“L’estremo difensore che affronterà il Male lascerà il corpo sulla Terra. Saranno la sua anima e il suo senno, invece, a combattere nell’immensità dello spazio buio”.
E finì così:
“La lotta tra il Bene e il Male avverrà in un mondo di ghiaccio blu, nella luce biancastra e azzurrina di fronte a un mare vermiglio nella coda di un Astro”.
Ecco la traccia!
Il buon Dumakis ci aveva visto giusto!
Era proprio dalla Cometa di Titan che veniva il Male.
Ma come raggiungere quella parte della coda della Cometa lunga milioni di chilometri indicata nella pergamena di Dumakis?
La strada era una sola: attraversare indenne il Territorio Senza Tempo, quel sentiero incerto che poteva portare sul luogo preciso o su una terra di nessuno perduta nello spazio siderale. Un buco nero dove mi sarei potuto perdere per sempre tra tormenti e deliri.
Il rischio viaggiava su un sottile binario tra la morte e la vita dal quale potevo non tornare mai più!
Ma non avevo scelta. Il mio destino era quello di difendere gli eumani. Ancora una prova estrema, come già avvenuto molti anni stellari addietro, mi attendeva.
Il nastro del libro scorse ancora. Di nuovo la voce atona si espresse:
“Fisserai il terzo occhio nella tua mente. Porterai le braccia nella posizione del profeta e il respiro diverrà di fuoco. Sarà così che il Territorio Senza Tempo ti assorbirà”.
Così si espresse la voce.
In un frangente ripercorsi i lunghi periodi dedicati agli insegnamenti di negromanzia, delle arti e delle scienze passati nel Collegio Secolare.
Abbassai le palpebre e feci fluire le energie potenti dalle parti vitali per slegare le cellule. Quindi interpretai ed eseguii pedissequamente gli esercizi sciamanici contenuti nel Sacro testo.
Frattanto mi giungeva l’eco di voci sguaiate che urlavano oramai tra le sale liturgiche, i corridoi e le scale. La folla inferocita aveva invaso profanando, per la prima volta dalla notte dei tempi, la Torre Sacra.
Vidi dall’esterno nello spazio mistico ancora non violato del divino cimitero dei patriarchi, il mio corpo immobile, racchiuso nel sajo ceruleo.
Ero in piedi in posizione ascetica. Le braccia e le mani erano incrociate sul petto.
Un forte calore mi attraversò fino a diventare insopportabile. La soglia del Territorio Senza Tempo si aprì come in uno sconfinato vortice.
Le essenze del mio senno e del mio animo venivano risucchiate sull’apice altissimo della Torre Sacra. Di lì una vampata abbacinante staccò la mia natura dal tempo presente proiettandomi dal cielo nero all’immensità del cosmo.
La Terra divenne un puntino lontanissimo che scomparve immediatamente.
Sulla coda della Cometa di Titan
Riemersi nel buio freddo dello spazio siderale. Sul suolo vi era una polvere ghiacciata e grigia molto simile per leggerezza e tessitura alla cenere.
Mi guardai attorno ancora sbalordito ma avvinto.
Su una superficie piana si estendeva un intrico di rocce aguzze cristallizzate. Si levavano dal suolo come gigantesche stalattiti dando origine a forme strambe. Sembravano corpi stretti e avviticchiati.
Altre sagome ricordavano sacri totem elevati a oscure deità.
In breve distinsi lontanissimo un immenso opaco bagliore sferico. Una nube fluorescente sembrava proteggerlo. Era il nucleo della Cometa di Titan. Dovevo esserne molto distante. Valutai di trovarmi nella parte terminale della coda del corpo celeste. Lì tutto si colorava di indaco e porpora quando frattali di luce fuoriuscivano dalla lunga scia illuminando a tratti l’oscurità, rilasciando un pulviscolo scintillante.
Guardai il ghiaccio blu cristallino intorno.
La scia della Cometa di Titan era proprio come quella enunciata dal Sacro testo.
Ma quiete e silenzio durarono poco.
Un sibilo minaccioso dal timbro acuto si udì nell’immensa oscurità disseminata dal brillìo delle stelle che minuscole si stagliavano sulla mia testa.
Ero conscio del pericolo che mi aspettava. Ma non avevo idea di come lo Spettro del Dominio si sarebbe presentato né quale forma avesse. Mi guardai attorno senza sapere cosa fare e soprattutto come affrontarlo. Rimasi fermo qualche altro istante. Poi mossi alcuni passi e mi accorsi, guardando il suolo, che non lasciavo alcuna traccia. Non avevo peso né consistenza.
Il suono distorto e senza direzione si fece sempre più acuto da divenire intollerabile. Al contempo nel mio senno cominciarono a riversarsi, come provenissero da un luogo maledetto, frammenti di parole pungenti e salaci.
Non ne capivo il significato.
Via via la lingua e le parole si fecero comprensibili. Provai una nausea fortissima quando i termini mutarono in lamentazioni e iniziarono a giungermi addosso pensieri e immagini infernali.
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