Da quando nel 2000 fu lo stesso Bryan Singer con X-Men a stabilire il punto di riferimento del film di supereroi per il XXI secolo, abbiamo avuto alcuni momenti nei quali la trasposizione ha funzionato nel modo perfetto, ossia realizzando sia un'opera cinematografica tutta la sua pienezza, sia un'opera che soddisfacesse i cultori del fumetto. Ossia quella interpretazione che, pur tradendo la lettera in più punti, alla fine apparisse fedele alla sostanza.
X-Men: Apocalisse è uno di quei momenti.
Il film comincia con calma, raccontandoci le origini di Apocalisse (Oscar Isaac), di come sia rimasto seppellito per migliaia di anni, per poi ripresentarci i personaggi a noi noti nel 1983, dieci anni dopo gli eventi visti in X-Men: Giorni di un futuro passato (nella linea temporale degli anni '70 ovviamente).
Charles Xavier (James McAvoy) ha costruito la sua scuola per giovani dotati, in realtà per mutanti che necessitano di guida per imparare a gestire i loro poteri, nella quale al suo fianco è il fido Hank McCoy (Nicolas Hoult). Tra gli studenti più problematici, perché dotati dei poteri più temuti ci sono Jean Grey (Sophie Turner) e l'appena arrivato Scott Summers (Tye Sheridan), ancora spaventato dall'aver scoperto le sue potenzialità, fratello del veterano Alex, dal nome di battaglia Havok (Lucas Till).
Raven Darkholme alias Mistica (Jennifer Lawrence) vaga per il mondo cercando di liberare mutanti oppressi dagli umani in vario modo, e s'imbatte in Warren Worthington III, alias Angelo (Ben Hardy) e Kurt Wagner alias Nightcrawler (Kodi Smit-McPhee).
Erik Lensherr (Michael Fassbender) è operaio di una fonderia in Polonia, ha messo su famiglia e tenta di dimenticare i suoi giorni da Magneto.
Quando Moira McTaggert (Rose Byrne) s'imbatte nel culto di En Sabah Nur e si ritrova coinvolta nel risveglio di Apocalisse, il succedersi degli eventi diventa frenetico. Apocalisse raduna i suoi quattro cavalieri andando a caccia di mutanti: recluta Ororo Munroe non ancora Storm (Alexandra Shipp), Betsy Braddock futura Psylocke (Olivia Munn), Angelo e last but not least… lo stesso Magneto, in cerca di vendetta per eventi che lo stesso film descriverà, ma che i fan potranno immaginare.
Al gruppo di Xavier si unirà, ultimo pezzo sullo scacchiere Peter Maximoff/ Quicksilver (Evan Peters) con un'altra spettacolare dimostrazione dei suoi poteri che da sola varrebbe tutto il film.
Sulla storia c'è in fondo poco di imprevedibile. S'ispira ai quei momenti topici della saga degli X-Men, che negli anni '80 vennero definiti di "Morte e distruzione". Storie che erano l'apoteosi di momenti di accumulazione di eventi nelle quali, a costo di grandissimi sacrifici e di una devastazione senza precedenti (dai quali derivò la battuta di Wolverine sui "segni del passaggio degli X-Men"), i mutanti, odiati e invisi al resto dell'umanità che, pur in mezzo all'evidente pericolo, non si dimentica di dargli la caccia, salveranno il mondo e infrangeranno i sogni di gloria del cattivo. La grande prova che dimostra perché servono gli X-Men.
La grande differenza non è quindi data da cosa viene raccontato, ma da come.
Singer è un grande regista e autore, ma è anche un grande fan degli X-Men. E si vede in ogni scena, perché è resa al massimo del potenziale, con la volontà precisa di riempire gli occhi di meraviglia e stupore visivo, con una resa dei poteri dei personaggi che anche le migliori tavole a fumetti lasciavano solo immaginare, e far sognare a ogni fan di vederla un giorno al cinema.
Il primo fan che Singer vuole accontentare è se stesso, e la cosa va benissimo. Se i primi due episodi, in particolare il primo, dedicavano molto più spazio allo scambio di motivazioni tra i personaggi qui, come capitolo finale di una trilogia, non ci torna sopra se non di striscio, perché a questo punto i tre film vanno visti come tre tempi di una sola produzione. Persino il nuovo cattivo è meno logorroico della media dei cattivi da supereroi, anche se i monologhi non mancheranno.
Un po' di attenzione invece è prestata a Jean Grey e Scott Summers, mostrati qui come giovani incerti, spaventati essi stessi dal manifestarsi del proprio potenziale. Timorosi di fare male e in cerca di una guida. Jean non è ancora conscia neanche della sua femminilità, Scott non è di certo il leader che è destinato a essere.
Se alcuni X-Men sono chiaramente ispirati all'opera di Chris Claremont, altrettanto evidente è che Jean e Scott sono quelli di Stan Lee (presente con il consueto cameo) e Jack Kirby.
Sarà il battesimo del fuoco a fare esplodere il loro potenziale, è sara l'inizio della loro vera formazione. Non più ragazzini, non più studenti, ma X-Men. Ma questa è una storia che forse ci racconterà il futuro, che è tutto da scrivere visto che X-Men: Giorni di un futuro passato ha riscritto la cronologia, rendendo la prima trilogia di Singer storia alternativa.
Singer abbonda di citazioni, di immagini prese di peso non solo dalla mitologia fumettistica, come per esempio Arma-X, una delle più belle storie di Wolverine (sì, Hugh Jackman c'è e sarà semplicemente perfetto nel rendere la furia omicida del nostro ghiottone con gli artigli di adamantio preferito), ma anche a un specifico cinematografico. Non solo perché i ragazzi andranno a vedere il terzo film di una trilogia molto amata, uscito proprio nel 1983, scherzando sul fatto che i terzi capitoli non sono mai all'altezza dei precedenti, con un gioco autoironico, ma anche perché Singer attinge al peplum, al grande cinema di avventura come Indiana Jones (a sua volta citazionistico e derivativo), al disaster movie e all'action, al grande spettacolo che ricorda l'esistenza del campo lungo e lunghissimo, troppo spesso trascurato pensando al futuro passaggio televisivo.
In conclusione, X-Men: Apocalisse raggiunge per spettacolarità i vertici del genere, assieme a una manciata di altri titoli, diventando un punto di riferimento per l'intrattenimento da gustarsi per bene al cinema, anche in 2D.
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