Prologo

(dalla Torre Sacra alla Cometa di Titan)

Tutto si svolse in un tempo pari allo scorrere di pochi granelli di sabbia in una clessidra.

Sulla sommità della Torre Sacra si accese un fulgore e una striscia argentea tracciò una parabola che attraversò il cielo della notte più buia di sempre. In un attimo  la luce  fu assorbita nel profilo della Cometa di Titan.

Follia e terrore tra gli eumani

(II Millennio  dell’Epoca Neomedievale - XV Anno Stellare - Terza notte del Solenne Mese del Fuoco)

La follia e il terrore si erano impadroniti di noi eumani, popolo devoto alla Cometa di Titan. Non c’era lembo di terra che non fosse percorso da fiumi di sangue. In un isterismo collettivo tutti si combattevano. I padri trucidavano i figli, i figli le madri. Bande scatenate saccheggiavano e ammazzavano. Le città bruciavano mentre gli abitanti si fronteggiavano sterminandosi. Nessun lembo del Nuovo Mondo Conosciuto ne era immune e non vi era più nascondiglio sicuro.

Nessuno si poteva fidare più di nessun altro. L’ordine sociale che con fatica avevo costruito vacillava.

Tutto era mutato da quando, in una notte punteggiata di stelle, una meteora – così l’aveva descritta il mio devoto consigliere astropsichiatra, Kasmo Dumakis - aveva impattato sulla Cometa di Titan. Impropriamente definita Cometa, il corpo celeste che aveva ridato luce al Nuovo Mondo Conosciuto, per un inspiegabile prodigio era fermo nel cielo da quindici anni stellari.

La Scoperta

A ognuno dei tredici Dottori delle Scienze che rappresentavano l’intellighentia del Governatorato di Materam – Capitale e primo ceppo autoctono di eumani - avevo assegnato il compito di venire a capo dell’enigma.

E fu proprio quella notte che Dumakis era corso trafelato da me.

- Mio Patriarca della Luce e Grande Sapiente - mi aveva detto genuflesso nella posizione che mi era dovuta da tutti i sudditi - sono venuto a capo dell’arcano. Scrutando in lungo e in largo il cielo con il telencefaloscopio a trattamento matematico ho captato qualcosa che presumo siano “onde encefaliche fredde”. Da quanto mi risulta esse hanno una volontà perniciosa e subdola e provengono da uno spezzone della Cometa di Titan.

- Spiegami meglio Dumakis e solleva il tuo viso da terra - gli intimai.

Ancora confuso dalla scoperta, Dumakis si sollevò e tirò fuori dalla sacca le sue pergamene scientifiche tracciate con punti luminosi.

- Ecco mio Potentissimo – soggiunse - vede questa macchia cristallina che rassomiglia a uno Spettro? L’ho determinata attraverso la captazione dei raggi psichici provenienti dallo spazio. Da questo punto vengono emesse frequenze devastanti per la mente di noi eumani.

- Significa che la Fonte del Male che ci affligge proviene da lì?

- Sì potentissimo, è un Male infido e insidioso che si nutre del senno delle creature. Sono raggi che fanno impazzire le menti con gli effetti spaventosi che vediamo in questi infausti giorni.

- Ma di cosa si tratta, quali entità li emettono e perché? - chiesi.

- Per quello che ho potuto comprendere attraverso le osservazioni e i conseguenti studi, mio Potentissimo, i raggi assorbono le energie degli esseri viventi per alimentare la malvagità della fonte. È una malvagità mutaforma che non conosce confini. Lo comprendo dai flussi cosiddetti “sporchi” da me rilevati.

Prese fiato e aggiunse: - L’entità si nutre prosciugando le creature e tramutandole in esseri crudeli. È una sete che si sazia solo quando gli sventurati divengono inerti e per sempre servi del Male: servi di quello che definirei lo Spettro del Dominio.

Rimasi qualche istante a riflettere sul da farsi. Nel mentre mi volsi a guardare fuori dalla finestra, in preda a un profondo dolore.

Dall’ultimo livello della Torre Sacra - dov’erano ubicate le stanze dalle quali governavo - il panorama era avvilente. Nella notte vedevo lontane le colonne di fiamme e di fumo che si levavano nel cielo e a perdita d’occhio.

Ma avvertii una pesante ostilità alle mie spalle.

Come si fosse concentrata una forza maligna.

Nei mie anni giovanili avevo studiato a fondo la chimica cellulare unita alle variabili comportamentali. Pertanto ero in grado di fiutare gli impercettibili effluvi che  derivavano da un corpo quando avvenivano mutazioni d’umore.

Mi voltai.

Dumakis aveva una grossa lama acuminata che luccicava tra le mani e stava per colpirmi. La sua faccia delirante era deformata in una maschera giallognola. Gli occhi privi di pupille e i capelli diradati sembravano fili d’erba secchi e stopposi. La bocca sbavava  in una smorfia malvagia. I denti lampeggiavano storti e aguzzi.

Mi si avventò addosso come una furia.

- Muori! Tu che sei l’ultimo ostacolo all’affermarsi dello Spettro del Dominio -, ringhiò.

Non mi scomposi.