Una legge fondamentale dello spettacolo hollywoodiano vuole un individuo normale in circostanze straordinarie. Nel motore dei cinecomics Marvel non c’è una lotta tra classi sociali o tra visioni ideologiche: di solito è lo scontro tra l'ordinario e lo straordinario, con il continuo rimescolarsi mimetico delle due forze. Il supereroe calato in circostanze ordinarie completa il giro di valzer. Così osserviamo l’irresistibile divismo di Iron-Man-Tony-Stark-Robert-Downey-Jr che, con la sua armatura robotica e incurante della necessità di tenere l’identità segreta, si concede una colazione a base di ciambelle in un popolare ristorante losangelino. Il concetto viene ribadito alla fine di The Avengers: ritroviamo i nostri eroi che, dopo aver contribuito alla quasi totale distruzione di un'intera metropoli, si accampano in un fast food turco a godersi il giusto rancio dopo una giornata intensa.Si ripropone una ricerca creativa che Stan Lee aveva inaugurato quasi 60 anni or sono cavalcando il fattore umano degli eroi. Supereroi con superproblemi si diceva dei fumetti Marvel dagli anni ’60 in poi. Peter Parker (Spider-man) è uno spiantato pieno di problemi economici. Tony Stark (Iron Man) è un alcolista con importanti preoccupazioni legate alla salute. Bruce Banner (Hulk) è un individuo bipolare con seri problemi psichici. Steve Rogers (Capitan America) è un idealista che ha perso la fiducia nella sua bandiera. Passando alla cerchia DC Comics troviamo Superman e Batman, le cui azioni sono spinte dal dolore di inconsolabili perdite personali. Mettiamoci anche le cadute nevrotiche dei Watchmen.
Dopo anni e anni di successi il filone superomistico ha cominciato a sviluppare riflessioni metalinguistiche e sottogeneri molto specifici. Il “superoreoe con superproblemi” di Stan Lee si è evoluto al punto tale da coincidere con la persona comune, magari un giustiziere solitario e psichicamente tarato. La rivoluzione è cominciata sul finire degli anni '80 con gli epocali fumetti di Alan Moore e Frank Miller: Watchmen e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro. Supereroi sporchi, egocentrici e spesso corrotti. Al cinema la svolta si è avuta nel 2004, con il cartoon targato Pixar Gli Incredibili. La decomposizione del superman tradizionale è completa: la coscienza dell'eroe si frantuma nei componenti di un’intera famiglia, coinvolgendo anche i bambini. Le avventure assumono toni da commedia, quasi parodistici. Le commedie Defendor (2009) e Kick Ass (2010) mettono meglio a fuoco ricodificando sia il concetto di vigilante violento e destrorso, sia la retorica dell'eroe nella vita di tutti i giorni. Protagonisti persone comuni senza superpoteri che decidono di combattere il crimine armati solo del loro entusiasmo. Con le loro alterne fortune, questi outsider sono veri e propri detriti sociali che lottano per il fantasma di una identità.
Nonostante la vena comica, anche in questi film resta intatta la propulsione epica del film tipicamente hollywoodiano: il contrasto tra una prima e una seconda fase nella vita del supereroe, un passaggio da un mondo ordinario ad uno straordinario con approdo a un nuovo equilibrio. La matrice mitica del viaggio dell'Ulisse contemporaneo si riveste di riferimenti presi dalla cronaca e dall'attualità tecnologica. Così, film apparentemente schematici come i fumettoni, hanno qualcosa da dire sulla mobilità sociale del singolo o sul mutamento di un'intera collettività. Eroe e società viaggiano insieme, formano una presa di coscienza dandosi una mano a vicenda.
L’immaginario di questi ultimi 15 anni, fortemente condizionato da eventi luttuosi che preludono a invasioni barbariche e a possibili scontri di civiltà, sembra bisognoso di nuovi impulsi e di nuovi valori condivisi. Valori di quelli che fanno schierare da una parte o dall’altra. Ma non è facile mettere tutti d’accordo. Sono lontani i tempi spensierati in cui il nascente villaggio globale si permetteva di giocare con gli stereotipi culturali. Una delle storie più scorrette di Topolino risale al 1931 e si intitola Topolino e gli zingari. Qui viene sbattuta in copertina l’alterità sotto forma di gitani. All’epoca una pubblicazione mainstream poteva tracciare allegramente delle linee di demarcazione tra noi e loro, tra civiltà e barbarie. Recentemente in Italia, un’annunciata copertina di Topolino che mostrava i personaggi Disney con le matite alzate in segno di solidarietà verso i disegnatori trucidati dai terroristi islamisti è stata ritirata in tutta fretta dall'editore Panini. Non a caso oggi, per parlare di razzismo, la narrativa popolare targata Marvel e DC Comics può far leva su alieni e mutanti, comode e rodate metafore basate su decenni di addestramento.
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