– Sì, lo sei! Lo sei! Sei un impasto di memorie a lungo termine con qualche spruzzata di procedurali e semantiche. Ti ho raccolto dal passato e ti ho mischiata nel presente. Sei una sua quota. Ecco, diciamo così. Forte, no? Una quota... Sei meglio ora che prima. Sempre che non t'inventi stupide leggi sulla creatività, pure tu. E già stai andando male. Senti, scemo di un tecnico, io la mia promessa l'ho mantenuta!
Bonnie Moon mi strappò il cacciavite dalla mano e lo conficcò fino al manico nell'occhio sinistro di De Solla-Price. Poi gli lasciò andare la testa che tornò nel sarcofago. Il nanolattice lo accolse. Lo stava aspettando. Gli coprì il volto e si arrampicò fino al cacciavite.
De Solla-Price rimase immobile. L'occhio destro sbarrato.
Bonnie Moon si girò verso di me.
– Perché mi hai fatto questo?
Ci misi qualche secondo a rispondere.
– Ti volevo come quando ti amavo... – dissi.– E mi ami?
Fissai il cadavere di De Solla-Price.
– Claudio, tu mi ami?
La colpii. Uno schiaffo vicino all'occhio, ma non bastò perché non l'avevo mai fatto. Perché fino a quel momento ero stato solo un vecchio tecnico. Lei tornò a guardarmi come se non fosse successo niente. Però gli occhi le divennero lucidi. E allora la colpii di nuovo, questa volta con un pugno alla tempia. Cercai di metterci più forza. Crollò al suolo, svenuta.
Piansi per qualche minuto appoggiato al sarcofago, poi mi ripresi e la portai via da lì.
Rischiai nel tornare a Bologna. Era quasi l'alba, i lampioni erano spenti e la luce scendeva in strada bluarancione. Avrei lasciato Bonnie Moon svenuta sul gradino del locale se la saracinesca non si fosse alzata facendo un fracasso infernale. La vecchia signora era nel salone, forse ci viveva. Aveva aperto dall'interno. Indossava una vestaglia di pile azzurra e i capelli erano in ordine, ben pettinati.
– Avete fatto molto chiasso anche prima – disse dalla soglia. Unì le mani sul ventre.
Rimasi con Bonnie Moon in braccio. La sua testa sul mio petto. La schiena mi si stava spezzando.
– Io... signora. Mi scusi. È che...
– Mi rendo conto di avere esagerato, usando De Solla. Lei è una persona buona.
Non capivo, e nonostante la fatica tenni ancora Bonnie Moon. Barcollai.
– Ci sono persone, signor Martini, che pensano che outronet, le quote... queste cose... – e indicò il buio nel locale girandosi appena sul busto, – siano sbagliate. So che lei mi capisce. È uno che crede ancora nel matrimonio, ma ha scelto la donna sbagliata. Anche se italiana.
A quel punto crollai in ginocchio. Il male alle ossa fu da togliere il fiato, ma non lasciai andare Bonnie Moon. La sua testa ciondolò in avanti. L'occhio le si era gonfiato e lo zigomo era viola.
La signora continuò: – Non avrei voluto arrivare a questo. Farle male, intendo. Muovere fili sbagliati per arrivare a quelli giusti a volte fa intrecciare tutto. Le forbicine possono pizzicare e fare male. Capita.
– Perché? – riuscii a dire. L'alba stava scivolando sull'intonaco dei palazzi. Avrei voluto intorno a me il buio del salone. Dentro già lo avevo.
– Vogliamo solo una vita più... umana. Lei non la vuole?
– Volevo solo mia moglie...
– Non posso ridargliela, ma ho fatto in modo di procuragliene una nuova. Ci ho rimesso un filo. Ma tanto, anche lui era uno di quelli sbagliati. Le forbicine sarebbero arrivate, prima o poi.La luce giallognola tra i palazzi aveva quasi lo stesso colore del manico del mio cacciavite nell'orbita di De Solla-Price. Strinsi più forte Bonnie Moon. Sentii l'avambraccio destro bagnarsi. L'urina mi gocciolò anche sulla coscia. Era calda.
– Le sto dando una possibilità, signor Martini. Al posto di un'accusa di omicidio.
– Ha ucciso mia moglie... – Le braccia iniziavano a tremare per lo sforzo.
– Ce l'ha in braccio, sua moglie.
Guardai Bonnie Moon. Non conoscevo quel viso. Non lo amavo.
– Bangalore è un bel posto per vivere. Glielo dirà anche mio figlio, tra qualche giorno. Ora venga dentro, facciamo qualcosa per l'occhio di quella ragazza. Imparerà ad amarla, vedrà.
Scossi la testa, però non lasciai andare quel piccolo corpo. Mi rialzai. Il ginocchio sinistro scricchiolò. Avanzai tremando. Stanco. Ero solo un vecchio tecnico. La signora si fece da parte guardandosi intorno e io sparii nel nero del salone tenendo in braccio mia moglie.
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