Il primo gruppo di supereroi creato da Stan Lee e Jack Kirby nel lontano 1961 riesce oggigiorno non solo a complicare la vita di bravissimi sceneggiatori, da anni al lavoro nel mondo dei fumetti, ma a creare scompiglio e orrore nel mondo del cinema.
I Fantastici Quattro sono diventati col passare del tempo un gruppo veramente difficile da gestire principalmente perché, tralasciando innumerevoli altri fattori, il concetto innovativo che li ha portati alla ribalta negli anni '60 non è invecchiato affatto bene. Se la leggenda ha un qualche fondo di verità Stan Lee si è buttato sull'idea del quartetto per affrontare con qualcosa di diverso la Justice League of America che in quel momento spopolava ed era chiaramente proprietà della concorrenza, National Comics poi diventata DC Comics. Già si affacciava il principio, il cardine di tutta la narrativa Marvel cioè il supereroe con super-problemi poi portato a maturazione l'anno dopo con Spiderman ma ancora con caratteri abbastanza stereotipati nei personaggi e una eccessiva focalizzazione sull'insieme, sulle dinamiche del gruppo, tralasciando caratterizzazione e profondità.
Abbiamo lo scienziato tutto di un pezzo e con l'intelligenza geniale (Reed Richards), abbiamo la giovane e bella ragazza innamorata perdutamente dello scienziato (Susan Storm), il collerico mostro dal cuore d'oro (Ben Grimm) nonché infatuato della fidanzata del migliore amico ed infine il giovane ed impulsivo scavezzacollo (Johnny Storm). Un intreccio familiare da telenovela, qualche colpo di scena sentimentale che potrebbe rivaleggiare con i reality moderni, una buona galleria di cattivi ed un pizzico di fantascienza potevano bastare per decretare il successo di un fumetto al tempo, non bastano chiaramente al giorno d'oggi anzi, in alcuni casi, possono essere di forte impiccio.
Dan Jurgens, sceneggiatore ed ideatore della sconvolgente Morte di Superman, rivolto proprio all'icona della concorrenza era solito commentare riguardo all'ingombro della continuity, della caratterizzazione e dei poteri del kryptoniano che per molti potevano rappresentare una trappola, per i migliori un'occasione. Per lo stesso Jurgens, per Chris Claremont (conosciuto soprattutto per i suoi X-Men), per Mark Millar e per Scott Lobdell, alcuni talentuosi autori al lavoro su Fantastici Quattro dagli anni '90 ad oggi, in effetti è stato proprio così anche se il fumetto, al suo meglio, non ha mai rivaleggiato con titoli molti più accattivanti come Spiderman o gli Avengers.
Schiacciando l'acceleratore sul lato fantascientifico, approfondendo in modo non banale il passato dei personaggi, lavorando in modo originale sul loro modo di pensare ed utilizzando l'arci-nemesi più riuscita della storia del fumetto, se si esclude Lex Luthor, cioè il Dottor Destino si può portare la storia ad ottimi livelli, si può renderla memorabile aggiungendo alla miscela un pizzico di ironia e di scherzo così rara nella storia del fumetto. Sono tutti elementi non solo fondamentali ma necessari per sfondare nel mondo del cinema contemporaneo, già enormemente sovraesposto dal punto di vista supereroistico.
I Fantastici Quattro della linea Ultimate non hanno avuto successo, a differenza di quello miracoloso degli Ultimates, perché resettando, anche se nel mondo moderno, l'idea di partenza del quartetto e ringiovanendo i personaggi si è tolto spessore a delle figure che ne hanno non solo estremo bisogno ma necessità per sopravvivere. La Ragazza Invisibile sparisce di fronte al carattere ed alla caparbietà di una Susan Storm ben affermata sia come donna indipendente che come motore del gruppo, Reed Richards, se non sfumato dall'ironia e da un pizzico di pazzia, non è altro che un'odiosa copia monocorde dello Sheldon di Big Bang Theory, Ben Grimm non può rimanere depresso e furioso all'infinito ma necessita di una crescita interiore da contrapporre alla monolitica rocciosità esteriore mentre la Torcia Umana, se non gestita in modo corretto, potrebbe evolversi nello stereotipo della popstar senza cervello. Il difficilissimo lavoro di un bravo regista, per riuscire in questo genere di film, consiste quindi nel far emergere tutte le caratteristiche salienti sopra menzionate avendo a disposizione solo una serata. Nessuno alla Fox per ora sembra esserci riuscito, nemmeno Joshua Trank.
Il giovane regista portato alla ribalta da Chronicle, film indipendente proprio di genere supereroistico, ammesso il fatto che si possa dare credito alle voci di diverbi con la casa produttrice e di un successivo rimaneggiamento del lungometraggio, non era comunque la scelta probabilmente più indicata. L'aggiunta di giovani e talentuosi attori come Miles Teller, nel ruolo di un imberbe Mister Fantastic, e Kate Mara (volto famoso di House of Cards) per Susan Storm poteva rivelarsi tanto una scelta indicata, sulla base di una solida sceneggiatura e di una regia innovativa, quanto un'aggiunta di aspettative poi non soddisfatte in un contesto traballante fra esigenze di botteghino e taglio realistico con tocchi dark.
Con i due film precedenti decisamente sottotono sia per storia che per esecuzione, la Fox avrebbe dovuto puntare su qualcosa di rivoluzionario per riuscire a riaffermare la sua presa in modo sicuro sui diritti ceduti dalla Marvel. L'idea del reboot poteva non essere malvagia, qualunque cosa per distanziarsi dai precedenti episodi, soprattutto se non riusciti – Zack Snyder con Superman dopotutto ha fatto centro – è tornato al cuore del personaggio e lo ha rivisitato secondo una visione ben precisa, Trank invece sceglie la strada Ultimate. Non solo il reboot ma anche la regressione dei Fantastici Quattro in un contesto difficilissimo, quello post-adolescenziale, da gestire e che non si adatta per nulla ai personaggi moderni. Aggiungiamo gli onnipresenti militari, nulla di più alieno a qualsiasi storia del quartetto, ed una trama che non solo fa acqua ma è priva di qualsivoglia respiro cosmico o fantascientifico e gli ingredienti per una frittata coi fiocchi ci sono tutti.
È lecito provare a ritornare alle origini, in particolar modo per un reboot, ma non ci si può dimenticare che le origini dei Fantastici Quattro sono nello spazio, nell'esplorazione spaziale non in un laboratorio in cui viene sperimentato il teletrasporto dimensionale, si toglie un elemento difficilissimo da sostituire. Una delle migliori storie del quartetto, ad opera di Jean Giraud (tutti lo conosciamo come Moebius) riesce a riportare sulla Terra quel senso d'immenso che si ha affrontando il cosmo sconosciuto, certamente sono presenti sia Galactus che Silver Surfer, ormai affondato nel precedente capitolo cinematografico, a dare spessore alla trama ma il tutto viene gestito in modo così magistrale e moderno che si sarebbe potuto ottenere una versione sul grande schermo della graphic novel in questione con pochissimi interventi; senza dimenticare che il vero protagonista dell'opera di Moebius è proprio l'araldo di Galactus.
Solitamente quando ti trovi in difficoltà l'ultima risorsa dello sceneggiatore e del regista, in particolar modo se ha voce in capitolo sulla storia, è l'antagonista. Se hai personaggi deboli e non sei riuscito a caratterizzarli in modo adeguato, se ti trovi per le mani una trama che funzionava perfettamente nella tua testa e sulla carta ma non alla resa dei conti, non ti resta che lavorare su di un nemico affascinante in grado di riempire da solo i vuoti disseminati per il percorso.
Togliamo Luthor dall'equazione, dopotutto è della concorrenza e magari potrebbe pure arrivare ad assomigliare ad un malvagio Mister Fantastic, ci rimane il Dottor Destino. Dalle prime Guerre Segrete, e parliamo del 1984, fino ad oggi, nel nuovo ed omonimo crossover in uscita in questo momento sul mercato americano, Destino è in grado di rivaleggiare non solo con i suoi nemici di sempre, Richards e soci, ma con tutto l'universo Marvel.
Già nel 2005 viene utilizzato ma in modo così snaturato da rivelarsi non più di una farsa, Trank lo riporta sulla scena ed apparentemente riesce quasi a peggiorare la situazione, togliendo a Destino quel fascino epico e tragico in grado di portarlo a rivaleggiare con gli eroi nelle preferenze del pubblico, basti pensare alla miniserie Doom 2099 di John Francis Moore e Warren Ellis. Il budget è stato ridotto, la trama riadattata, sicuramente la 20th Century Fox ha la sua parte di colpa in quello che oltreoceano si sta dimostrando un immenso flop commerciale ma il giovane Trank potrebbe esserne tranquillamente altrettanto responsabile. Se si chiedessero infatti un paio di termini per definire i Fantastici Quattro ai lettori storici della serie a fumetti probabilmente “fantascienza” e “cosmica” sarebbero i più ricorrenti, partendo da un realismo crudo con tinte dark, a sentire le dichiarazioni di Trank, non si è di certo sulla strada giusta. Forse per un reboot di Sin City sarebbe stato l'uomo perfetto…
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