Era il 1973, e in Inghilterra, produttore e scrittore televisivo con particolare dedizione ai programmi per ragazzi, basandosi su una antologia di Christopher Evans, psicologo e giornalista divulgatore scientifico, da il via alla serie The Tomorrow People, basata sulle vicende di giovani adolescenti dotati di poteri psichici che rappresentano il nuovo gradino evolutivo della specie umana. La serie proseguirà con buon successo fino al 1979 per poi generare un revival (sempre in Inghilterra) nel 1990 e giungere ai giorni nostri trasferendosi sugli schermi e nell'ambientazione degli USA. E proprio quest’ultima versione di The Tomorrow People, creata da Greg Berlanti, Phil Klemmer e Julie Plece e approdata anche nel nostro paese sugli schermi di Italia 1.Parliamone dunque: è l'ennesimo remake di una serie storica degli anni settanta (quelli della fantascienza immaginifica e anche ingenua prodotta da entrambi i lati dell'oceano, USA ed Europa), e, guarda caso, rimette in scena le vicende di un adolescente che scopre i propri poteri mutanti, le tre “T” ovvero Telepatia, Telecinesi e Teletrasporto, trovandosi improvvisamente a dover gestire una nuova visione del mondo in cui quelli come lui esistono da sempre e sono fondamentalmente divisi in due fazioni: i Tomorrow People del titolo, movimento clandestino che combatte contro gli Ultra, ovvero la versione in abito scuro, inquadrati come agenti governativi e cacciatori di mutanti della propria specie con il solo scopo di controllarli e/o eliminarli.Diciamolo, di originalità ce n'è a pacchi. Da dove vogliamo partire? Dai romanzi di Alfred E. Van Vogt come Slan? Dal fumetto di Lee e Kirby X Men? (tutti antecedenti alla serie) o proprio dalla serie inglese del 1973 che venne creata dalla Thames Television per poter avere un rivale da opporre a Doctor Who?
Ma in fin dei conti esiste anche una scuola di pensiero che afferma che dopo l'Odissea e l'Iliade non ci sono state più storie originali. Eppure... Concedete un occhiata all'intero arco narrativo dei primi nove episodi di Tomorrow People prima di decidere.Vedete, grazie al Mid Season Stop ormai classico negli USA (ovvero l'interruzione della programmazione televisiva regolare per le festività natalizie) produttori e sceneggiatori cercano di concludere almeno una storyline con o senza cliffhanger entro i primi nove - undici episodi.E nessuna delle serie in corsa questa stagione si è sottratta a questo.The Tomorrow People è cresciuta lentamente episodio dopo episodio, con una buona performance degli attori e discreti rivolgimenti di fronte tra cattivi e buoni tali da giustificare un interesse sufficiente a decidere di impegnare un ora alla settimana per seguirla.Sia chiaro, il pubblico al quale si rivolge è (ahimè) sempre quello: gli young adults, e lo fa attraverso gi script di tre esperti del settore: Phil Klemmer (che era al timone di Veronica Mars), Julie Plec (che ha nel suo carnet i Vampire Diaries) e Greg Berlanti che invece viene direttamente dal non eccelso No Ordinary Family ma anche dal successo di Arrow, visto che come quella dedicata all'arciere anche questa serie è made in CW (il network originato dall'alleanza tra CBS e Warner Bros).Young Adults, dicevamo, quindi abbiamo innanzitutto un nutrito gruppo di attori giovani composto da Peyton List, classe 1986 e notata precedentemente in Flash Forward, nel ruolo di Cara, unica donna “di spicco” per ora; Luke Mitchell, australiano, classe 1985 al primo ruolo da protagonista nella parte di John, il capo del movimento clandestino dei Tomorrow People; Aaron Yoo, del 1979 e anche lui alla prima prova da protagonista, nel ruolo di Russell, l'esperto di computer dal carattere “spregiudicato” e, dulcis in fundo, Robbie Amell, classe 1988, nella parte di Stephen, il protagonista.A loro si oppone uno di quegli attori che ormai nei secoli dovrà sempre essere un cattivo: Mark Pellegrino, ovvero Jacob di Lost, ovvero Lucifero di Supernatural ovvero Bishop di Being Human.Se cercate in rete la sequenza iniziale di un episodio della serie sentirete la voce di Robbie Amell pronunciare la frase “My name is Stephen Jameson” e se l'intonazione e l'esordio della sequenza vi farà pensare al “My name is Oliver Queen” di Arrow non avrete sbagliato di molto, perché Robbie è il cugino di Stephen Amell, ovvero il granitico protagonista di Arrow.
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