Oggi (stasera o stamattina o [inserite un momento della giornata a scelta] a seconda del vostro fuso orario di riferimento e di dove vi trovate sul pianeta) è il giorno della fine del mondo.
Non che sia una novità, perché questo tema è stato al centro di molte pellicole di fantascienza. Le scene dell'Apocalisse sulla Terra sono un po' come i film horror: prima fanno venire i brividi per la situazione in cui sono finiti i protagonisti e poi fanno tirare un sospire di sollievo al pensiero che tanto mica è successo a noi.
Tanto sono solo fantasie.
Tanto noi siamo qui al sicuro.
Certo, come no.
Ecco quindi dodici occasioni in cui il cinema ha immaginato la Fine del Mondo.
Come accade per tutte le selezioni è comunque un poco arbitraria. Già vi vediamo agitarvi perché manca quel titolo là, perché è stato inserito quel titolo lì, guai a chi ha parlato male del vostro film preferito, come osate osannare quella schifezza putrida?
La risposta è: chi se ne infischia. La lista è stata fatta in basi a puri criteri personali. Tanto domani, nella migliore delle ipotesi, sarete a caccia di scarafaggi per potervi riempire lo stomaco. Non avrete certo tempo per protestare nel forum.
Quando i mondi si scontrano
(When Worlds Collide, Stati Uniti, 1951. Regia di Rudolph Maté).
Livello di paura: alto.
Livello di profezia: costante.
Livello polically correct: basso.
Partiamo con la catastrofe classica: un corpo celeste vagante non ha di meglio da fare che cadere sulla Terra. Il romanzo è del 1933, il film del 1951 (vinse l'Oscar per gli effetti speciali dell'allagamento di New York), di meteore biricchine ne sono annunciate due o tre alla settimana, eppure sono passati sessant'anni e sulla testa non ci è caduto proprio nulla. Anzi, ancora un po' e ci scappava il remake; inizialmente era previsto per il 2012, ma magari lo girano l'anno prossimo.
Da notare che nel finale si salvano solo dei bianchi che, eroici pionieri, si spostano sul pianeta che accompagnava la stella che investe il nostro pianeta. Il futuro sarà monorazziale e monoetnico.
Esperimento I.S.: Il mondo si frantuma
(Crack in the World, Stati Uniti, 1965. Regia di Andrew Marton)
Livello di paura: medio
Livello di profezia: basso
Livello politically correct: medio
A chi potrebbe venire in mente di scavare un buco e di gettarci dentro una bomba atomica? Solo a un americano e solo se lo può fare in mezzo all'Africa. Le conseguenze? Delle bazzecole: la Terra si arrabbia di brutto e inizia a fratturarsi, scaricando terremoti e maremoti sulla popolazione. La soluzione degli scienziati? Una seconda atomica che però fa solo invertire la marcia della fessura. Prima di poter proseguire con Acchiappa la Talpa a furia di mazzate nucleari, la parte del mantello terrestre infiammata decide di fuggire nello spazio e dare origine a una seconda luna (che in teoria potrebbe dar luogo a ulteriori squilibri per la superficie del pianeta, ma soprassediamo). In realtà, anche se ogni volta che uno scienziato fa un esperimento (fosse anche quello di un nuovo cocktail) qualcuno lancia allarmi a squarciagola, nessuno fa più test di questo tipo se non in segreto. Quindi è difficile che sia questa la vera fine del mondo.
... e la Terra prese fuoco
(The Day the Earth Caught Fire, Gran Bretagna, 1961. Regia di Val Guest).
Livello di paura: alto
Livello di profezia: medio
Livello politically correct: alto
Già un segno dell'Apocalisse dovrebbe essere il fatto che il titolo italiano è quasi l'esatta traduzione di quello originale. A causa di una serie di esplosioni nucleari il nostro pianeta cambia l'inclinazione dell'asse ed esce dall'orbita per dirigersi verso il sole (in barba alle leggi della fisica). La Terra è così destinata a bruciare dopo un torrido periodo di agonia ricco di disastri ambientali di ogni tipo. Il finale non è svelato: forse ci salviamo o forse no. La versione per il mercato USA è dotata di rassicuranti campane per invogliare al pensiero che, alla fine, tanto ci salviamo per aver pregato abbastanza (cosa che nei film tutti fanno, ma che di solito non serve a niente).
Viaggio in fondo al mare
(Voyage to the Bottom of the Sea, 1961, Stati Uniti. regia di Irwin Allen).
Livello di paura: alto
Livello di profezia: scarso
Livello politically correct: basso
Nel 1961 le fasce di van Allen erano state appena scoperte e poco conosciute quindi erano ottime per spaventare il pubblico. All'improvviso prendono fuoco e il calore generato inizia a bruciare la superficie terrestre con tutti i suoi abitanti terrorizzati. Solo il comandante del sottomarino sperimentale SeaView (Walter Pidgeon in ottima forma) ha la soluzione giusta: spararci dentro un missile atomico (e poi si dice che l'energia atomica non è utile). Nessuno gli crede e tutti cercano di fermarlo, compresa una piovra gigante che passava lì per caso. Comunque il piano riesce e l'Apocalisse è rimandata fino alla comparsa del gruppo metal in odore di satanismo dei Van Halen.
L'alba del giorno dopo
(The Day After Tomorrow, 2004, Stati Uniti. Regia di Roland Emmerich)
Livello di paura: alto (scarso se siete dei repubblicani)
Livello di profezia: scarso (alto se siete degli ambientalisti)
Livello politically correct: scarso
Dopo tanto caldo ecco che arriva il freddo, addirittura una glaciazione innescata dal riscaldamento globale. Tutti sanno che non ha alcun senso, gli scienziati per primi, ma è un film di Emmerich dove conta solo l'impatto visivo e il pathos trasmesso dai personaggi quindi la plausibilità non è neppure in vista. In effetti l'impatto visivo è notevole. E mentre i protagonisti replicano le gesta degli esploratori polari del secolo scorso, una parte della popolazione migra verso sud fino in Messico. E i messicani, dopo i decenni in cui sono stati respinti e trattati come alieni, invece di costruire un muro e di rimandare a casa loro gli immigrati, ecco che li accolgono a braccia aperte. Può finire anche il mondo, ma mai che gli americani facciano davvero un'autocritica seria. L'emisfero nord è coperto di ghiaccio e chi ha una villa in Kenya se la gode.
2012
(2012, 2009, Stati Uniti. Regia di Roland Emmerich)
Livello di paura: smodato
Livello di profezia: fuori controllo
Livello politically correct: scarso
Ecco il film fracassone sulla fine del mondo. Pare l'adattamento del libro delle legggi di Murphy, perché non importa dove tu sia o chi tu sia, la sfiga ti colpirà duramente. Terremoti, tsunami, vulcani, incidenti improbabili, mummie che vengono rielette: disastri in ogni angolo.
Comunque si salva l'Africa che verrà così colonizzata dai bianchi: il futuro è salvo.
Il film è del 2009. Pare che inizialmente il reparto marketing volesse produrre un seguito ogni anno per capitalizzare sulle profezie del momento (c'è sempre qualche profezia anche nei momenti di stanca), intitolandoli 2013, 2014, 2015 etc. etc., e che solo il fatto che il regista abbia dichiarato di voler smettere con il film catastrofici ci abbia salvato da questa vera Apocalisse.
The Road
(The Road, 2009, Stati Uniti. Regia di John Hillcot)
Livello di paura: altissimo
Livello di profezia: alto
Livello politically correct: medio
Lungi dal voler essere il remake di un film neorealista italiano diretto da Federico Fellini, qui seguiamo le gesta di Aragorn dopo che qualcuno ha innavertitamente gettato qualcosa in un vulcano e di conseguenza riempito il mondo di cenere. Nel mondo non rimane praticamente più nulla di sano e le uniche cose su cui l'umanità può fare affidamento sono la legna da ardere e le bollicine della Coca Cola. Tristemente realistico e convincente, The Road contiene forse più mazzate nello stomaco di tutti gli altri film della lista messi assieme. Anche se non viene mai dichiarata la causa dell'Apocalisse (neppure nel romanzo di Cormac McCarthy da cui è tratto il film), è plausibile che quelle mostrate siano le conseguenze della caduta di un meteorite e della nube di polvere sollevata. Quindi occhio al cielo e dita incrociate.
2000: la fine dell'uomo
(No blade of grass, 1970, Stati Uniti/Gran Bretagna. Regia di Cornel Wilde))
Livello di paura: medio
Livello di profezia: scarso
Livello politically correct: medio
La versione cinematografica del romanzo La morte dell'erba di John Cristopher con un titolo che però è, a livello profetico, largamente superato. Una malattia impedisce la crescita dei raccolti e folle di persone che erano state costrette da bambini a mangiare tutte le loro verdure da madri tiranniche esultano festanti per le strade. I festeggiamenti sfuggono ben presto di mano e diventano un "ognun per sé" e un "si salvi chi può". Meno male che il film ha un lieto fine perché i sopravvissuti hanno come meta una fattoria delle meraviglie nascosta in una valle inaccessibile. Il problema è arrivarci per primi.
L'ultimo uomo della Terra
(The Last man on Earth, 1964, Italia/USA. Regia di Ubaldo Ragona). 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra (The Omega Man, 1971, Stati Uniti. Regia di Boris Sagal. Io sono leggenda (I'm Legend, 2009, Stati Uniti. Regia di Francis Lawrence).
Livello di paura: medio
Livello di profezia: medio
Livello politically correct: alto
Anche se si tratta di tre film li tratteremo come un'unica voce visto che sono tutti tratti dallo stesso romanzo di Richard Matheson. Anche se ci sono delle differenze di sceneggiatura nella sostanza la trama ha sempre come sfondo una Terra infestata da mostri a causa di un virus (un po' vampiri, un po' zombie - e pensare che un tempo non andavano neppure così tanto di moda) e un protagonista umano che, solitario, pensa di essere l'ultimo vero sopravvissuto e quindi l'ultima fiamma ardente dell'umanità. Si sbaglia su questo così su come altre cose e, regolarmente, finisce male. E' una parabola inversa che racconta come essere diversi sia un concetto relativo e non assoluto.
L'esercito delle 12 scimmie
(12 Monkeys, 1995, Stati Uniti. Regia di Terry Gilliam)
Livello di paura: molto alto
Livello di profezia: medio
Livello politically correct: medio
Un altro virus e un altro spopolamento della Terra. Facile propagare una malattia quando "l'uomo è la cosa più sudicia che ci sia in giro" come più o meno si diceva in un altro film di fantascienza. Non basta un gioco a rimpiattino su e giù per il tempo, non basta un eroe recalcitrante che indovina la causa del contagio malgrado infiniti depistaggi. L'Apocalisse è irreversibile e il pianeta è fritto. Quello che rimane dell'umanità è costretto a vivere sottoterra e a rinuciare alla superficie. La paura delle epidemie globali, naturali o indotte, rimane sempre alta, anche se, per fortuna, gli allarmi sono sempre stati maggiori delle conseguenze reali.
L'ultima spiaggia
(On the Beach, 1959, Stati Uniti. Regia di Stanley Kramer)
Livello di paura: alto
Livello di profezia: a seconda della nazione cattiva di turno
Livello politically correct: medio
Se quasi tutti i film sulla Fine del Mondo uno spiraglio di speranza lo lasciavano (lo lasciava pure The Road), questo film girato in piena guerra fredda non lascia scampo. La Terra, l'umanità, la civilità sono spacciate. Resta solo il tempo di pentirsi dei propri errori e sparire in pace. La terza guerra mondiale ha distrutto quasi tutto e contaminato quello che resta. Solo l'Australia gode di un supplemento di agonia destinato a estinguersi ben presto. Da segnalare che L'Ultima spiaggia è uno dei primi film a presentare una folta schiera di attori di richiamo, una moda ripresa nel filone catastrofico dei decenni sucessivi (Airport e simili) e infine dal cinema dei fratelli Vanzina.
La Fine del Mondo
(The World The Flash and the Devil, 1959, Stati Uniti. Regia di Ranald MacDougall)
Livello di paura: alto
Livello di profezia: alto
Livello politically correct: alto
Concludiamo con un altro film che parte dall'incubo nucleare, anche se non lo mostra affatto. In realtà per tutti i 95 minuti del film non c'è un solo cadavere in vista, ma solo l'assenza di persone e di sopravvissuti se si eccettua il trio lui, lei e l'altro che si muovono in scenari completamente deserti e che devono affrontare le conseguenze del disastro e addirittura ricostruirne i dettagli. Ma tutto è bene quel che finisce bene: la radioattività scompare, versetti della Bibbia che promuovono la pace imperano, e i tre imparano a volersi bene. L'umanità risorge in un trionfo del politically correct visto che uno dei tre è di colore (Henry Bellafonte). Non è la Fine, ma solo l'Inizio.
Ci vediamo domani... o forse no.
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