Nel 1999 una centrale nucleare giapponese venne distrutta a seguito della disastrosa fusione del nucleo. Joe Brody (Bryan Cranston, Argo al cinema e la serie cult Breaking Bad in tv) ancora oggi è convinto che le autorità non abbiano detto la verità su quelle che furono le vere cause di quell’incidente, nel quale perse la vita la moglie (Juliette Binoche, Cosmopolis) e sul quale continua a indagare per conto proprio. Il figlio Ford (Aaron Taylor-Johnson, Kick-Ass 1 e 2) ora vive con la famiglia a San Francisco e lavora come esperto in esplosivi per l’esercito statunitense. Quando riceve una telefonata dal Giappone nella quale viene informato dell’arresto del padre perchè si è introdotto in un’area off-limit, Ford lo raggiunge e viene suo malgrado coinvolto nell’ossessione paterna sui misteri legati alle reali cause dell’incidente di molti anni prima. Ben presto sia lui che il mondo intero scopriranno la verità e si troveranno a dover fronteggiare una massiccia e inaspettata minaccia…
Il rilancio del Re dei mostri sul grande schermo non poteva davvero trovare miglior curatore del regista del 38enne britannico Gareth Edwards, fattosi notare nel 2010 grazie a Monsters, sorprendente opera prima che riesce nell’arduo tentativo di combinare l’intimismo d’essai dei film sulle relazioni sentimentali con il cinema di genere a base di gigantesche e mostruose creature, il tutto realizzato (più che bene) con un budget di meno di un milione di dollari. Tempismo perfetto visto che i dirigenti della Legendary Pictures, casa di produzione molto attiva nel genere fantastico, stavano per l’appunto preparando il rilancio di Godzilla grazie ad un accordo con la Toho, la casa cinematografica giapponese che lo lanciò negli anni ’50 e che ancora ne conserva gelosamente i diritti.
L’imperativo principale era quello di far dimenticare la versione sfornata da Hollywood nel 1998 che al di là degli incassi (un totale di oltre 370 milioni di dollari) alla fine non si era fatta amare né dai fan né dai critici. Questa volta il soggetto di Dave Callahan (The Expendables) è stato trasformato in una vera e propria sceneggiatura da Max Borenstein (Swordswallowers and Thin Men), con qualche contributo alla stesura fornito da David Goyer e Frank Darabont, entrambi rimasti comunque non accreditati. I personaggi umani sono ben delineati e tutto sommato abbastanza convincenti, considerando anche il poco tempo che viene loro dedicato, bisogna infatti non dimenticare che in nei monster-movies le vere e proprie star, quelle per vedere le quali la gente paga il prezzo del biglietto, sono le creature, che finiscono inevitabilmente per prendere il sopravvento e schiacciare tutto il resto.
Nelle mani di Edwards comunque il copione prende vita e si materializza sul grande schermo in modo convincente e coinvolgente, omaggiando necessariamente anche nel restyling l’icona Gojira e al tempo stesso rimamendo fedele al suo stile personale che già avevano reso Monsters la piccola gemma che è (si veda tutta la lunga sequenza notturna sul ponte durante il trasporto delle testate nucleari). Tutto questo pur avendo dei margini di manovra limitati: dal tipo di operazione commerciale che certamente è, dal budget messo in campo (intorno ai 160 milioni di dollari) e in quanto il copione si muove fermamente nel solco ben chiaro tracciato dai filmoni catastrofici anni ’70, basti pensare alla sequenza da manuale dell’attacco all’aeroporto di Honolulu. I clichè imposti dal genere comunque vengono però gestiti senza offendere troppo l’intelligenza dello spettatore e senza gli eccessi di retorica familista e/o militarista che si sono dovuti sopportare in altre occasioni. Edwards sembra risentire dell’influenza del cinema spielberghiano anni ’70: non è schiavo del ritmo frenetico a tutti costi, come in Lo squalo il mostro non si vede mai se non dopo la metà del film, a tutto vantaggio della crescente suspence, e come in Incontri ravvicinati del terzo tipo i protagonisti si trovano a sfidare le autorità che cercano di mantenere all’oscuro la popolazione occultando importanti informazioni.
Abbiamo dunque trovato un nuovo regista devoto al cinema fantastico, di cui Edwards si confessa fan sin da bambino, dal quale aspettarci altre grandi cose per il futuro? Sembra proprio di sì, stando perlomeno a giudicare da questi suoi primi due film per il grande schermo: speriamo che si mantenga su questi livelli e non faccia poi, appunto, come Spielberg i cui folgoranti primi anni si sono poi andati progressivamente appannando. A dar man forte al regista, che per Monsters aveva fatto molte cose da solo, stavolta ci sono tutta una serie di professionisti di primo piano nei vari aspetti tecnici (fotografia, scenografie, musiche eccetera), molti dei quali vincitori o candidati ai premi Oscar. Sul versante effetti visivi (impeccabili) hanno lavorato duro compagnie come le britanniche Moving Picture Company e Double Negative, oltre alla neozelandese Weta Digital e l’americana The Third Floor che ha curato tutta la parte di previsualizzazione. Il tutto sotto il coordinamento del supervisore agli effetti visivi Jim Rygiel (la trilogia Il signore degli anelli), affiancato per gli effetti visivi aggiunti nientemeno che da un altro premio Oscar, il mitico John Dykstra (Guerre stellari).
Tutto questo gran spettacolo di impressionanti effetti speciali e creature torreggianti (la conversione in 3D aiuta a rendere meglio la scala delle dimensioni) intrattiene e fa spalancare gli occhi di adulti e bambini senza tradire il monito che risale al Godzilla originale e che Edwards oggi ben attualizza col suo cinema di mostri come simbolo di una natura molto più grande e potente di noi, che l’umanità non riesce mai pienamente a comprendere e che spesso ha l’illusione di poter controllare.
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