Risalì le scale, nel salotto la spia della segreteria telefonica lampeggiava, qualcuno aveva lasciato un messaggio. Premette il tasto di ascolto.“C’è un nuovo messaggio. Registrato il ventitré dicembre alle ore sedici e trentasette minuti.”Disturbo.

– Marta! Continui a non rispondere. Nemmeno al cellulare! Comunque sia, stiamo per imbarcarci, il volo partirà tra poco. Tuo padre dice che la porta del laboratorio è ancora aperta. Si raccomanda che... Ah perfetto, mi riferisce proprio ora che adesso risulta chiusa. Molto bene ci sentiamo dopo l’atterraggio, sempre che il comitato di benvenuto dell’istituto ci lasci un attimo di respiro: sai come sono premurosi quando si tratta di tuo padre! Ecco, tocca a noi! Un bacio.

Disturbo.

“Ultimo messaggio. Per riascoltare il messaggio premere il tasto cancelletto. Per...”

Martha bloccò l’ascolto e trasse un sospiro di sollievo, tra fusi orari e scali obbligatori avrebbe goduto di almeno quattro ore senza seccature, sempre che il “comitato di benvenuto” non le regalasse un “extra time”, circostanza sulla quale contava molto.

Nel frattempo l’appetito se n’era andato, ma passò dalla cucina per recuperare l’iPod.

- Eppure era qui, l’avevo lasciato sul tavolo – mormorò tra sé.

- Quel fetente di Odino avrà pensato bene di giocarci. - Guardò a terra ma non vide nulla. Provò a dare uno sguardo lungo le scale che scendevano al laboratorio, ma anche lì nessuna traccia.

In effetti era certa che fosse sul tavolo della cucina e oramai non aveva più dubbi sulla colpevolezza del gatto. Se Odino si fosse azzardato a rovinarlo gli avrebbe fatto rimpiangere di non essere rimasto tra le zanne di Tobias, il rottweiler dei vicini.

Ma era tempo di cominciare a darsi da fare, si diresse con passo deciso verso le scale che salivano alla sua stanza.

- Però prima... – entrò in bagno e con il disinfettante ripulì il graffio sulla guancia. Come previsto si trattava di nulla di serio, ma un po’ di acqua ossigenata avrebbe solo migliorato le cose.

- Una medicazione perfetta! – mormorò. – Adesso posso dedicarmi alla preparazione dell’esame.

Entrata in camera si buttò sul letto e afferrò il pesante libro di biologia posato sul comodino; nel farlo vide qualcosa che la lasciò sbalordita: l’iPod, introvabile fino a qualche istante prima, era proprio lì sotto il volume; afferrò il piccolo lettore mp3, ma immediatamente con un grido lo scagliò lontano sulla moquette: la superfice era rovente. Si guardò la mano destra: nessuna ustione, ma per un istante le sembrò di vedere un bagliore rossastro illuminare il palmo; lo sapeva bene: non era possibile, restava il fatto che tutta la mano le pulsava ancora dal dolore. Scese dal letto e avvicinò la mano sinistra all’iPod tenendola a distanza di sicurezza. Nulla.

Martha deglutì e, quasi contro la propria volontà, si costrinse a raccogliere quello che avrebbe dovuto essere un oggetto innocuo. Non successe nulla: la temperatura era tornata normale. Si era forse immaginato tutto?

Sfiorò il display, fece scorrere la lista dei brani. Tutto sembrava in ordine. Selezionò una playlist di musica anni ’80, infilò le cuffie nelle orecchie e si distese di nuovo sul letto.

Un istante e d’improvviso il volume della musica aumentò a un livello insopportabile. Tentò di togliersi gli auricolari ma il lettore schizzò in aria facendo compiere al cavo delle cuffie un doppio giro intorno alla gola.

La musica martellava sempre più forte, mentre il sottile filo stringeva al collo togliendole il respiro. Martha afferrò il cavetto cercando di allentare la presa ma senza successo: la gomma bianca del rivestimento, affondando nella carne, si tinse del rosso del suo sangue. Puntini luminosi le danzavano irridenti davanti agli occhi: l’ossigeno per il cervello era sempre di meno. Doveva pensare in fretta, anche se in quella situazione assurda il raziocinio era l’ultima cosa che riuscisse a considerare. Con la coda dell’occhio individuò l’iPod che galleggiava a mezz’aria a pochi centimetri da lei; a un primo tentativo lo mancò di poco, ma al secondo riuscì ad afferrarlo. La temperatura della superficie divenne di nuovo insopportabile, Martha continuò a stringere, la vista le si annebbiò per il dolore mentre strattonava il lettore per far uscire lo spinotto. Ciò che ottenne fu solo di stringere ancora di più le spire attorno alla propria gola. Rotolò giù dal letto, schiacciò l’iPod sul pavimento con il corpo e torcendo il busto tese il cavetto con tutte le proprie forze.

Per un lunghissimo istante credette che il cavo teso l’avrebbe decapitata, poi la musica cessò nello stesso istante in cui il rame cedette.

Martha restò alcuni istanti ansimante a bocconi sul pavimento, si mise seduta, giusto il tempo per liberarsi il collo dal moncone di cavo che vide schizzare come un proiettile l’iPod verso il proprio viso, allungò d’istinto il braccio verso il letto, prese il libro di biologia e lo usò come scudo.