Quella mattina Enrico Armini ebbe un risveglio agitato, rigirandosi con impazienza tra le coperte. Come mai quell'idea che – a pensarci – lo aveva accompagnato per tutta la vita, a lunghi intervalli, ora lo torturava come un coltello in una ferita? Irene dormiva. Sgusciò fuori delle coperte, si vestì e uscì.
Erano le otto e mezza e il traffico urbano era al culmine. La giornata di dicembre si presentava gelida ma frizzante. Prese a girovagare nervoso per il giardini del centro. All'improvviso si fermò. Rifletté alcuni attimi, poi prese a camminare con passo deciso, lasciandosi indietro le aiuole. Ma sì, tanto valeva provare!
Il negozio che cercava era in una stradina defilata: roba elettronica per giovanissimi, ma anche un reparto di tecnologie costose e all'avanguardia. L'insegna era "PlayTime". Entrò, diretto al reparto sperimentale. A un giovane vestito in modo molto naif e sgargiante Enrico disse, esitando: — So che servite programmi di dreamdrive guidato...
Il giovane doveva aver colto al volo: — “Tutto il tempo che resta” — disse. — Così si chiama il programma cui lei si riferisce. Per che periodo glielo devo tarare? — Lui rispose: — Facciamo... dieci anni. — Sì, dieci anni sarebbero stati un magnifico periodo.
— Mi segua, signore. Duecento euro, pagamento anticipato. — Enrico pagò. Entrarono in una piccola stanza. Il giovane lo fece sdraiare a una postazione, gli calzò sul capo un casco pieno di collegamenti. Si accese il visore 3D interno. — Si calmi... Il programma non parte se lei non si rilassa bene…
A Enrico parve che trascorressero secoli, poi di colpo si trovò su un immenso prato verde, con i tre nipotini.
Splendido! Finalmente trascorreva una giornata con loro! Venne Amelia, e chiacchierando per ore si diressero verso casa per pranzare. Il pomeriggio riposò, poi andò al cinema. Il giorno dopo lui e Irene partirono. Furono sulla Muraglia cinese, alle Haway, in Antartide. Tornarono.
Venne l'estate, e andavano sempre al mare. L'autunno... Natale. Era già trascorso un anno! Poi il tempo parve volare. I nipotini crebbero, lui trovò un lavoro-passatempo in Internet (giurato in alcuni noti premi letterari). Due anni, tre. In salute stava benone. Morì Arnaldo, l'amico più caro, un duro colpo. Uno dei nipoti passò alle medie. Quattro anni, cinque. Solita vita, ma intensa. Sei. Acquistarono una villetta sulle pendici della Murgia; lui zappava il terreno, lo divertiva tanto. Sette, otto. D'estate i fichi, l'uva, le gite. Nove. Giunse l'altro compleanno: 80 anni. Dieci!
Ora era sdraiato, e non sapeva dove. — Giulietta! — disse chiamando la nipotina. Ma c’era solo un giovane che lo fissava. Disorientato, Enrico chiese: — Ma… chi è lei? Dove sono? — Il giovane sorrise e disse:
— Prego, si alzi... è finita. —
Finito cosa? Chi osava dare ordini perentori a un vecchio ottantenne? Si sollevò a fatica. Poi, lentamente, ricordò...
— Quanto tempo è trascorso? — chiese con ansia al giovane. Quello rispose:
— Tranquillo! I suoi dieci anni sono durati poco più di mezz’ora.
Enrico Armini scoppiò a ridere. Non riusciva a frenarsi. Si precipitò fuori ridendo, provava una gioia straripante e prese a correre per strade e marciapiedi, agitando le braccia sollevate.
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