La particolarità del romanzo è che è ognuno dei 14 scrittori coinvolti ha preso in carico un personaggio che ha sviluppato. Tu, però, hai curato il tutto. Quanto è stato difficile gestire 14 scrittori e 14 punti di vista diversi?
È stato facile e difficile allo stesso tempo. Il fatto che ciascun autore sia uno scrittore esperto ha ovviamente alleggerito il mio ruolo di coordinatrice, perché sapevo di poter contare su idee originali senza preoccuparmi che la narrazione risultasse piatta. Ogni autore ha avuto la libertà di scegliere il personaggio che più desiderava e con il quale si sentiva più in sintonia, e ne ha sviluppato ruolo e personalità in proprio. Ciascun protagonista è dotato di una personalità complessa, e spesso il modo in cui si presenta nelle prime righe non ne rivela la vera essenza o non spiega perché è a bordo della nave. Tutti, in effetti, nascondono qualche tratto imprevisto. Questo ovviamente ha reso la storia molto più gustosa, perché al di là del “giallo” che si dipana nella trama principale ci sono molti gialli più piccoli che riguardano la personalità o il ruolo dei personaggi. Questa inventiva, tuttavia, ha reso molto difficile il lavoro di coordinamento, perché spesso gli autori consegnavano brani in cui il ruolo del proprio personaggio prendeva una svolta imprevista e per me era un po’ complicato immaginare come inserirlo nella trama senza che ciò avesse ricadute sulle azioni degli altri personaggi, e senza d’altra parte sacrificare l’inventiva degli autori. È stato un lavoro di mediazione molto intenso, ma divertente: spesso non sapevo cosa aspettarmi quando mi arrivavano i brani scritti dai vari autori e non vedevo l’ora di leggerne il contenuto per scoprirlo!
Uno dei principali protagonisti è l’investigatrice Flavia Hadiya Guðmundsdóttir, che è anche una “datamancer”. Tu ti sei occupata di sviluppare questo personaggio. Vuoi descriverlo e spiegarci in dettaglio cosa è un datamancer?
Il mondo che abbiamo immaginato come sfondo al romanzo è sovraffollato, povero di risorse. Per poter mantenere l’ordine sociale è necessario che la gente accetti ciò che ha e non desideri ciò che è impossibile darle. Quindi deve essere contenta di non avere privacy, di mangiare poco e comunque non cibi naturali (la produzione tradizionale non potrebbe bastare per tutti), e non deve avere pensieri autonomi. Si incoraggia la magrezza, il consumo di cibi dietetici e la vita comunitaria, sia reale (la gente vive in “alveari abitativi” e non possiede abitazioni private) sia virtuale (tutti vivono una vita pubblica esibita in un immenso social network, il Living Room, o “salottino”). Tutte queste interazioni virtuali si traducono in realtà in un immenso flusso di dati che viene continuamente monitorato da uno speciale organismo di controllo, i Datamancer. Costoro ricevono costantemente i dati dalla rete globale (la PlaNet) e li inseriscono nel proprio database, filtrandoli secondo le attività extracurriculari di ogni individuo, incrociandoli con i comportamenti politici, i consumi, i log della navigazione in un un continuo e approfonditissimo profiling. Possono così individuare e anticipare comportamenti non ortodossi, anche i più innocenti, che in un pianeta così affollato sono tutti potenzialmente destabilizzanti e pericolosi. Per certi versi somigliano alla Precrime di Ph. K. Dick ma senza implicazioni paranormali.La nostra investigatrice è una di loro, ma anche lei ha i suoi scheletri nell’armadio. La cosa che salta subito agli occhi è che non esibisce il fisico snello prescritto dalle leggi salutiste in vigore nel suo mondo: ha un brutto vizietto, consuma cibo di contrabbando! Cibo “vero”, non salutista, tradizionale e ipercalorico. Inoltre è una solitaria (quasi un peccato sociale), disillusa e sarcastica e le piacciono cose un po’ retrò come le scarpe con i lacci. Insomma, è quasi al limite della dissidenza, ma proprio per questo è la scelta giusta per un’indagine così delicata: poiché non sembra schierata né con l’una né con l’altra fazione non tradirà né l’una né l’altra, o per lo meno è quello che le due fazioni si sono augurate concordando sulla scelta.
Chi ha elaborato la trama principale e come si è svolto il processo creativo della scrittura?
Noi tutti carbonari sentivamo da qualche tempo il desiderio di scrivere qualcosa veramente insieme. Avevamo già prodotto alcune antologie sotto il nome collettivo di Carboneria Letteraria (per esempio Uomini a pezzi, a cura di C. Bertazzoni, Eclisse, 2010, oppure Frittology, a cura di C. Bertazzoni e L. Trenti, Perrone, 2009), e spesso partecipato in gran numero a altre raccolte non esclusivamente carbonare. Si era però sempre trattato di racconti indipendenti uniti da un tema comune. Passare a un romanzo scritto a molte mani era complicato. Come coordinare la scrittura simultanea di tanti autori?
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