L’aprì... e rimase a sfogliarlo come incatenato, mentre si chiedeva in che modo un’azienda con sede legale in un’isoletta delle Hawaii e un anonimo indirizzo a Boston conoscesse il suo nome. Poi si sentì lusingato.
Forse persino a quella gente era arrivata notizia dei suoi rivoluzionari esperimenti! Comunque non c’era miglior destinatario per una simile pubblicità, se non lui. La flora che l’azienda reclamizzava era il ‘risultato di strepitosi e testati rimescolamenti genetici’. Piante che dal Dna di lucciole o di pesci degli abissi oceanici prendevano una luminosità notturna. Altre – contaminate con crostacei e coccodrilli – avevano chele, e piccole mandibole con denti come aghi. Altre ancora, da felini riprendevano e sviluppavano un manto peloso (un ‘pelo’ a metà tra fibra vegetale e animale). La Nepenthes alata gymnotus, con Dna ittico, era una carnivora ‘in grado di uccidere le prede con miniscariche elettriche’. Un rivoluzionario girasole, battezzato Heliantus circadianus, incorporava nel centro dell’infiorescenza elementi simili a lancette d’un orologio che durante il giorno mutavano posizione, ‘segnando l’ora’. Ma ciò che dette i brividi a Massimo fu un semplice, banale rampicante: un’edera. Mescolata con Dna umano, era definita Hedera helix sapiens, capace di un ‘rudimentale dialogo sensorio’. Massimo peraltro ritenne pretenziose le parole ‘sapiens’ e ‘dialogo sensorio’, e all’istante decise di ordinare, via email, alcune bustine di semi per sperimentare la pianta ed eventualmente smascherare il bluff’ della Omniaflor: chi meglio di lui poteva sgonfiare trovate propagandistiche in questo settore, se di ciò si trattava?
Giurò a se stesso che avrebbe dato filo da torcere alla Omniaflor.
Il seme dell’Hedera helix sapiens non sembrava diverso da quello della helix normale, notò Massimo a ricezione del piccolo plico: era solo un po’ più scuro e viscido. Tuttavia, piantato il contenuto di un’intera bustina in un angolo libero e in ombra del giardino, nei giorni successivi rimase perplesso notando la capacità di crescita degli esemplari.
- È una pianta aggressiva e infestante - sentenziò Linda guardando il muro già invaso dopo pochi giorni. - Se continua così bisognerà estirparla.
Massimo rispose sorridendo: - Eppure tu non mi conosci ancora. Vedrai come te la sistemo io. Infestante? Avrebbe chiesto i danni alla Omniaflor. Intanto c’era un fatto assurdo: l’Hedera helix sapiens non rispondeva alle sue stimolazioni elettriche. Altro che pianta ‘intelligente’, era proprio ‘deficiente’. Strano, o qualcosa non funzionava. Pensò di attendere, accumulare un cospicuo e ragionato dossier di prove, poi eventualmente rivolgersi a un legale denunciando la truffa.
Una notte Massimo si svegliò. Era buio fitto, perché Linda non sopportava il chiarore dell’alba e serrava gli scuri. Qualcosa gli dava un prurito al naso. Sternutì più volte, si girò dall’altra parte e riprese il sonno. Fu svegliato al mattino da grida isteriche di Linda. Aprì gli occhi. Sua moglie, in vestaglia, era precipitata via dal letto e urlava terrorizzata.
- Ma che succede? - esclamò lui. Linda, cerea, continuava ad additarlo, o comunque additava qualcosa. Solo in quel momento Massimo si accorse del prurito al naso, nuovamente. Si toccò la narice. Fu allora che vide. Dal giardino, strisciando sotto le porte, era giunto sul letto fino a lui un sottilissimo ramo della nuova edera, era risalito per le lenzuola, gli era entrato nel naso e... E cos’altro? Dove arrivava ora, quella specie di sondino? Nei polmoni, nello stomaco? Tentò di tirar fuori il ramo, il che gli provocò un atroce bruciore all'esofago. Inaudito: pareva che la pianta volesse attestarsi dentro di lui. Credé di sognare. Pensò di tagliare il ramo. Poi, però, gli venne un’altra idea.
- Calmati e rimettiti a letto - disse con voce pacata a Linda. - Faccio un controllo e torno subito.
Indossò una vestaglia e uscì nel giardino, avendo cura che il lunghissimo ramo non si inceppasse da qualche parte. Alle forbici e a tagliare avrebbe pensato dopo.
Erano le sette di mattina e fuori era ancora fresco. Incurante, ramo affondato nella narice, Massimo sedette nella solita poltrona e accese il computer, stimolando nuovamente i sensori posti sulla nuova edera, finora rimasti ostinatamente silenti. Passò del tempo... Cinque minuti, quindici? Poi qualcosa accadde.
Qualcosa di nuovo.
Ebbe una sensazione: che la pianta stesse non ‘parlando’, come facevano le altre, ma inviandogli in qualche modo sensazioni. Dall'edera sapiens gli arrivava l’equivalente delle fusa di un gatto. Provò nuovamente a tirar fuori il sottile ramo, ma risentì il dolore acuto. Ebbe un’altra sensazione, anzi un convincimento: non avrebbe mai più potuto togliere ciò che la pianta gli aveva messo dentro. Vide che un altro rametto strisciava sul terreno, si allungava, gli risaliva per le ginocchia, per il torace, il volto, cercava, esitava.
Gli entrò in un orecchio.
Si ritrovò incapace di muoversi, come ipnotizzato da un serpente. - Linda... - chiamò, con voce flebile.
Arrivavano ondate, tsunami di nuove sensazioni, da stordire: un profluvio di stimoli sensoriali noti e mai provati prima, finché Massimo, pur intontito, ebbe una illuminazione. Seppe.
Seppe che c’era stato un immenso Ciclo evolutivo, ed era giunto il tempo. Capì verso cosa avevano teso, per millenni, le sempre nuove tecnologie dell’uomo. Era questo il punto d’incontro conclusivo. E aveva un nome: il Ritorno. Se milioni o miliardi d’anni fa la natura (Una) si era scissa, ora essa, tramite l’Homo technologicus, cercava il ricongiungimento delle sue parti. Ri‑unire ciò che era stato diviso. Le protesi di metalli e di plastiche speciali nel corpo dell’Uomo erano esempi di un’invasione, di una fusione dell’inanimato con il biologico. Ora, con Massimo, tramite il grimaldello dell’ingegneria genetica si univano i mondi vegetale e umano. C’era qualcosa di esaltante in tutto questo: l’epilogo sarebbe stato una simbiosi generale e totale, osmosi, confusione, annientamento, rinascita, saldezza, eternità. Una luce abbagliante verde smeraldo entrò negli occhi di Massimo.
Allora, lentamente, si sollevò dalla poltrona. Lasciò cadere per terra il computer. Senza pensare ad altro seguì il richiamo. Camminò per un’eternità verso il mare verde del muro e quando giunse si tuffò, si seppellì nel cuore più fitto e profondo, felice, sapiente, dell’Hedera helix sapiens.
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