Parlando di Neill Bloomkamp non si può che notare come da District 9 in poi la sua concezione di futuro sia ricalcata sui temi classici della fantascienza, specialmente quelli che riguardano la contrapposizione tra due tipi di società, quella ghettizzata e quella ghettizzante.
Che si tratti di alieni (District 9) o di umani (Elysium) poco importa, ed è quasi inevitabile, dunque, che si arrivi a Humandroid (ennesima traduzione ad libitum dei distributori italiani per l'originale Chappie) dove le due società sono quella biologica (gli umani) e quella tecnologica (i robot).
Ambientato soltanto a pochi anni di distanza dalla nostra attualità, Humandroid descrive un mondo sotto il controllo di droidi della polizia autonomi, chiamati Scouts. “Con loro ci si può ragionare, ma non ci puoi negoziare, non li puoi comandare”, dice Blomkamp.
Con l’intera città sotto la cosiddetta “protezione” dei droidi poliziotti, arriva sulla scena una creazione interamente nuova Chappie, il primo robot dotato di libero arbitrio che prova emozioni. Anch’esso, a sua volta poliziotto, Chappie viene rapito e programmato per una serie di scopi diversi.
Ci sono persone, come Vincent Moore (Hugh Jackman), che vedono il robot pensante come la fine della razza umana, dopo tutto, se una macchina riesce a pensare, a cosa potrebbe servirgli un umano? Ma ci sono altre persone, come il creatore di Chappie ad esempio, Deon Wilson (Dev Patel), che vedono Chappie come una reale forma di vita che vive e respira.
“L’idea era di trovare qualcosa di inumano come un robot – in special modo un robot poliziotto – e dotarlo di caratteristiche umane, al punto di farlo diventare più emotivo degli stessi personaggi umani del film”, dice Blomkamp. “Quello è il punto nevralgico dell’ironia del film – un droide poliziotto che diventa senziente e inizia a mostrare caratteristiche che sono più morali, etiche e coscienziose rispetto a quanto tendano a fare gli esseri umani”.
Simon Kinberg, produttore del film insieme a Blomkamp, ha dichiarato a sua volta: “Neill ha realizzato un action movie che contiene anche una storia drammatica dei personaggi, ma che è anche uno studio su cosa significhi essere umano, cosa significhi essere dotato di intelligenza. La cosa più importante del film è il fatto che il pubblico si innamorerà di Chappie.” “Il film solleva la questione di quando possono i robot essere considerati umani?” dice Sharlto Copley, attore feticcio di Bloomkamp ed interprete di Chappie nel film. “Può esserlo quando è in grado di dipingere o di gradire un certo tipo di musica? Per noi umani lo diventerebbero se avessero dei sentimenti, se potessimo connetterci con una macchina allo stesso modo con cui ci connettiamo con le persone. Penso che questo potrebbe essere il motivo per cui le persone definirebbero le macchine viventi, se potessero provare emozioni allo stesso modo in cui le proviamo noi”.
Copley ha recitato veramente davanti alla macchina da presa, lavorando in ogni scena di fronte agli altri personaggi del film. Questo ha permesso a Chappie non solo di sentirsi un personaggio vero ed autentico, ma ha aiutato anche gli altri attori a recitare al loro meglio. In seguito, in postproduzione, Blomkamp ha lavorato con i maghi dello studio di effetti visivi Image Engine per portare alla vita Chappie, costruendo digitalmente il robot Chappie sulla recitazione di Copley e adattando i movimenti del robot a quelli dell’attore. Le espressioni di Copley sono state di grande aiuto per realizzare il robot il modo in cui Chappie si muove, o si siede, o tiene la testa e perfino la posizione orecchie di Chappie che tanto rimandano ai robot di manga come Appleseed.
In molti film che prevedono la presenza di personaggi creati in computergrafica, i registi scelgono di girare le scene solo con gli attori reali, che devono recitare rivolti verso un punto fisso. Questo non è mai successo in Humandroid. “Non abbiamo mai girato una scena in cui il
personaggio era rappresentato soltanto da una palla da tennis”, dice Kinberg. “Abbiamo sempre girato in maniera realistica e sul momento”.
Copley nota che Chappie non assomiglia a nessuno degli altri ruoli da lui interpretati in precedenza. “Per me è stato interessante dal punto di vista dei movimenti”, dice. “Ho dovuto prestare particolare attenzione ai gesti. L’essenza di Chappie è il modo in cui si muove e in cui reagisce – non necessariamente ciò che dice”.
Sebbene non lo vedremo mai in scena, Copley ha indossato un costume in due pezzi per avvicinarsi al suo personaggio. “Ho indossato una placca sul petto per mantenere le proporzioni tra il mio petto e la schiena, proprio come Chappie”, nota. Questo ha consentito a Copley di capire le dimensioni degli spazi in cui doveva muoversi e come il robot si sarebbe seduto o rimasto in piedi in alcune situazioni. In questo modo, quando un attore afferra Chappie per le spalle o per il petto, le mani dell’attore sono nel punto esatto quando Copley viene rimpiazzato da Chappie per mezzo del computer.
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