Ti manderò un mio più preciso rapporto non appena sarà possibile.Per ora, salute e fortuna a te, MagisterLucio Vezio-- Troppa fantasia, Lucio Vezio! (Commento manoscritto di Cesare a margine della lettera.)
Appunti per una biografia di Cesare di Apollodoro Siculo, segretario di Giulio Cesare.
Cesare è un uomo la cui cortesia e generosità sono ormai leggendarie. Un uomo spiritoso, che ama mostrarsi clemente con chi lo ha offeso, e ricompensa di frequente l’odio con il perdono, com’è tipico di chi è magnanimo.Tutti questi elementi del suo carattere lo fanno amare da chiunque lo conosca. Da me, per primo, perché io lo amo dal primo giorno in cui l’ho conosciuto. Eppure c’è anche un altro Cesare, che emerge di rado, e che mi terrorizza: perché lui sa essere gelido e spietato più di chiunque altro. In questo è, credo, proprio un tipico nobile romano, perché i romani hanno davvero poco rispetto per la vita umana, che possono spezzare con indifferenza, come fosse nulla. Forse per questo amano tanto i ludi gladiatorii, in cui le folle gioiscono nel vedere uomini che si danno la morte l’un l’altro, o che vengono sbranati dalle belve, e Cesare, com’è noto, è uno dei più grandi appassionati di questi giochi. A essere onesti, bisogna aggiungere che i nobili romani, se sono indifferenti alla vita altrui, rinunciano anche con leggerezza alla propria, quando si sentono costretti a barattarla con l’onore o la dignità.Ricordo un episodio, in particolare, che mi ha mostrato questa sua spietatezza.Il Machinarum Magister aveva appena costruito le prime armi da fuoco. Grande era la resistenza in Senato all’idea che le legioni adottassero queste nuove armi, rompendo così la secolare tradizione del pilum e del gladio, che aveva portato Roma a dominare il mondo. I senatori conservatori, e non c’è nessuno al mondo che possa essere più conservatore di un senatore romano, ululavano come lupi al solo pensiero di modificare l’armamento delle legioni.Alcuni senatori dalla mentalità più aperta erano però decisi a capire, prima di bocciare la proposta. Credo che l’idea sia venuta da Pompeo Magno, che aveva appena compiuto la sua gloriosa campagna contro i pirati, e si preparava a quella ancora più gloriosa ma anche più pericolosa in Asia. Da condottiero avveduto e politico prudente quale è, Pompeo non voleva rinunciare a un potenziale vantaggio per il suo esercito, ma neppure esporsi personalmente, così mandò avanti due suoi luogotenenti, Gabinio e quel Metello Celere che poi morì misteriosamente, e di cui si disse che era stato avvelenato dalla moglie, la famigerata Clodia.Questi contattarono Cesare, e gli chiesero una dimostrazione di che cosa potevano fare le sue nuove armi. Il Machinarum Magister, naturalmente, fu deliziato dall’idea.C’ero anch’io, quel giorno, perché lui volle che assistessi. Era una mattina d’autunno, molto fresca per Roma, per cui ricordo che tremavo, avvolto nella mia tunica leggera. Una leggera nebbia si stendeva sul Campo di Marte, cosa di per sé inconsueta per il clima romano, rendendo le forme che vedevamo vaghe ed eteree come miraggi. In effetti, era come se centinaia di anime in pena fossero lì, a vagare per quel grande spazio su cui i Romani amano esercitarsi alla guerra. Sentivamo voci che provenivano dalla nebbia, ordini e stridere di catene, senza poter vedere da dove arrivassero.
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