In questi giorni i mass media hanno commemorato l’anniversario della morte di John F. Kennedy, assassinato a Dallas il 22 novembre 1963. Al di là del giudizio storico-politico che si può dare sull’ex presidente degli Stati Uniti d’America, ci piace ricordare il discorso che Kennedy tenne il 12 settembre 1962 a Houston, alla Rice University, per la nomina a professore onorario. È il discorso che viene ricordato come quello che diede il via - o per meglio dire accelerò - alla conquista dello spazio da parte dell’America, conquista che passava inevitabilmente per il nostro satellite. Come è noto, infatti, il 20 luglio del 1969 l’uomo scese sulla Luna e, pur rappresentando un po’ tutta l’umanità, quegli uomini erano americani.
Prima di quel discorso di Kennedy, va ricordato che l’America aveva ricevuto più di uno smacco dall’allora Unione Sovietica in campo spaziale. Fu sovietico il primo satellite artificiale messo in orbita – per la cronaca lo Sputnik fu messo in orbita il 4 ottobre 1957 – e anche il primo uomo ad andare in orbita - Jurij Gagarin ci andò il 12 aprile del 1961.
La stessa Nasa, l’ente spaziale americano, venne creato “solo” nel 1958, dopo cioè il volo dello Sputnik che sorprese tutto il mondo.
Il discorso di Kennedy è importante perché al di là dei toni propagandistici conteneva quella “lucida follia” essenziale per intraprendere una sfida come la conquista della Luna e per intraprendere un viaggio verso ciò che era davvero ignoto allora, e tutto sommato lo è anche oggi: lo spazio, l’universo, altri pianeti, Marte.
In un passaggio del discorso, ad esempio, dopo aver fatto una sorta di excursus del progresso dell’umanità e delle scoperte scientifiche fatte, Kennedy sottolinea come: ”l'uomo, nella sua ricerca della conoscenza e del progresso, dà prova di grande determinazione e che non è possibile dissuaderlo dalla sua impresa. L'esplorazione dello spazio proseguirà, che noi vi partecipiamo oppure no, e rappresenta una delle più grandi avventure di tutti i tempi. Nessuna nazione che aspiri a un ruolo guida rispetto alle altre può pensare di restare in disparte nella corsa allo spazio.”
C’è poi la frase che scandì la conquista della Luna da parte degli americani: “Abbiamo deciso di andare sulla luna. Abbiamo deciso di andare sulla luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese, non perché sono semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché accettiamo di buon grado questa sfida, non abbiamo intenzione di rimandarla e siamo determinati a vincerla, insieme a tutte le altre.”
Alla fine l’ex presidente degli Stati Uniti giustifica anche la corsa allo spazio con le ricadute pratiche sulla vita quotidiana: “La crescita della nostra scienza e le ricadute sull'istruzione saranno ulteriormente arricchite dalla nuova conoscenza dell'universo e dell'ambiente, grazie alle nuove tecniche di apprendimento, mappatura e osservazione, attraverso nuovi strumenti e computer destinati all'industria, alla medicina, all'uso domestico e alle scuole. Le istituzioni tecniche, come la Rice, raccoglieranno i frutti di questo progresso.”
Questo spirito, forse, oggi si è un po’ perso, se non smarrito del tutto. Al di là della Stazione Spaziale, la conquista di Marte sembra essere la prossima tappa del viaggio dell’uomo nel cosmo e speriamo che si ritrovi lo stesso entusiasmo che Kennedy trasmise agli americani e che poi la conquista della Luna diede a tutta l’umanità. Crediamo ne gioverebbe anche la fantascienza….
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