Guidare parlando al telefono è pericolosissimo, lo sanno tutti, ma nel caso del protagonista di Blind Spot, ciò è mille volte più vero. Recandosi in tutta fretta all'aeroporto, Steven cerca disperatamente di parlare con la persona giusta nel call center, in modo da anticipare il volo di dodici ore. Deve assolutamente partire, ma il servizio clienti sembra volergli mettere il bastone fra le ruote.
E mentre cerca di districarsi fra mille intoppi burocratici immerso nel traffico, qualcosa di ben più importante accade sullo sfondo. Il tutto è visto dalla prospettiva del guidatore, senza mai cambiare visuale, anche se – fidatevi – lo sguardo si sposterà gradualmente da Steven a ciò che succede fuori dal finestrino, per quanto fuori fuoco.
Solo cinque minuti per sviluppare un'idea piccola ma brillante, resa efficace soprattutto dal ritmo con cui vengono scanditi i (pochi) eventi prima della sorpresa finale: due binari, i piccoli problemi di Steven e ciò che avviene dietro, che crescono entrambi fino al climax finale, dove si incontrano.
Costato meno di duemila dollari e uscito ormai due anni fa, Blind Spot è stato girato interamente in studio con classico telone verde a fare da sfondo, per poi aggiungere tutto in computer grafica nei sei mesi di post-produzione (nel tempo libero). Il tutto è realizzato dal giovane regista canadese Matthew Nayman, classe 1984, la cui aspirazione è ovviamente arrivare – prima o poi - a dirigere un lungometraggio. Buona visione.
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