A Bologna, per ultimo, era come se davanti ai miei occhi si andassero allineando in un raro fenomeno cosmico gli eventi nodali da cui era scaturita l’Italia che conoscevo per esperienza diretta. La mia memoria risaliva il corso della storia, fin dove l’esperienza si diluiva nel flusso delle parole: i racconti degli altri, ancora più di documenti e libri di storia.A pensarci, e nell’epoca della comunicazione massificata la sensazione è particolarmente marcata, il nostro rapporto con la storia si declina in due modalità: quella che apprendiamo dai libri di storia e che ci appare fin da subito congelata nell’attendibilità/veridicità della ricostruzione storiografica; e quella che invece si forma intorno a noi, sedimentandosi lentamente nel passaggio dalla cronaca alla dimensione storica. La prima è scolpita, solida; la seconda è invece dinamica, fluida, e sembra emergere progressivamente dal corso degli eventi.
Ognuno di noi ha uno spartiacque, che potremmo in buona approssimazione assumere come il punto d’intersezione del proprio cono di luce con l’asse dei tempi: in termini anagrafici, il momento in cui veniamo al mondo.
(3 – Spartiacque)
Il mio punto zero cade proprio nei primi giorni del 1981 e forse è per questo che il 1980 esercitava tutta quell’attrazione gravitazionale sui miei pensieri, trascinandoli con sé su orbite che spiraleggiavano verso gli eventi che si erano affastellati quell’anno. E nel 2010 cominciai a compilare un elenco dei fatti per i quali ricorreva o si approssimava il trentesimo anniversario. La strategia della tensione, il calcioscommesse, Ustica, la strage di Bologna, la cassa integrazione FIAT e la marcia dei quarantamila, la banda della Magliana che imperversa a Roma e la mafia che rivendica la Sicilia, la P2 che minaccia il Paese, il concerto di Bob Marley a Milano e il Terremoto dell’Irpinia. Mi accorsi di comporre un catalogo di eventi che chiedeva di essere trasferito sulla pagina in una forma narrativa compiuta.
Quell’anno altre due suggestioni si erano aggiunte nel frattempo alla costellazione delle ispirazioni. Da una parte il Museo per la Memoria di Ustica, inaugurato a Bologna nel 2007, a cui avevo fatto visita con gli amici Simone Conti e Fernando Fazzari, aveva riaperto il canale di trasmissione dal 1980. Dall’altra, la serie televisiva britannica Life on Mars (2006-2007, BBC Wales & Kudos Film and Television) aveva mostrato un’innovativa strumentalizzazione di un tòpos classico del genere, asservendo il viaggio nel tempo a una ricostruzione d’ambiente (nella serie con John Simm e Philip Glenister il 1973) in un police procedural che faceva interagire la memoria dei personaggi e la storia del loro milieu sociale e politico.
(4 – I particolari)
E così, come spesso accade, mi ritrovavo con una massa critica di elementi pronti a reagire tra loro. Tuttavia c’erano molte più possibilità di perdere il controllo sui reagenti di quanto mi fosse fino ad allora capitato. Generalmente uno scrittore di fantascienza lavora su un tempo che non esiste e quasi sicuramente non esisterà mai: l’estrapolazione è uno dei presupposti del genere, ma ancora di più conta la capacità di trasfigurare il presente, requisito che informa la maggior parte della speculative fiction.
In questo ambito le possibilità di confutazione sono minime, considerando che una delle regole del gioco è il patto stretto dall’autore con il lettore sulla willing suspension of disbielief di quest’ultimo. La sospensione volontaria del dubbio consiste in un esercizio di elasticità mentale: il lettore dimostra buona fede nell’accettare un set di premesse a discrezione dell’autore e quest’ultimo lo ripaga dimostrando nello svolgimento della storia la solidità della struttura narrativa che è in grado di costruire su quelle premesse. La sfida si gioca sul campo del world-building, nello sforzo di fabbricare universi coerenti, oltre che possibilmente affascinanti o addirittura sorprendenti (sense of wonder e nostalgia del futuro, con le opportune varianti, sono le due coordinate su cui si cerca di ancorare la presa empatica sull’animo del lettore): la curiosità necessaria ad attirare verso la lettura deve essere opportunamente dosata con la tenuta narrativa dell’opera e della trama. In questo campo col tempo avevo maturato una certa confidenza.
Ma stavolta mi toccava invece lavorare sul terreno insidioso del passato recente, per di più a me ignoto per esperienza diretta. Era come trovarsi in una stanza sconosciuta, a brancolare nel buio tra cristalliere e oggetti rari e fragilissimi, costretti a trovare la via d’uscita senza fare il minimo rumore o danno. Le nozioni generali non mi mancavano, ma erano appunto generali. Perché il mio racconto risultasse credibile e convincente, riuscendo a parlare davvero, evitando di scadere nella ricostruzione posticcia o peggio nella parodia involontaria, dovevo mettere a fuoco i particolari.
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