Lanciato in orbita nel 1990, il telescopio spaziale Hubble, dopo un debutto travagliato, ha iniziato a inanellare successi e, dopo quasi un ventennio di attività (il grave difetto iniziale venne corretto solo nel 1993), non ha ancora finito di estendere le nostre conoscenze sullo spazio profondo.
In attesa di James Webb, il prossimo telescopio spaziale previsto per il 2018, Hubble ha fornito la più lontana immagine del cosmo mai ottenuta, denominata XDF (eXtreme Deep Field). I numeri in gioco sono da vertigine. L'immagine è stata ottenuta con un'esposizione totale durata due milioni di secondi, circa ventitre giorni, e la galassia più lontana registrata nella foto si trova a 13,2 miliardi di anni luce. Considerando che secondo le più recenti teorie l'universo avrebbe un'età di 13,7 miliardi di anni, l'immagine fornita da Hubble ci mostra galassie estremamente giovani, nei primi stadi della loro formazione, secondo la definizione della NASA "un tunnel temporale in un distante passato".
Pur coprendo una piccola frazione del cielo situata nella costellazione della fornace (Fornax), XDF ha immortalato ben 5.500 galassie, miliardi di volte meno luminose delle stelle meno visibili a occhio nudo. Lo studio sulle origini dell'universo ne trarrà un grande spunto: l'immagine è un completo riassunto della sua storia.
Sono presenti le galassie primordiali nelle fasi successive al Big Bang, popolate da massicce stelle di prima generazione, fino alle galassie più recenti e vicine, parenti strette della Via Lattea.
Leggendo la notizia mi è tornato alla memoria il grande scrittore Brian Aldiss e la sua antologia Galassie come granelli di sabbia (Galaxies like grains of sand, 1960), che rendeva magnificamente l'immensità dell'universo che ci fronteggia.
Immensità che ora stiamo incominciando a sondare, spingendo davvero lo sguardo ai confini dell'universo.
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