– Lo resi un genio. Anzi, di più. – Trasse un altro sorso. – A undici anni il bambino era già stanco di vivere, annoiato dai libri e dai maestri. Si sentiva superiore a qualunque insegnamento e avvertiva la futilità di ogni cosa. Cercava continuamente nuove sensazioni. E poi, alla fine, le rifuggiva. Diceva di non voler più avere un corpo sensibile. Voleva essere un puro osservatore. Essere in se stesso l’atto di osservare, conoscere, creare. Qualunque cosa questo significhi.  – So che tuo figlio si è tolto la vita.– L’ho ucciso io... con il mio delirio di padre snaturato.Chandrasekhar strinse tra le sue le mani dell’amico, che tremavano.

– Tu non potevi immaginare che...

– Me lo ha detto lui che sono il suo assassino! L’ho visto. Ci ho parlato. Io sono stato al centro della Terra, dove stanno tutte le anime in attesa di rinascita. Mio figlio era fatto di luce, mi ha chiamato papà e mi ha detto: “Tu sei mio padre e sei il mio assassino”... non faceva che ripeterlo. È stato terribile. Io... io...

– Vuoi espiare la tua colpa.

Con gesto repentino Baj liberò le mani da quelle di Chandrasekhar: – No, non credo all’anima. – Il suo volto mutò espressione, come se fino a quel momento avesse recitato una parte. – Io credo solo alla polvere, e quello che ti ho raccontato è avvenuto in sogno.

Il Guru scosse la testa, drizzò la schiena, cominciò a sospettare un imbroglio: – Ma tu... sei stato al centro della Terra e hai visto le anime...

– No, nessun centro della Terra. Come ti ho detto, è stato solo un sogno vissuto in stato di coma indotto. Il senso di colpa ha creato quelle visioni.

Chandrasekhar si rimise in piedi: – Parli di coma indotto? Cosa intendi dire?

– Non temere, non rivelerò al mondo il tuo complotto. Tuo e di qualche alto Dirigente, se non dell’intero Governo delle Nazioni Unite. Non mi interessa. In fondo lo avete fatto a fin di bene. Grazie a te l’umanità forse si salverà. Siete riusciti a togliere dalla testa di tutti l’idea che potremo fuggire dalla Terra e emigrare altrove, colonizzare Marte.

Il Guru ora muoveva passi lenti, dando le spalle all’amico, lo ascoltava sorseggiando dalla tazza.

– Dopo la morte di mio figlio ho deciso di unirmi all’equipaggio della Miracle, per disperazione, per dare un senso ai miei ultimi giorni. Grazie alla mia autorevolezza non ho avuto problemi a farlo all’ultimo momento. Ma io non ero del tutto uguale agli altri, per questo non sono “morto” come loro. Anche nella mia testa avete inserito l’ippocampo artificiale a controllo remoto, ma i miei inserti cerebrali sono i prototipi. Per questa regione, credo, per me è stato diverso. Il mio coma non è stato un buio completo. I cervelli degli altri li avete spenti e accesi. Il mio, come dire, ha mantenuto una certa soglia di consapevolezza, e più che una morte apparente si è trattato di un sonno REM. Un sonno che tu, ne sono consapevole, puoi riattivare in qualunque momento. Se vuoi, puoi spegnermi per sempre.

Chandrasekhar attese un lungo minuto prima di voltarsi, recitando un sorriso: – Non ti spegnerò.

– Certo che no, considerando che prima di venire da te mi sono premunito di compilare un corposo dossier.

I due Padri fondatori rimasero a fissarsi in silenzio. Il Guru chinò il capo: – Vestendo questo saio e inventandomi il guinzaglio di Gaia, ho salvato il mondo. Trascendenza e effetti speciali convincono la gente più di ogni evidenza scientifica. – Alzò gli occhi. – Quello che tu hai chiamato complotto darà un vero futuro all’umanità. Io ho salvato il pianeta.

– È vero, te ne do atto.

– E allora quel dossier che senso ha? Se hai compreso come stanno le cose, il tuo è un ricatto inutile. E in verità non capisco perché ti sei scoperto venendo qui da me oggi.

– Vorrei poter avere una seconda possibilità.

– Una seconda possibilità? Un altro figlio? Alla tua età...

– Parlo di Marte. Vorrei passarci la vecchiaia, tra la polvere rossa. – Allora non ci siamo capiti. La colonizzazione...

– Io sono marteformato, e tu ne sei responsabile. Dammi la Miracle, dammi una base di lancio sul lato nascosto della Luna. Nessuno ne saprà nulla, non è necessario informare i tuoi adepti della Innerspace. Ormai Gaia è salva, perché rinunciare all’esplorazione spaziale? Ho fiducia in te, sono certo saprai organizzare un nuovo bellissimo complotto. E il mio, bada bene, non è un ricatto, io voglio solo... ascendere all’Olimpo.  

Era tardi, gli uffici erano deserti, ma l’ex comandante Finch era ancora lì, sul posto di lavoro, ma senza una vera ragione.

Disattivò la postazione, si alzò dalla poltroncina ergonomica da Generale Dirigente del Sesto Corpo d’Armata Tutela Foreste, e andò a rivolgere lo sguardo all’esterno. Snobbò il giardino e gli orti sottostanti, e rivolse lo sguardo al cielo stellato, ripulito da ogni vetusta forma di smog umano.