomitato tutti per una giornata intera.

Txtar si alzò trotterellando per l’ufficio con aria preoccupata. — Non c’è razza peggiore. Li schiacci, li gassi, gli dai esche avvelenate, bombardi i loro pianeti. E niente. Riescono fuori, a distanza di dieci o mille cicli. Si imbucano ovunque. Non puoi abbandonare un sistema per un po’ senza ritrovartelo pieno di umani. Solo gli scarafaggi di Weran sono più prolifici. — fece una pausa cercando di calmarsi, poi chiese. — Dove sono spuntati questa volta?

L’altro inforcò gli occhiali, una recente moda un po’ retrò. — Abbiamo localizzato un nido in un pianeta del ramo periferico della Spirale. Non danno fastidio a nessuno, è una zona in pieno deserto. Però si sa, con gli umani non c’è mai da scherzare.

Txtar aprì una mappa della Galassia. Un piccolo punto rosso lampeggiava proprio all’estremità di uno dei rami periferici.

— Ma che razza di posto è? — borbottò indignato.

— Sistema solare a nove pianeti. Sole di grandezza media. E’ stato scoperto circa diecimila cicli fa da Quetzcoatl, un capitano di ventura al soldo dei sistemi Mayani. Trovò umani abbastanza primitivi, per l’epoca. Costruivano case e piramidi senza un criterio logico. Fu applicata una procedura di civilizzazione, poi le cose finirono male. Qui c’è scritto… — scorse qualche riga, perplesso — che il pianeta alla fine è stato disinfestato da Jawè, circa ottomila cicli fa.

— Da chi?

— Jawè — sillabò Luv intimorito. — Un funzionario dell’area media Galattica. Sono stati sterminati prima con una pioggia di meteoriti poi con un diluvio. Il rapporto parla di operazione riuscita. Non è sopravvissuto nessuno.

Txtar alzò gli occhi al cielo, disgustato. — I diluvi non funzionano mai. Dico mai! Sono stati aboliti apposta. Si salva sempre qualcuno! Gli umani riescono a costruire barchette, sommergibili, abitazioni stagne. Si fanno sbattere dall’acqua su e giù, aspettano che smetta di piovere e alla fine escono e iniziano a riprodursi.

Ripiombò a sedere con uno schianto secco. — Ottomila cicli — sospirò. — Avranno riempito il pianeta, immagino.

— Sei miliardi di unità, in effetti. — commentò cauto Luv.

Txtar respirò a fondo, prima di formulare l’ultima domanda. Temeva già la risposta. Non avrebbe mandato giù una grana come quella di prima mattina. — Hanno già sfarfallato nello spazio? Hanno riempito il sistema di nidi? Dammi una notizia decente, per favore.

— No. A parte qualche passeggiata sul loro satellite non si sono ancora espansi. Se ne stanno tutti concentrati sulla superficie del pianeta. Ma si sa come va, con gli umani. E’ solo questione di tempo.

— Che noi non gli concederemo — concluse Txtar deciso. — Convoca una riunione per domani mattina. Buttiamo giù un piano di intervento. Recupera più informazioni possibili. E portami una vaschetta di gamberi sandoriani fritti. Strappa le antenne, prima. Detesto sentirmeli urlare nel cervello mentre li ingoio.

— Ma si rende conto di quello che ha fatto?

Taxtar si ritrasse, impaurito. Aggressione verbale a parte, era spaventato dalla mole del Primo Ministro per la Salute Globale. I kundariani erano alti quattro metri e larghi altrettanto. E subire una loro sfuriata non era piacevole.

Provò a replicare, abbassando i tentacoli in segno di resa. — Stavo applicando le regole del protocollo standard…

— Protocollo? Lei non guarda i video-giornali! Non è aggiornato! Viviamo in un periodo di forti contrasti. Ha mai sentito parlare degli Animalisti Conservatori? — fece una pausa, risucchiando ossigeno dal collo. — Si oppongono a tutte le operazione di disinfestazione galattica! Mandano navette a tagliare la rotta delle nostre Pulitrici. Si incatenato alle sedi del Ministero. E lei cosa fa? Prepara una flotta armata con gas nervini e armi radioattive per sterminare il pianeta Terra.

Txtar lo fissò stupefatto. — Stiamo parlando di un pianeta infestato da umani. Chi accidenti può simpatizzare per una razza così schifosa?

— Gli Animalisti! Hanno dalla loro i giovani. Denunciano le nostre azioni come crudeli stermini di massa. C’è addirittura gente che apprezza gli uomini. Dicono che vanno protetti. Che siamo tutti creature del grande Architetto Galattico. E scemenze del genere.

Txtar era senza parole. Non avrebbe mai immaginato una cosa del genere. Capì di trovarsi sul filo del rasoio, diviso tra il dovere di ufficio e un pericoloso attentato alla sua carriera.

Si agitò prudente e mormorò — Cosa dovremmo fare, allora?

— Dobbiamo tenerli buoni — esclamò il Primo Ministro passeggiando nervoso per l'ufficio. — Proporrò una campagna stampa a nostro favore. Una roba del genere “l'intervento è necessario ma salveremo parecchi esemplari per lo Zoo Spiralico e per la creazione di una futura riserva“. Organizzi lei i prelievi di esemplari. Naturalmente… — concluse strizzando i bulbi oculari e dilatando il capo — senza svelare agli umani la nostra esistenza.

— Perché? — chiese Txtar. — Tanto disinfesteremo il pianeta. Moriranno tutti.

— Procedura standard — sentenziò gelido il Primo Ministro. — Non voglio correre rischi. Non voglio polemiche. Non voglio guai.

Per la prima volta ridacchiò, con una vibrazione per tutto il corpo. — Fra mezzo ciclo si vota, Txtar. Rinnovo governo e susseguente rinnovo cariche. Mi sono spiegato?

Il messaggio era forte e chiaro.

Il bulbo luminoso si dilatò, sputando l’ennesimo essere umano, nudo e tremante. Hater lo guardò con disgusto, azionò il trasferitore e lo inglobò in una cella. Il sistema sputò l’etichetta olografica sulla consolle.

— Questo qui è giallo — borbottò spuntando una lista. — Devo ancora capire quali esemplari mi facciano più schifo. Ce ne sono di ogni colore.

— Il soggetto è silenzioso, signore. Nessuna crisi isterica. — La voce metallica dell’Intelligenza di Bordo rimbalzò soave nella sala comando.

Hater sospirò. — Meno male. Non sopporto quando vanno in panico.

— Succede solo ai soggetti più civilizzati — suggerì l’Intelligenza. — Prelevati nei grandi agglomerati urbani. Mi permetto di suggerire una procedura diversa, per questi casi.

— Ovvero?

— Invece di aspirarli in casa, durante la notte, o risucchiarli insieme alle loro assurde vetture a combustibile fossile, potremmo attirarli con visioni mistiche.

Hatar aggrottò l’equivalente della fronte in una smorfia confusa. — Mistiche?

— Religiose, signore — l’Intelligenza ronfò come se stesse facendo le fusa. — Dai dati in nostro possesso sappiamo che gli umani adorano una serie di divinità bizzarre. Zeus, Anubi, Enki, Osiride, Giunone e così via. Basterà far apparire olo-visioni di questi Dei prima del prelievo per far credere di essere convocati al loro cospetto. Credo che agevolerà il loro stato d’animo.

— Sappiamo che aspetto hanno, questi Dei?

Il pannello brillò di luce soffusa. — Si signore, le banche dati della prima esplorazione sono disponibili e esaustive. Le divinità, è noto, rimangono le stesse per milioni di anni. Non possono esserci stati cambiamenti.

Hator ci pensò su e poi concluse. — Va bene, procediamo in questo modo. Tutto, pur di finire presto questa missione.

— Licenziato entro due rotazioni? — Txtar divenne di un verde pallido e farfugliò qualcosa di incomprensibile. Poi raccolse le ultime forze e osò chiedere — Perché? Abbiamo eseguito l’operazione come concordato. Prelevato campioni di umani da molte zone del pianeta e portati nello Zoo Spiralico. Certo, qualche dettaglio nel contatto con la popolazione locale non ha funzionato. Le nostre informazioni sulle divinità locali non erano molto aggiornate e hanno causato qualche… disordine. Nonostante ciò mi sento di poter affermare con certezza che la missione è stata un successo.

Il Primo Ministro accese uno schermo con un arto, spuntato chissà come dal costato. Immagini di una folla urlante, piena di cartelli, olofumogeni e armi improprie.

— Vede questo casino? — ringhiò.

Txtar annuì, impaurito. Una Bandariana, ripresa in primo piano, aveva rasato i peli sul petto per formare la scritta “Salviamo la Terra”. Accanto a lei un maschio della stessa specie agitava le ali, mostrando un eloquente “ Governo assassino”.

— Come si può essere così stupidi da sbagliare divinità? Abbiamo causato terrore e suicidi su mezzo pianeta! Gli animalisti se ne fregano dello zoo. Ci accusano di maltrattamenti. Di inganno e sopraffazione. Ormai l’opinione pubblica è tutta dalla loro parte. C’è chi afferma che questa Terra potrebbe essere l’ultimo rifugio della razza umana.

— Magari!

— Stia zitto, idiota! — ruggì il Ministro. — E’ proprio per questo che non possiamo sterilizzare il pianeta. Saremmo accusati di omicidio razziale.

— Per gli umani? — Txtar non credeva alle sue orecchie. Alzò un tentacolo per interrompere il Ministro e urlacchiò — basterebbe elencare tutti i danni che hanno provocato nella Galassia. A partire dall’epidemia di mucosi su Rigel Terzo. La guerra sul Ramo Perduto. Quelle stupide richieste di amicizia via radio che disturbano le nostre trasmissioni, comprese le partite di Teslar. Per la Dea, è una razza che non conosce nemmeno la telepatia. Avvelenano i pianeti che abitano, quando non li fanno esplodere. Chi mai potrebbe…

— Basta. La decisione è presa. Non distruggeremo Terra — Si aprì in un sorriso mellifluo. — Il Consiglio ha già emanato una illuminata direttiva.

— Ovvero?

— Faremo del loro sistema un’oasi protetta. Un Bio-Parco naturale. Organizzeremo gite sul pianeta per sensibilizzare gli studenti. Le Università lo utilizzeranno come spunto per ricerche e tesi di laurea. Tutti saranno contenti. In fondo — concluse — è un infimo sistema in una zona deserta della Spirale. Un posto dove volontariamente non andrebbe mai nessuno. Quindi è la soluzione perfetta. A voi, Txtar, il compito di organizzare la cosa.

— Come?

— Isolandoli, accidenti! Una bolla energetica dal nono pianeta in giù sino al loro piccolo sole. Non conoscono i viaggi spaziali, non se ne accorgeranno neppure. Gli ambientalisti saranno contenti, e noi avremmo bloccato la fonte di contagio.

Txtar si alzò, salutò con un inchino e uscì.

Un bio-parco, pensò con disgusto. Che idea assurda. La Barriera, negli anni, sarebbe costata più dell’intervento di disinfestazione. Uno spreco di denaro pubblico. Scrollò la massa grassa. In fondo, non erano cavoli suoi.

Meglio obbedire e farla finita.

“E ora, per la consueta rubrica scientifica di approfondimento di RAI UNO, una notizia dallo spazio. La NASA ha comunicato di aver perso il contatto con la sonda Voyager 2. La sonda, lanciata nell’Agosto del 1977, aveva superato di recente Nettuno e stava per uscire dai confini del sistema solare. Gli scienziati non sanno spiegarsi l’accaduto. Il veicolo ha semplicemente cessato di emettere segnali. Si ipotizza un impatto con una cometa o uno sciame di meteoriti. I sostenitori dell’esistenza degli alieni, al contrario, sono convinti che sia opera di un intervento extraterrestre.”