Lo ammetto, le premesse di Ant-Man mi lasciavano perplessa. L'idea di un supereroe con il potere di cambiare dimensione e di farsi ubbidire dalle formiche, e la lunghissima e sofferta produzione (il regista e sceneggiatore Edgar Wright ha abbandonato il progetto dopo otto anni di lavoro, a poche settimane dall'inizio delle riprese), non sembravano particolarmente incoraggianti. Sbagliavo. Brillante e autoironico, sorretto da un cast azzeccato e da una trama efficace, Ant-Man è un prodotto per famiglie che può divertire anche il pubblico adulto grazie alla trovata di sposare commedia d'azione e heist movie (sottogenere del poliziesco che ruota attorno a un furto in grande stile, vedasi Il Caso Thomas Crown, La Stangata, Ocean's Eleven – a sua volta il remake di Colpo Grosso, antesignano del genere). In questo caso il (primo) furto è quello che Scott Lang (Paul Rudd, sempre molto convincente) cercherà di mettere a segno quando i suoi tentativi di trovare un lavoro e diventare un padre migliore per sua figlia Cassie vanno a vuoto. Doveva essere un lavoretto facile, ma le cose si complicheranno.
A livello filmico i rimpicciolimenti del protagonista offrono la possibilità dei momenti più cinematici, mostrando quanto i luoghi più quotidiani e banali come un bagno o la cameretta di un bambino possano trasformarsi in mondi incogniti se visti da una prospettiva così diversa. Il punto forte del film non è nelle soluzioni registiche quanto nella costruzione dei personaggi e nelle relazioni che li legano. A tal proposito, Ant-Man è stato accusato di avere un inizio lento; in realtà si prende semplicemente il tempo di presentare e caratterizzare i protagonisti. Dovrebbe essere cosa ovvia ma, in un'epoca in cui un film insensato come Transformers: L'era dell'estinzione supera il miliardo di dollari di incassi, evidentemente non lo è. Qui la sceneggiatura di Edgar Wright & Joe Cornish e di Adam McKay & Paul Rudd (subentrati dopo il cambio di regista) crea un ambiente che sorregge i protagonisti, motiva le loro azioni e ci permette di affezionarsi a loro. Mi ha ricordato Ritorno al futuro, in cui la deprimente vita famigliare di Marty nel 1985, mostrata all'inizio del film, giustifica tutta la fatica che il ragazzo farà per cercare di aiutare i genitori nel 1955. Reed, che da giovane aveva diretto gli speciali dedicati a Ritorno al futuro II e alcuni episodi della serie tv, ha dichiarato recentemente che il film di Zemeckis è stato un'ispirazione importante.
Pur non avendo potuto vedere la sceneggiatura originale di Edgar Wright & Joe Cornish (che Joss Whedon aveva definito "la migliore sceneggiatura che Marvel abbia mai avuto, e la storia più 'Marvel' ma letta"), l'idea di raccogliere in un unico film gli Ant-Man di Pym e Lang è rimasta ed è la soluzione perfetta per accontentare i fan di entrambi i personaggi. Più importante ancora, il tentativo di inserire nell'universo Avengers un nuovo protagonista a questo punto della mitologia prevista dallo Studios può dirsi riuscito. In ultimo, intelligenti i riferimenti al fumetto, soprattutto nella caratterizzazione di Hank Pym (interpretato con gusto evidente da Micheal Douglas), e nel rapporto tra Lang e la figlia. Evangeline Lily investe molto in un ruolo che avrebbe meritato qualche sfaccettatura in più, mentre il Luis di Micheal Peña ruba più di una scena. Peccato solo per l'antagonista, interpretato da un Corey Stoll sempre sopra le righe: un "cattivo" così insulso non lo si vedeva dal primo Star Trek di J.J. Abrams.
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