Questa è la maturità di Batman. Gotham è sotto il suo controllo, il commissario Gordon adopera il batsegnale come nei fumetti, schiere di emuli (che Batman disconosce) pattugliano le strade come nel fumetto di Frank Miller, ma la mafia (sempre più multietnica) prolifera ancora tenendo un basso profilo. Lo vediamo, questo Bruce/Batman, che si staglia sui grattacieli e protegge la sua amata Gotham. Dopotutto i criminali hanno degli scopi precisi, una filo logico (anche se perverso) del pensiero, e la lotta che criminali e giustiziere ingaggiano è una lotta con precise regole. Qui i colori diventano (dal blu del precedente episodio) il verde e il nero come il colore dei capelli e delle occhiaie di Joker.Il primo episodio finiva in un crescendo che centrava l'attenzione su un oggetto: la carta del Joker e il secondo si apre con una rapina perpetrata proprio da questi. Eppure. Eppure se la rapina ha un andamento “ben progettato” i semi della follia ci sono tutti: ognuno uccide qualcuno e il vero valore della vita umana è zero.
Joker si presenta negando l'istinto di sopravvivenza, proprio e altrui, e giocherà l'intero film esattamente su questo. La follia di Joker è allo stesso tempo apparenza (il mascheramento e le innumerevoli versioni su come si è procurato le cicatrici) e sostanza (niente ha valore, nemmeno il denaro, Joker la sua metà di bottino la brucia).
Joker fa saltare gli schemi e il Batman maturo deve confrontarsi con la follia del nemico ma anche con quella che ha reso lui un freak vestito da pipistrello, non solo, ma è costretto anche a rendersi conto che la follia sta dilagando in tutta Gotham (con i suoi emuli) e quando si rende conto che il Joker fa parte della schiera di quelli a cui piace “solo veder bruciare il mondo” è in quello specchio deformante che capisce di non essere il Cavaliere Bianco della sua amata città, ma il Cavaliere Oscuro.
Cadono i sistemi di riferimento e Bruce pensa quasi di togliersi la maschera usando il proprio denaro per appoggiare il Cavaliere Bianco: Harvey Dent, il procuratore che può battere e combattere il crimine senza doversi nascondere sotto una maschera. Ma la follia di Gotham, la sua corruzione, sono talmente profonde da riuscire a corrompere anche Dent, e il Joker, che spinge chiunque lo avvicini oltre il limite, ci dimostra come Dent riesca ad uccidere pur di vendicarsi cosa che Batman non riuscirà mai a fare.
È folle, Batman, a credere di poter avere una vita normale, con Rachel, in una Gotham che di lui non ha bisogno, è folle che proprio il suo nemico più pericoloso non abbia una vera identità (ma in fin dei conti la follia ne ha forse bisogno?)
E la follia, unita alla paura del precedente episodio, genera il terrore. Perché questo è il Joker: un terrorista che fa del sogghigno la sua arma. “Why so serious?” è la sua domanda. Perché essere così seri, scuri, rigidi, quando nella realtà della corruzione che ci circonda è la follia che rende forti, vincenti, imprevedibili.
Chi teme di più la mafia, Batman o il Joker? Il giustiziere con cui giocare secondo delle regole o il folle che uccide senza temere nemmeno per la propria vita?
Sì, alla fine Batman salva la sua Gotham per la seconda volta, perde l'amore romantico di Rachel che muore e, temendo di essere un germe che infetta di follia la città, decide di sparire coprendo la follia di Dent, accollandosene i delitti e lasciando che il Cavaliere Bianco e la sua legge difendano da ora in poi la metropoli, consapevole, però, che l'unico cavaliere in grado di difenderla è lui: un cavaliere oscuro per una oscura Gotham.
Un finale che lascia con l'amaro in bocca, ma quel tipo di amaro gradevole al palato, in un film che allarga il cast e offre forse la prova migliore dell'intera trilogia (chissà perché nelle trilogie quasi sempre è l'episodio di mezzo il migliore?)
Ci sono vecchiaia e morte nel terzo film: The Dark Knight Rises. Basta guardare Bruce Wayne, azzoppato, in vestaglia, nell'ala dismessa di Wayne Mansion, arruffato come un orso in letargo.
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