Con il suo terzo romanzo, Francesco Verso si conferma come una degli autori più interessanti della sua generazione, quella che è cresciuta a nutella e cyberpunk. Una generazione di scrittori che spesso ha trovato nella Rete – siti o ebook – una dimensione alternativa alla carta stampata, senza però disdegnare assolutamente quest’ultima.
Verso si laurea nel 2001 in Economia e Commercio all’Università degli Studi di Roma Tre, scegliendo l’indirizzo ambientale, lavora all’IBM, nella divisione informatica, fino al 2005 e intanto scrive e pubblica poesie. Nel 2004 arriva il suo primo romanzo, Antidoti umani, che si piazza in finale al Premio Urania della Mondadori. Nel 2008 ottiene una menzione speciale al Premio Internazionale di Poesia "Mario Luzi" e l’anno dopo vince il Premio Urania con il romanzo Il fabbricante di sorrisi, pubblicato nell'omonima collana della Mondadori con il titolo di e-Doll.
Attualmente, per la la Kipple Officina Libraria, co-dirige la collana di letteratura fantastica Avatar, ma si fa un gran parlare di lui perché è in libreria il suo terzo romanzo, Livido, vincitore del premio Odissea Fantascienza, uscita per i tipi della Delos Books.
Se c’è un filo conduttore fra i tre romanzi dell’autore di e-Doll è quello della consapevolezza che, prima o poi, l’umanità si troverà davanti ad un upgrade del proprio corpo, ad un miglioramento, un superamento dei propri limiti fisici e non solo.
In Antidoti umani questo evento è in realtà negato all’uomo comune, che viene sottomesso da una droga detta Manna e contenuta nell’alternacibo, ma sfruttato dagli immuni alla droga che sono posti al comando del mondo per guidare la popolazione verso una presunta felicità collettiva.
In e-Doll, invece, ci sono dei replicanti utilizzanti sostanzialmente per il sesso, delle vere e proprie bambole che il ministero dell’interno adopera per contenere i reati a sfondo sessuale, ma la società che li produce li usa anche per immettere nel corpo degli clienti una sostanza capace di renderli più sani e longevi, con risultati sorprendenti.
Questo tema ritorna anche in Livido. Il romanzo appare in primo luogo una riflessione sulla dialettica tra inclusione ed esclusione, accettazione e rifiuto. Peter Pains, il protagonista della storia, è un disabile, non solo fisicamente ma anche socialmente: non conosce i codici di comportamento della società e deve imparare molte cose, come un bambino, pur sapendone fare molte altre. Il suo handicap fisico, una protesi al ginocchio, è apparentemente il simbolo di una mancanza: quella del suo posto nel mondo. Può apparire una limitazione, ma a ben vedere può risultare anche una risorsa. La storia consente al lettore di riflettere, quindi, sul fatto che l'attribuzione di diversità sia spesso soggettiva, a seconda di come la si valuti. La parabola del protagonista, che da escluso dagli altri si trasforma gradualmente in protagonista della propria vita, esemplifica bene il funzionamento del pregiudizio, che letteralmente attribuisce un giudizio - sia esso positivo o negativo, conta poco - a prescindere da un reale confronto con l'altro. Lo slittamento verso il negativo traduce definitivamente il pregiudizio in discriminazione.
Peter Pains è un “trashformer”, uno ragazzo di strada che vive cercando oggetti di valore nel kipple, il mare dei rifiuti che sommerge ormai intere porzioni di territorio. È disabile a causa di un incidente. Si aggira per le discariche con i Dead Bones, un gruppo di teppisti guidato dal fratello Charlie. Quando si tratta di agire in modi non proprio legali, Peter viene estromesso. Ecco come si apre, ad esempio, il secondo capitolo del romanzo:
“Correre non mi è mai piaciuto. Sarà che il moncherino non si adatta al movimento sincronizzato dello scheletro. Sarà che i muscoli a rivestimento delle mie ossa sono filiformi. Comunque quando si tratta di inseguire i Dead Bones, ritrovo un guizzo che al solito mi manca.
A velocità normale il ginocchio cigola e quindi andrebbe tutto bene se non fosse che, all’aumentare del ritmo, il suono diventa un rumore che stride sull’asfalto, una specie di lamento che costringe Charlie a un cambio di programma.
- Peter, aspetta. Tu non puoi venire.
- Perché? Hai detto che potevo anche io…
- Lo so, ma fai troppo casino. Rischiamo di farci beccare.
È la terza volta questo mese e tutto perché non scelgono qualcuno di più lento.
- Aspettami a casa. Non ci metto molto. È meglio così.”
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