Qualcuno forse ricorderà Babel-17, grandioso romanzo pubblicato nel 1966 dall'americano Samuel R. Delany, e che raccontava di un futuro in cui una guerra spaziale poteva essere vinta inventando un linguaggio da usare come arma. Delany, scrittore e glottoteta, sapeva il fatto suo quando immaginò una lingua pensata come arma di distruzione: invenzione letteraria che gli fruttò il Nebula e numerosi altri riconoscimenti. Ebbene, il prossimo giugno uscirà sul mercato anglosassone un romanzo che ricorda quel libro e che, consapevolmente o meno, si mette sulla sua scia.
Lexicon. Una parola di per sé misteriosa. E che lascia le sue tracce nella cittadina mineraria di Broken Hill, in Australia. Migliaia di persone muoiono senza che si trovi una spiegazione. Ma una spiegazione c'è, e sono pochissimi a conoscerla: sono i Poeti, un'organizzazione segreta, un'elite in grado di usare il linguaggio per manipolare la volontà altrui e indirizzare le scelte. La giovane Emily Ruff è una di loro, allieva promettente e dal brillante futuro, finché non commette il peggior errore che un Poeta possa commettere. Ovvero, si innamora. In un altro luogo Will Parke ha scoperto la verità, ma l'ha dimenticata. E soprattutto non ricorda perché lui è l'unico umano immune ai poteri dei Poeti. Emily e Will incrociano le loro esistenze e da quel momento scatta una corsa mortale per impedire l'uso di una sola parola, quella che potrebbe sterminare l'umanità.
Autore del romanzo è il quarantenne Max Barry, australiano, ex venditore di computer, blogger e infine scrittore a tempo pieno, già autore di altri quattro romanzi oscillanti tra futuro prossimo, distopie e cospirazioni governative, alcuni dei quali opzionati per versioni cinematografiche. Sul suo sito Barry scrive di aver iniziato a scrivere il romanzo cinque anni fa, ma di avere cambiato radicalmente il concept tanto da trovarsi per le mani una storia completamente diversa da quella che aveva pensato. Uno di quei casi in cui in effetti le parole prendono la mano dello scrittore. Il romanzo ha la particolarità di uscire con due copertine diverse per le edizioni inglese e americana e, a quanto sembra dalle sinossi pubblicate, anche con qualche piccola differenza di trama, con uno dei personaggi che cambia cognome da un'edizione all'altra.
Insomma, là dove nel romanzo di Delany una intera lingua veniva sviluppata come un'arma, in Lexicon sono le parole di uso comune ad avere effetti devastanti. Resta la denuncia della pericolosità delle tecniche di manipolazione linguistica, che gli esperti di marketing, come lo stesso Barry, conoscono bene, e che nell'ipotesi del libro vengono spinte alle loro conseguenze estreme. Il risultato potrebbe essere un ottimo romanzo di fantascienza, ma forse non troppo.
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