Nell'autunno del 1966, un direttore editoriale della Novaro ediciones assiste con entusiasmo agli spettacoli teatrali del gruppo “Teatro di avanguardia del Messico”. Contatta dunque il regista, un cileno vagabondo collaboratore di Marcel Marceau, proponendogli di scrivere un serial di fantascienza per la divisione Editorial Temporae.
Non sa in che pasticcio si sta cacciando. Non sa cosa l’aspetta. Non sa di dare il via a una produzione di comics innovativi e fuori di testa.
Tutto questo perché la miccia a cui sta dando fuoco è quella sensibilissima e dirompente di Alejandro Jodorowsky.
Il nostro è in Messico dall’inizio dei Sessanta, facendo la spola con Parigi dove ha studiato pantomima col maestro Étienne Decroux e conosciuto Marceau. Affascinato da filosofia e psicologia, dall’esoterismo e dall’ideologia anarchica, “Jodo” esplora da alcuni anni linguaggi vicini al surrealismo, fondando in uno dei tanti ritorni in Francia il “Movimento Panico” con Arrabal e Topor, la cui poetica traghetterà anche nelle Fábulas pánicas del 1967.
Nel frattempo, la scena del fumetto messicano si rivolge a prodotti di largo consumo, di cui la Temporae rappresenta un’estensione particolarmente popolare. La casa madre Novaro propone a un pubblico di bambini e giovanissimi robuste dosi di comics americani, il prodotto industriale più forte del settore, e dal 1949 distribuisce le creature Disney in America latina, oltre a personaggi comici come Mutt and Jeff, avventurosi come Tarzan o Roy Rogers, fino ai super-eroi della DC Comics Batman e Superman. Non mancano le proposte autoctone, come la longeva versione a fumetti di Fantomas (sottotitolata la amenaza elegante), che riesce a durare dal 1960 al 1991. Ci troviamo in anni di bondismo imperante, rilanciato in USA anche dal fortunato telefilm The Man from U.N.C.L.E., non è perciò tanto strano che il progetto della nuova serie ruoti intorno a un miscuglio di azione, spionaggio e science-fiction.
Almeno nelle intenzioni.
Il contenitore di Anibal 5 appare un comic-book di formato classico, spillato, carta scadente, con una cover fotografica dalla grafica geometrica e moderna. Una pin-up a piena pagina occupa la quarta di copertina e tutto sembra promettere un atmosfera pulp in piena regola, a partire dai fustacci armati seguiti da modelle che presentano l’albo. Con i titoli delle sei storie pubblicate si può però avere il dubbio che le cose non stiano esattamente così. Basta scorrerne qualcuno: Amenaza de las mujeres topo, oppure Las cinco muertes de Aníbal 5, o meglio ancora El hombre-mujer. Roba da poesia automatica alla Soupault.
L’eroe nato nell’ottobre del 1966 si appresta a navigare acque più torbide del consueto, tanto da terminare la sua corsa a metà strada, abbreviando una sequenza che prevedeva in origine 12 numeri. Per la chiusura dell’albo proposto solo tra Messico e Venezuela la casa editrice si trincererà dietro problemi distributivi, ma la ragione vera è la difficoltà di dare spazio alla scrittura eccessiva e visionaria di Jodorowsky, che usa il medium fumetto come laboratorio di idee. Un calderone che troverà pieno sviluppo nel suo cinema e nella produzione fumettistica successiva.
Lo spirito caustico, iconoclasta e sperimentale del Movimento Panico aleggia tra le storie di Anibal 5, strutturato su di un’impalcatura di tipo spionistico/fantascientifico che presto scivola in derive assurde, cariche di simbolismi e sottotesti psicanalitici nati per destabilizzare il lettore con inversioni du sacro e profano, confusione tra i generi sessuali e una violenza catartica mirata a espandere la coscienza.
C’è materiale sufficiente per affondare una “historieta” d’intrattenimento, ma anche per darle un posto nell’enciclopedia del fumetto di Maurice Horn, facendola ricordare dal critico spagnolo Luis Gasca come “la maggiore rivelazione dei comics messicani del suo tempo”.
Complice del progetto ardito e di non facile esecuzione, è la parte grafica di Manuel Moro Cid, un eccellente disegnatore dal tratto aderente ai modelli americani di Frank Frazetta o Wally Wood (e aggiungeremmo anche Neil Adams). Il suo segno di tipo realistico, molto dettagliato, fitto di parossismi estetici che ricordano la Phoebe Zeit-Geist di Frank Springer, contrasta fortemente con la bizzarria delle trame di Jodorowsky, accentuandone lo straniamento. Surrealtà, senso del grottesco e tavole che rompono gli schemi dell’impaginato in spettacolari splash-page non si risparmiano. In alcuni casi, addirittura si vede il disegnatore entrare a far parte del racconto insieme allo stesso sceneggiatore, producendo gustosi siparietti meta-linguistici.
D’altra parte, Jodorowsky afferma chiaramente in un’intervista del 2011 quanto il suo intento fosse di carattere artistico e non commerciale (anzi gratuito) e che Moro, da dipendente poco valorizzato della Novaro, con i deliri di Anibal 5 si era finalmente potuto permettere degli spazi liberatori. Questo, anni dopo, non impedirà che Moro prosegua la sua carriera con successo, messi da parte gli sperimentalismi per diventare prima direttore artistico, poi direttore di produzione della casa editrice.
Chi è, in definitiva, Anibal 5? Ispirato nell’aspetto al prestante attore messicano Jorge Rivero, noto tra l’altro per un ruolo in Rio Lobo di Hawks, questo personaggio è un agente speciale della ALAD (Agencia Latino-Americana de Defensa), la struttura governativa che lo ha reso un cyborg implementandone il corpo con varie risorse tecnologiche. Con il proprio bagaglio artificiale che cresce ad ogni avventura e gli umanissimi appetiti sessuali placati dalle bellezze che incontra, Anibal 5 combatte la nemesi Interterror, un organizzazione capitanata dal nazistoide Barone de Sader (nessuna parentela col Divin Marchese?), un villain che minaccia com’è ovvio di distruggere il mondo.
All’ingrediente Fleming della pietanza, però, vanno aggiunte dosi del più sciroccato Dick, in salsa così lisergica da far sembrare William Burroughs una timida Orsolina.
Il parco delle invenzioni di Jodorowsky, infatti, richiama il clima circense dei primi supereroi DC, surriscaldandolo con elementi tipici del suo background culturale, ricco dell’esoterismo che siglerà il film La Montagna Sacra, aggiungendoci un tocco di Freud e richiami all’estetica pop.
Una rapida immersione nelle storie ci porta a contatto con androidi sadici, uteri meccanici produttori di rinascite multiple, zombies, computers organici, donne-mummia, cambiamenti di sesso e tematiche che non temono di sconfinare nella necrofilia e nei complessi edipici.
La pacchia di qualunque censore.
A smussare la scandalosità di Anibal 5 c’è l’umorismo che permea gli episodi, una caratteristica che tornerà spesso in altri fumetti, come il ciclo dell’Incal. Il pastiche resta comunque troppo intellettuale, sofisticato e in anticipo sui tempi per poter reggere. Per l’ultimo numero viene concessa all’autore una copertina disegnata da Moro al posto delle solite immagini fotoromanzesche. È l’unica grazia. I restanti episodi già abbozzati, non usciranno mai.
Negli anni successivi la traiettoria artistica diJodorowskysi muoverà irrequieta tra teatro, narrativa, esperimenti cinematografici di successo e un progetto ambizioso, Dune, che affonderà sotto le spese di una pre-produzione faronica. In questa sede nasce il sodalizio col disegnatore Moebius, eccelso traduttore grafico delle idee del cileno, e anche la consapevolezza di poter disporre di un linguaggio più duttile ed economico del cinema, con potenzialità visive illimitate.
In Francia, dove il fumetto è inteso come arte, nascono dal ’78 in poi svariati corpus narrativi dove dramma, surrealtà e fantascienza convergono in una dimensione personalissima, attraverso l’apporto di illustratori come Jimenez, Janetov, Cadelo. A Les yeux du chat segue il lungo serial dedicato a John Difool (l’Incal), a cui si agganciano dopo un decennio varie diramazioni dalla saga dei Metabaroni a quella dei Tecno-padri.
Più scanzonato dei propri confratelli dall’afflato epico, il vecchio Anibal 5 torna ad affacciarsi alla ribalta in questo nuovo scenario, ospite di un paese abbastanza spregiudicato per saperne tollerarne gli eccessi.
Giro di boa lavorativo, l’agente speciale degli anni 2000 è passato alle dipendenze di un nuovo ente spionistico, l’O.D.E. (Organizzazione di Difesa dell’Europa), mentre i suoi nemici restano gli stessi improbabili e pittoreschi figuri di sempre, così come non diminuiscono il beffardo umorismo e la componente sessuale, resa più esplicita grazie a un pubblico meno bacchettone di un tempo. È così che, aggiornato nel look, nella linea europea e ironica di George Bess, e nella possibilità di esprimere appieno la propria sensualità irrefrenabile, il focoso cyborg di Jodorowsky riappare in libreria tra il ’90 e il ’92, con due album pubblicati da Les Humanoïdes Associés.
Il ciuffo e le labbra nere del rinnovato Anibal 5 ci ricordano che il RanXerox di Tamburini e Liberatore non è passato proprio inosservato, eppure il vecchio cyborg mantiene ancora il primato di precursore in terreni difficili per un eroe di carta.
I due episodi trovano riscontro a sufficienza per venire ristampati in un edizione integrale nel 2004.
Coerentemente alle tensioni mistiche dell’autore, un personaggio come Anibal non poteva che risorgere dalle proprie ceneri. Per un fumetto, in fondo, finché c’è china c’è speranza.
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