Nel 2007, il salto di qualità è Infect@, che per molti inaugura una nuova fase per la fantascienza italiana, di cui Urania si fa promotrice. Con un vertiginoso ritmo narrativo, programmaticamente “contaminato” dal registro hard-boiled e sensibile alle lezioni dei mezzi visivi, il noir futuribile di Tonani presenta lo scenario di una degradata Milano futura in cui i cartoni animati, in un’ipermoderna versione informatica, prendono vita come effetto collaterale di una letale droga assunta attraverso la vista, e si diffondono in tutti i quartieri della metropoli. Chi crede in una fantascienza che rifiuta il contatto con la realtà può rivolgersi altrove. Non ci sarà un punto di vista direttamente positivo, ma i +toon di Dario Tonani sono la metafora perfetta di una società dello spettacolo che ci riguarda direttamente.Nel 2009, sempre su Urania è magistrale il dittico di romanzi brevi dedicato al più memorabile dei suoi protagonisti, il sicario Gregorius Moffa, L’algoritmo bianco: di nuovo senza moralismi l’avventura di uno sgradevole antieroe urbano che si trova a fare la cosa giusta sullo sfondo di un degrado che accomuna mondo fisico e virtuale in una trappola carceraria che ha qualcosa di kafkiano. Sempre di più, a colpire è la scrittura raffinata. Le distopie di Tonani sono un unico discorso personale, un grido di rabbia pieno di insopprimibile speranza.
Nel 2011, giunge la conferma con il ritorno al mondo dei cartoni in Toxic@ e in molte storie di Infected Files.[6] Anche in quest’ultima raccolta, ritroviamo scenari di lavoro futuro: Rigetto, Vangelo freddo, Abrace sono narrazioni rare in una letteratura italiana che non ama raccontare esperienze, evidentemente, che considera prive di forza conoscitiva. Questo, fortunatamente, non vale per la fantascienza, e non vale per Tonani.
Le ultimissime incursioni nella Milano “cartonizzata” ci offrono il grottesco beffardo di Ascesa in mongolfiera al Sole di Bart e il gioco di punti di vista (un bambino, un cartone) del breve Silvestroscopio.[7] Un’ampia varietà di approcci, con al centro – sempre, prima di tutto – il piacere del racconto.
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