Il sogni di molti appassionati di fantascienza è quello di salire su un'astronave e partire alla volta di un'altro sistema solare, se possibile più veloci della luce.
Al momento non si puà fare una cosa del genere, dato che non esistono astronavi interstellari, ma qualcuno sta pensando di rimediare alla mancanza, anche se per il momento si parla di navi ben lontane dalla velocità limite.
Lo scorso 21 ottobre si è tenuto a Londra presso la sede della Royal Astronomical Society, il secondo Starship Symposium, dove si è discusso delle sfide e delle opportunità offerte dall'eplorazione spaziale.
Tra i relatori figuravano James e Gregory Benford, Ian Crawford, Stephen Baxter e Lord Martin Rees, Astronomo Reale nonché padrone di casa.
Tra i vari argomenti discussi non poteva mancare la possibilità di costruire effettivamente un'astronave interstellare, in particolare si è discusso sulla fattibilità del progetto Orion, ideato dallo scienziato Freeman Dyson, e di Daedalus, una nave progettata dalla British Interplanetary Society negli anni settanta.
Il progetto Orion si basa sull'esplosione di una serie di bombe atomiche, che spingerebbero l'astronave (protetta da uno scudo e una serie di ammortizzatori) a grande velocità in un tempo molto breve.
Per quanto sembri pazzesca questa idea potrebbe funzionare davvero, i problemi di ordine pratico e ambientale sono però davvero tanti, forse troppi; in ogni caso il principio è stato utilizzato da Poul Anderson nel suo romanzo Orion risorgerà (Orion shall rise, 1983).
Leggermente più pratico sembra essere il Progetto Daedalus, messo a punto negli anni settanta dalla British Interplanetary Society.
Si tratta di utilizzare un razzo a fusione per raggiungere il 12% della velocità della luce, questo permetterebbe di arrivare alla Stella di Barnard, che è a circa sei anni luce di distanza, in "soli" 50 anni.
In effetti un mucchio di tempo per un obiettivo limitato, visto che solo le tre stelle del sistema di Alfa Centauri sono più vicine della Stella di Barnard.
Per questo la British Interplanetary Society, congiuntamente con la Fondazione Tau Zero (questa volta Anderson non c'entra... credo), sta aggiornando il progetto.
L'obiettivo è quello di raggiungere almeno il 30% della velocità della luce, questo permetterebbe in 60 anni di viaggio una ventina di sistemi stellari.
Certo, ancora un mucchio di tempo ma anche molti obiettivi, alcuni dei quali potrebbero ospitare pianeti compatibili con la vita.
Il nome del nuovo progetto è Icarus, lo sfortunato figlio di Daedalus, la sfortunata fine del giovane non sembra però impressionare i responsabili, loro vogliono sfiorare un'altra stella a tutti i costi.
E il costo (quello economico) sarà senza dubbio alto, per un'astronave del genere saranno probabilmente necessarie risorse di ordine planetario, la vecchia Daedalus doveva pesare 54.000 tonnellate, Icarus probabilmente passerà questo limite.
Si renderà necessario assemblare l'astronave nello spazio, e sarebbe utilissimo poter disporre dell'ascensore spaziale caro ad Arthur C. Clarke, dopotutto è come costruire un corazzata della seconda guerra mondiale in orbita e usare i razzi sarebbe terribilmente inefficiente.
Il vero problema è però il carburante, il reattore a fusione utilizza un sistema a contenimento inerziale e fasci di elettroni per comprimere e fondere capsule di Helium-3, un isotopo molto raro sulla Terra e molto complesso da produrre.
Sembra però che si trovi in maggior quantità nella crosta lunare e nelle atmosfere dei giganti gassosi, non resta che organizzarsi e andarlo a prendere.
Il lancio di Icarus è previsto per il 2050, forse una data ottimistica, ma i lavori proseguono, e chissà che non si parta davvero per la metà del secolo.
Il simposio di Londra lascia comunque qualcosa di molto concreto e subito disponibile, un volume pieno di racconti e saggi ll cui titolo è Starship Century - Toward the grandest horizon, a cura di James e Gregory Benford.
I primi sono stati scritti da Neal Stephenson, David Brin, Joe Haldeman, Nancy Kress, Stephen Baxter, Gregory Benford, Richard A. Lovett e Allen Steele, mentre i saggi sono opera di Stephen Hawking, Freeman Dyson, Robert Zubrin, John Cramer, Peter Schwartz, Martin Rees, Ian Crawford, James Benford, Geoffrey Landis, Paul Davies e Adam Crowl.
Un'opera davvero intrigante, che spero qualche editore di casa nostra decida di pubblicare, scienziati e scrittori di fantascienza uniti in un sogno che potrebbe diventare realtà.
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