Tramite un telecomando, Synet orientò leggermente la telecamera, nascosta in una plafoniera, per vedere bene al centro della stanza. Il display sulle lenti dei suoi occhiali gli mostrava la ripresa, mentre lui, in mezzo alla folla della sala gioco, fingeva di giocare a una roulette, in cui in quel momento stavano girando assieme una decina di biglie. L'investigatore zoomò sul tavolino per vedere bene la valigetta.
La Eniss compose la combinazione e l'aprì. Dall'interno ne uscì una nuvoletta di vapore condensato. Cristam sollevò un tubo dal suo alloggio antiurto e lo mostrò all'uomo, che lo prese in mano, dopo aver indossato dei guanti neri. Il tubo era in vetro, ne usciva una fievole luce verde, ma il raffreddamento l'aveva appannato e non si vedeva il contenuto.
— Sono perfetti? — domandò l'uomo, scrutando il cilindro, rigirandoselo fra le mani e strofinando la superficie per osservarne l'interno.
— Esattamente come riferito quando ho contattato il tuo collega. Ti puoi fidare.
— Devo fare delle verifiche, vogliamo essere sicuri, naturalmente, che ne valga la pena.
— Come preferisci. Fa gli accertamenti e appura quanto ho dichiarato.
— Se i campioni risulteranno innovativi, saremo certamente interessati a tutta la serie. In quanto tempo me la puoi procurare?
— In pochi mesi, se l'ordine verrà fatto presto. — rispose lei.
— Informerò il vertice. — ripose il tubo nella valigetta e la richiuse, prendendola — Direi che per ora possiamo risentirci, uscirò prima io, tu poco dopo, meglio non farci vedere insieme più di così.
Markoni uscì alla svelta e scomparve alla vista della telecamera.
Synet saltò dalla sedia, gettando delle fiches in giro e facendosi largo tra la folla. Chiese a qualcuno se aveva visto il tipo con il vestito scuro e gli indicarono l'uscita. Markoni era in macchina e stava attraversando la strada, dirigendosi verso il centro città. L'investigatore riuscì appena in tempo a prendere la sua auto e seguirlo da lontano. Il genetista lo condusse fino a una fabbrica, a un paio di chilometri di distanza. Lasciò che lui entrasse dal cancello principale, che si spalancò non appena si presentò davanti.
Synet cercò un posto tranquillo dove parcheggiare, dietro l'edificio. Scavalcò una recinzione. Se era fortunato nessuno avrebbe badato a un intruso apparso nelle immagini delle telecamere di sicurezza. Del resto non avrebbe rubato nulla. In quelle fabbriche di notte non c'erano sorveglianti.
Si arrampicò su di un carroponte ed entrò da una finestra del secondo piano, che riuscì a forzare senza rompere l'intelaiatura. Una volta all'interno si mise a cercare l'uomo. Vide una luce accesa in un angolo, nel retro del grande magazzino. Passando silenzioso fra le ampie scaffalature, intravide due uomini, Markoni e un altro tizio dai capelli rossi in camice bianco. Synet scrutò nella fessura da dietro due grossi scatoloni. Avevano già aperto la valigetta, il secondo uomo annuiva, mentre il primo parlava.
Non poteva sentirli. Stava per prendere un amplificatore auditivo da una tasca, quando vide appena la mano che gli finì sulla bocca. Un'altra mano forte lo afferrò per la camicia e lo sollevò di peso. Mentre veniva trascinato verso l'alto, cercò di agitarsi per liberarsi, ma non riusciva a capire su cosa fare leva per fuggire, succedeva tutto troppo in fretta. Credette fosse giunta la sua ora. Fu trasportato a diversi metri d'altezza, fin sopra un modular, un grande armadio robot per la catalogazione della merce.
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