Era l’anno 1966: gli Stati Uniti iniziavano a sprofondare nel pantano del Vietnam, l’Unione sovietica - in piena corsa allo spazio - mandava le sue sonde sulla Luna e su Venere, Mao avviava la sua Rivoluzione culturale in Cina, l’America eleggeva il suo primo senatore nero. Nell’autunno di quello stesso anno iniziava Star Trek. Gene Roddenberry, il suo creatore, l’aveva pensata come una serie “in cui si poteva parlare con più facilità di sesso, religione, Vietnam, alleanze, politica, missili intercontinentali”. Lo poteva fare perché la serie era ambientata nel futuro e perché la Federazione da lui immaginata metteva, con buona pace del patriottismo americano, un capitano wasp – James T. Kirk dell’Iowa – al comando dell’ammiraglia della Flotta, la USS Enterprise. Ma sul ponte dell’astronave c’era Uhura, inequivocabilmente donna e nera; c’era Sulu, chiaramente di origini orientali; e poco dopo sarebbe comparso nientemeno che Pavel Cechov, un russo. La serie originale di Star Trek sarebbe stata negli anni un fondamentale “banco di prova” verso la distensione tra i due blocchi nell’ambito della Guerra Fredda, i cui riflessi più di una volta appariranno nelle puntate della serie e nell’ultimo film con il cast ‘classico’, Rotta verso l’Ignoto.
Già in una delle prime puntate, Balance of Terror (da noi “La navicella invisibile”), il clima della serie si fa bollente. Il titolo stesso dell’episodio cita una delle definizioni-chiave della Guerra fredda: l’equilibrio del terrore. Nel mondo reale, “equilibrio del terrore” è quello instaurato dalla corsa agli armamenti. Nel 1945 gli Usa sganciavano le loro prime bombe atomiche, nel 1948 l’Urss sperimentava il suo primo ordigno. La bomba termonucleare veniva sperimentata dagli americani nel 1952, i sovietici accorciavano le distanze un anno dopo. In breve diventò chiaro che nessuna delle due superpotenze poteva dotarsi di una potenza di fuoco superiore all’avversario, per poter uscire vincitrice da una guerra nucleare. Nel gergo tecnico, l’equilibrio del terrore venne definito MAD: mutual assured destruction, distruzione reciproca assicurata. Un’eventuale guerra termonucleare, in altri termini, avrebbe annientato entrambi i contendenti e probabilmente la stessa civiltà umana.
Quando i primi scienziati, nell’ambito della teoria dei giochi, dimostrarono ai policy-makers dei due fronti il concetto di “equilibrio del terrore”, in qualche modo la guerra considerata inevitabile fu evitata. Nell’episodio, sia Kirk che il Comandante romulano vedono se stessi come pedine di un gioco più grande che non vogliono giocare. “Io e lei siamo dello stesso stampo, capitano. In una diversa realtà, avrei potuto chiamarla mio amico”, confessa il Comandante romulano; e Kirk, parlando con la spia romulana scoperta sull’Enterprise, gli ricorda che la Guerra Romulana “è la loro guerra, non la vostra”, sottolineando che nessuna delle due parti crede in realtà nell’importanza di un conflitto voluto solo dai vertici delle due forze in campo.
In quel fondamentale episodio, i nemici erano – eccezione alla regola – i Romulani. In Errand of Mercy (“Missione di pace” nell’edizione italiana), i nemici sono i Klingon, il cui impero successivamente Roddenberry vedrà meglio prestarsi all’idea del ‘nemico numero uno’ della Federazione. L’intera vicenda permette ai produttori e allo sceneggiatore, Gene L. Coon (uno dei migliori della Serie Classica), di trattare attraverso la fiction il possibile svolgersi reale delle vicende che porterebbero a una nuova, definitiva guerra mondiale. Al centro della disputa c’è un pianeta neutrale, Organia, che la Federazione non desidera cada nelle mani dei Klingon. Kirk ha dunque l’ordine di trattare per giungere a un accordo che ponga Organia sotto il protettorato militare della Federazione, mentre intanto l’Impero Klingon cerca di porre il pianeta sotto il proprio controllo. Così, da un’insignificante vicenda periferica, il quadrante alfa è sull’orlo della guerra generale. Non è difficile rileggere la storia alla luce dei tanti episodi del genere che hanno spesso rischiato davvero di condurre la Terra a un conflitto nucleare su scala globale: la Corea, il Vietnam, l’Afghanistan sono tutti teatri periferici dove le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, si trovano a combattere una guerra ‘a distanza’ per aumentare la propria egemonia. Forse la vicenda di Organia assomiglia, almeno inizialmente, alla vicenda non a caso più vicina cronologicamente agli anni di Star Trek: la crisi di Cuba. Come a Cuba s’installa un regime di tipo comunista e arrivano, implacabili, sull’isola, gli agenti sovietici, così a Organia s’installano i Klingon, instaurando un regime militare con la piena collaborazione organiana. Ciò impone l’inevitabile intervento della Federazione. Nelle parole di Kirk: “Alla fine, la guerra. Non la volevano, ma ora eccola qui”; sono le parole che chiunque, negli anni ’60, avrebbe probabilmente pronunciato di fronte all’esplodere del conflitto Usa-Urss, che la crisi di Cuba rese quasi inevitabile. In Errand of Mercy, i Klingon fanno la loro prima apparizione, ma tutto fa capire che tra l’Impero e la Federazione vigeva da molto tempo uno stato di guerra fredda. La differenza con le vicende reali è che qui i leader di Organia non s’interessano affatto né delle richieste della Federazione né dell’occupazione militare Klingon: non l’hanno voluta, ma non vogliono fare nulla per contrastarla, perché la violenza su Organia è il reato più grave. Kirk, Spock e gli uomini dell’Enterprise sono costretti alla guerriglia, per applicare la politica di rollback che la Federazione, come gli Stati Uniti di allora, attuano per scacciare l’occupazione. Nello spazio, le flotte avversarie stanno per incrociare battaglia, scatenando infine la guerra su vasta scala. Ma alla fine, gli organiani intervengono rendendo inoffensive tutte le armi di entrambe le parti. Nemmeno la rissa fisica viene resa possibile. La non-violenza al massimo grado di applicazione impedisce così che la guerra fredda diventi calda.
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