Nel 1976 su un numero speciale della rivista malagutiana Nova Sf, dedicato interamente ad autori italiani (numero rimasto unico e storico), era apparso un mio romanzo breve: Attentato all’Utopia. Mi venne l’idea di chiedere se fosse possibile avere una recensione, anche breve, a un notissimo quotidiano barese. L’invio di una copia del volume con lettera annessa si rivelò inutile, e dopo un paio di mesi mi presentai di persona. Fui ricevuto da un segretario al quale spiegai nuovamente la faccenda, lasciando una seconda copia del volume. Trascorse un bel po’ di tempo: nulla. Telefonai al citato segretario: mi disse che sì, forse, chissà, ma dovevo richiamare la settimana dopo. Richiamai la settimana dopo: “Pronto, il segretario?” Risposta: “Sì, chi parla?” Mia risposta: “Catani… ricorda?” Sua risposta: “Ah, l’extraterrestre! No… non ancora, ritelefoni…” Misi giù la cornetta, con un mentale “vaffa”.Una inverosimile e disgustosa situazione si creò in un’altra presentazione di miei racconti. Stavo illustrando agli ascoltatori, per sommi capi, il tema e la trama d’uno dei titoli, guarda caso ripubblicato in questi giorni dalla Delos Digital: Tre per uno. Parlando di “clonazione”, fui interrotto all’improvviso dalle urla di un tizio in platea, che mi stava seppellendo di parole offensive: “Lei, signor Catani, è un impostore e sta dicendo un sacco di fesserie, perché la materia di cui sta parlando, di cui si sta appropriando da ignorante, è mio mestiere quotidiano, e lei non la deve nemmeno sfiorare… è una vergogna… è una bugia che…” eccetera eccetera. Era un medico, evidentemente un biologo specializzato sull’argomento, ma anche lui non aveva capito e non voleva capire un cavolo della fantascienza, che non è scienza ma un genere narrativo fantastico, che si limita a immaginare estrapolazioni, e nessuno voleva trafugare le sue preziose provette e i suoi microscopi.L’episodio che segue è certamente più significativo e per me anche più disgustoso del precedente e risale alla Italcon del 1986, a Montepulciano. Nella convention c’era anche la premiazione di un concorso per un racconto, indetto da un circolo culturale, Il Borghetto. Avevo partecipato al concorso e il mio racconto, “L’angelo senza sogni”, era entrato tra i dieci finalisti (poi avrei saputo che era il decimo). L’organizzatore e animatore dell’evento era il compianto Mauro Scarpelli. Inattesamente, e per la prima volta in Italia, la giuria contava nomi altisonanti: Alberto Moravia, Dario Bellezza, Alain Elkann, Francesco Mei... Roba da non credere.
Ricordo bene il pomeriggio (piovoso) della premiazione, nel teatro comunale di Montepulciano. Sul palcoscenico, con i signori suddetti al tavolo era presente anche la scrittrice Luce d’Eramo. In realtà – ce ne rendemmo conto solo allora – dovevano svolgersi due premiazioni distinte, e solo la seconda riguardava l’Italcon. Terminò il rito della premiazione numero uno, dedicato al romanzo di Luce d’Eramo “Partiranno” (romanzo bellissimo, specie per un’autrice di alta caratura che si cimentava per la prima volta con la narrativa di fantascienza, benché ne avesse scritto notevoli saggi critici… e “Partiranno” lo consiglio a tutti). Nel corso dell’evento avevamo tra l’altro ascoltato, con costernazione, Moravia intervistare la d’Eramo con aria più truce del suo solito, e chiederle perché mai fosse “scivolata” nella fantascienza, e altre sdegnate domande. Fu consegnato il premio, e giunse il momento di attribuire i riconoscimenti del secondo concorso (il nostro): Moravia, ostentatamente, si dissociò con stizza dal gruppo e scese a sedersi in platea, imitato subito dagli altri capoccioni del rispettabile establishment culturale. L’indignazione in platea fu pressoché unanime. Io abbandonai la sala – ma fui l’unico a farlo – fortemente risentito, anzi offeso, proprio mentre i dieci finalisti venivano chiamati da Scarpelli per la premiazione a partire dall’ultimo, cioè dal sottoscritto. Non rientrai e rifiutai anche di ritirare il premio (un assegno). Tuttavia successivamente l’assegno mi giunse a domicilio, spedito d’iniziativa dalla Segreteria. Dall’esperienza si deduce che si possono coinvolgere personaggi d’alto livello in manifestazioni fantascientifiche, solo se si ha prova provata di un loro sincero e palese e documentato apprezzamento per il genere. Cioè quasi mai.
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