Complicato parlare della serie tv Black Mirror senza spoilerare. Specie di White Christmas, un episodio così denso. Questo articolo si focalizzerà sul senso profondo del racconto sforzandosi di non anticipare i suoi fantastici twist che rinverdiscono i fasti di Ai confini della realtà. Come nella fantascienza anni Cinquanta-Sessanta di Rod Serling, i plot e i personaggi ideati e sceneggiati da Charlie Brooker affascinano perché costantemente in fuga da stereotipi e cliché. Questa serie tv britannica targata Channel 4 è dunque l’ideale approdo per tutti quegli appassionati di science-fiction delusi da anni e anni di trame banali e prevedibili. Consigliato per chi cerca qualcosa di completamente diverso. Ne parleremo senza soffermarci troppo su dettagli del tipo chi fa cosa a chi.
Nella serie tv Black Mirror lo spirito di Rod Serling (e di autori come Richard Matheson e Ray Bradbury) rivive nell'audacia del tutto-può-accadere quando aumenta la temperatura di questi elementi: l'utilizzo delle tecnologie allo scopo di sentirsi in controllo del tempo e dello spazio; il soddisfacimento di bisogni individuali legati al piacere; la ricerca del profitto economico sfruttando le emozioni. In un episodio una coppia fa sesso mentre guarda le memorie visive delle migliori performance avute in passato. In un altro una giovane vedova ricostruisce un simulacro del marito dotato di una intelligenza artificiale basata sui pensieri condivisi in passato nel web. In un’altra puntata la gran parte dell'umanità è costretta a vivere in ambienti chiusi dove gli individui pedalano tutto il giorno per produrre energia e guardare programmi audiovisivi di dubbia qualità.
Facile vedere in questi plot tracce della nostra contemporaneità. Nell’ultimo episodio di Black Mirror intitolato “White Christmas” tutti usano gli Z-Eye: l’individuo vive percependo una realtà di fatto aumentata dalla sovraimpressione di interfacce e altri piani audiovisivi in una miscela di suoni, testi, immagini. Il flusso può essere registrato ma anche condiviso dal vivo per interazioni sociali fulminee.
In scena i Google Glass, la realtà aumentata e quei device hardware che oggi promettono una profonda svolta antropologica sul fronte della socialità e della trasmissione delle informazioni. Insomma un Ai confini della realtà per l'evo digitale ma anche un serio tentativo di fare fantascienza sociologica come non si era mai visto (forse solo gli androidi della recente serie tv svedese Real Humans avrebbero qualcosa da dire in merito).
Sebbene la riproducibilità tecnica del vissuto sia un’idea vecchia nella science-fiction letteraria, la sua piena rappresentazione audiovisiva affonda le radici nel vouyerismo dei film di Brian De Palma e vede la luce negli anni Ottanta. Il concept visivo di film come Brainstorm generazione elettronica o Terminator (James Cameron) si affina poi con le affascinanti inclusioni tecno-biologiche di Matrix, di eXistenZ e della specie Borg vista in Star Trek. Il playback condiviso diventa il sale del cyberpunk cinematografico. Il punto più alto di questa fantascienza è Strange Days (ancora sceneggiatura di James Cameron) dal quale Black Mirror eredita il cinismo noir e quel senso di “pornografia dell’elettrotest” che avvolge tutto.
In Black Mirror i “cookie” (da notare che si chiamano allo stesso modo anche quei pezzettini di software che risiedono nei nostri browser e servono a tracciare le mosse dell’utente nel world wide web) sono dei minuscoli dispositivi impiantati nel cranio che fungono da archivio per stoccare tutte le informazioni esperibili tramite gli Z-Eye.
Come si nota in White Christmas di Black Mirror il perturbante sta nel fatto che non si racconta il futuro: le scenografie molto semplici ed un uso calibrato degli effetti speciali (fondamentalmente le interfacce di controllo degli occhi bionici) ci suggeriscono piuttosto un presente alternativo.
Un altro ingrediente accomuna Charlie Brooker al Rod Serling di Ai confini della realtà: il gusto dell'assurdo con quel retrogusto morale da genere horror. In questa fantascienza pubblico e privato si lambiscono e si soppesano con cautela, materia e antimateria sempre sul punto di collassare. Di solito è il profitto economico l’agente perturbante.
A caccia di donne, il timido Harry paga Matt Trent per avere consigli in collegamento telepatico. Il flusso audiovisivo di Harry è (clandestinamente) rimbalzato da Matt a un gruppo di nerd guardoni armati di bibite e popcorn. Il gruppo, così composto, si imbuca ad una festa e comincia l’avventura. Oggi la fruizione della rete in mobilità discioglie nel quotidiano qualsiasi nodo della nostra vita mentale: una curiosità da soddisfare su Google, il bisogno di chiedere consiglio a qualcuno. Attività che si danno per scontate possono diventare il festival del voyeurismo se portate in Black Mirror. In questo mondo ai confini della “realtà aumentata” la privacy è come la luce del giorno per un vampiro e non se ne parla nemmeno di striscio.
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