La presi come se potessi essere tutti gli uomini che mi hanno preceduto. Lei mi accolse come se fossi l’ultimo dei suoi desideri.  Il tempo non ci faceva paura. Lo spazio non era una barriera.  Io mi abbandonai a un lungo, scioccante mentorgasmo… E alla fine venni, del tutto sfatto, nei miei neuroni. Chissà quanto lasciai di me stesso, nei suoi. 

Dopo tanta frenesia, il trasogno scemò e pian piano si diluì. Yumiko tremolava, conturbata, finché non sbiadì tutta. Il segnale cadde e noi ci separammo. Per un po’ di tempo restai in uno stato di distacco sensoriale quanto mai bizzarro. 

Avevo le stigmate da trasogno incise sugli occhi. E un sorriso balordo da auto ipnosi che andava da guancia a guancia. 

- Posso riaccendere la domo? 

- No, lasciami un po’ tranquillo. Metti tutto in pausa per venti minuti. È tra le preferenze. Te lo sei scordato? 

- Venti minuti sono appena passati… 

Emisi uno sbuffo dalle labbra pendule. Poi mi cambiai la canottiera chiazzata di sudore. Sbocconcellai delle limo-jelly e pensai a quando lo avremmo rifatto, ancora e ancora, in qualsiasi locazione e con tutta la risoluzione spinta al massimo. Però l’idea di andare di persona a Sylonia e vedersi “dal vivo” io e lei? Che cosa le cambiava? Non lo capivo… A certe donne, non bastava mai niente. 

Sylonia si presentava ai numerosi visitatori come un atollo artificiale dotato di enormi sfiati sia di sopra che sotto la calotta di Buckminster Fuller. Conficcato in mezzo al Mare del Nord, ci si arrivava sparati in un siluro acqua-acqua che copriva la distanza in trenta minuti. Secondo più, secondo meno. 

Invece della classica gita olomantica, accettai di venirci di persona, perché fu Yumiko a volerlo. Di solito, io preferivo le esperienze aumentate per non restare deluso da quelle reali. 

L’umido sul palmo della mano di Yumiko era fastidioso. Molte delle sue biometrie erano fuori parametro. Doveva essere in pensiero per qualcosa che non mi aveva detto. Forse neanche lei era abituata a queste esperienze esteriori.  

Senza effetti speciali, Yumiko era comunque una donna affascinante dalla sua figura sinuosa e i tratti enigmatici. Stavolta si era acconciata da vampira, una scelta che mi andava molto a genio. 

Fuori dalla stazione, restai subito colpito a freddo.  

Le sterminate colonie di vermi bioluminescenti che rivestivano le pareti dei palazzi, mi facevano male agli occhi, lo stesso effetto devastante di un’aurora boreale permanente. In basso, l’albedo riflesso sulla strada era da accecamento.