Leggendo uno studio descritto da un articolo apparso sulla rivista Nature si apprende che Antoine Cully e altri ricercatori dell'Université Pierre et Marie Curie di Parigi hanno ideato un robot di ultima generazione, frutto di un progetto internazionale di ricerca.
Questo robot ha la forma di un grosso ragno a sei zampe, e dispone di un singolare meccanismo di adattamento ai danni che può subire: è infatti in grado, tramite appositi sensori che setacciano lo spazio circostante, di riconfigurarsi e riadattarsi all'ambiente mutato. Ad esempio, nel caso della rottura di una zampa, l'algoritmo del suo computer interno va a verificare i vari schemi di movimento delle zampe rimaste intatte, per ripristinare il più possibile la deambulazione precedente al danno subito. Tiene in considerazione cinque diversi danni alle zampe.
Il suo comportamento sembra rispondere perfettamente al concetto di adattamento su cui hanno le radici la teoria di Charles Darwin, ossia l'idea che gli organismi rispondano alle trasformazioni ambientali evolvendo una forma, una funzione o un comportamento adatto alle nuove circostanze. È questo il modo in cui le informazioni provenienti dall'ambiente vengono elaborate dagli organismi.
Allora, a tutti gli effetti, questo robot sembra candidarsi come un perfetto sostituto degli esseri umani, soprattutto nel caso in cui ci si trovasse in condizioni ambientali improbe: come le profondità oceaniche, i viaggi spaziali, o in mezzo a disastri naturali. Come si vede nell'immagine di fianco il robot automaticamente impara a camminare dopo un danneggiamento valutando su una vasta mappa i possibili movimenti.
I robot umanoidi dei classici della fantascienza di Isaac Asimov, Philip K. Dick, Stanislaw Lem sembrano rimpiazzati da questo robot-insetto capace di autodiagnosticare i danni subiti tramite un algoritmo: un robot proto-animale il cui funzionamento non è dissimile dal celebre meccanismo di stimolo-risposta-rinforzo elaborato in psicologia dai comportamentisti, e rese celebre dal famoso esperimento dello scienziato russo Pavlov con il proprio cane.
Potrebbe un robot del genere, simile ad un animale totalmente addomesticato, sostituire gli esseri umani per compiti di vario genere e natura?
Secondo un'altra ricerca sempre pubblicata su Nature di Michael Browning del John Radcliff Hospital di Oxford, l'ansia sarebbe connessa alla difficoltà o incapacità di far fronte agli eventi avversi, soprattutto se sono già accaduti e potrebbero ricapitare in futuro.
È stato chiesto ai partecipanti volontari ad un test di scegliere tra due forme geometriche visualizzate su un schermo. A seconda della scelta effettuata, i soggetti ricevevano con un certa probabilità una scossa elettrica. Ripetendo più volte il test, i volontari avevano la possibilità di cambiare le proprie scelte sulla base della valutazione delle probabilità di ricevere la scossa elettrica. È risultato che i soggetti con elevati livelli d'ansia erano meno capaci degli altri di riadattare le proprie scelte.
Trovandosi allora in situazioni stressanti, in cui la componente ansia gioca un ruolo determinante, chi tra i due si troverebbe meglio: il robot-ragno adattativo o l'ansioso essere umano postmoderno? Ci troviamo nel mezzo dell'eterna partita a scacchi tra uomo e macchina. Però, quando un robot potrà riadattarsi anche ad un'eventuale perdita del controllo umano, lo scenario potrebbe cambiare e i robot sarebbero forse già divenuti di aspetto androide, riecheggiando i mondi tanto ben narrati dagli autori di sci-fi sopra citati.
Ma nella riposta a queste supposizioni, l'ansia potrebbe portarci a previsioni troppo azzardate sul futuro, senonché drammaticamente ambigue.
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